Appalti per Ricostruzione, nuova indagine dei carabinieri, 9 arresti in Abruzzo, Marche e Campania

29 Marzo 2017   10:00  

Dalle prime ore del mattino i Carabinieri del Reparto Operativo dell'Aquila, stanno eseguendo in Abruzzo, Marche e Campania, una serie di misure giudiziarie legate agli appalti per la ricostruzione post terremoto dell'Aquila. In particolare, si tratta di quattro ordinanze di custodia cautelari con il regime degli arresti domiciliari e cinque divieti temporanei di esercitare attività professionali o imprenditoriali. I carabinieri stanno effettuando anche perquisizioni. L'operazione giunge a conclusione di una approfondita e prolungata attività di indagine coordinata dalla procura della repubblica dell'Aquila.

"Estorsione, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, con l'aggravante della continuazione". Sono queste le ipotesi di reato per le quali a vario titolo sono finiti nei guai nove imprenditori impegnati nella ricostruzione post terremoto dell'Aquila nell'ambito dell'operazione denominata 'Caronte': quattro sono ai domiciliari e cinque hanno subito la sospensione per sei mesi dell'attività. A finire nel mirino della Direzione Distrettuale Antimafia di L'Aquila che coordina l'inchiesta e dei carabinieri che conducono le indagini due imprese operanti nella provincia di Caserta, una delle quali tuttavia ha, già da qualche tempo trasferito, la propria sede in provincia di L'Aquila. Per le due aziende è scattata la misura interdittiva Antimafia, adottata dalla Prefettura di L'Aquila, alcuni mesi fa, in sede di accertamenti istruttori espletati per le iscrizioni nelle cosiddette 'white list' della ricostruzione post terremoto, proprio in virtù dei citati collegamenti con personaggi legati alla criminalità organizzata dell'area casalese.

Nel contesto ambientale d'origine, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, i responsabili delle ditte, S.T., 38 anni, V.T. (41), R.T. (38), L.L. (37), tutti sottoposti agli arresti domiciliari, come si legge in un comunicato dei carabinieri, "sfruttando lo stato di necessità, indigenza ed estrema difficoltà economica in cui versavano gli operai, nei rispettivi comuni di residenza, avrebbero reclutato manodopera "a basso costo" (mantenuta in una condizione di sudditanza fisica e psicologica sotto minaccia di licenziamento), da impiegare nei lavori edili connessi alla ricostruzione post sisma 2009". Proprio per mantenere questo controllo sui lavoratori (che venivano subito allontanati in caso di proteste o rimostranze) al momento dell'assunzione, veniva fatta sottoscrivere una lettera di dimissioni priva di data che veniva trattenuta dai datori di lavoro.

Secondo la ricostruzione effettuata nell'indagine, coordinata dai Pm David Mancini e Roberta D'Avolio, i dipendenti venivano costretti a subire accettando costanti violazioni della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale e alle ferie, nonché violazioni della normativa in materia di sicurezza sul lavoro, in particolare, alterando attestati relativi a corsi di formazione che i dipendenti avrebbero dovuto frequentare per le specifiche lavorazioni alle quali venivano adibiti.


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