Dieci inquisiti per una passeggiata nella zona rossa della loro città

22 Maggio 2011   20:16  

Dieci persone aderenti ai Comitati aquilani e al cosiddetto popolo delle carriole sono indagate per accesso non autorizzato in zona rossa, nell'ambito di una iniziativa di protesta e sensibilizzazione.

Gli indagati sono: Di Giandomenico Antonio, Blundo Enza, Pitari Giusi, Lauria Giuseppina, Congeduti Antonio,Carlomagno Eugenio, Zaffiri Mauro, Salvatore Alfonso, Barile Anna Maria, Alloggia Paolo.

I fatti si riferiscono al 17 luglio 2010. Questi fatti, nel racconto di uno degli inquisiti, Toto Di Giandomenico:

'' Per non perdere l’abitudine di trasgredire…e che trasgressioni, poi! Riprenderci la città pezzetto per pezzetto, riappropriarci di quegli spazi che ci erano così familiari,

La domenica mattina, con Rita, a piedi o in bici, non importa. Si usciva presto, via strinella verso Collemaggio, un paio di giretti intorno al verde che prepara alla vista della più bella facciata d’Italia, di una basilica che non ha solo un valore inestimabile dal punto di vista artistico e architettonico, e che è pure avvolta di mistero, di affascinanti leggende legate alla figura di Celestino, ai templari, addirittura ad ipotesi che riguardano l’Arca dell’alleanza; poi ti fai il viale e sali su per la villa, arrivi in piazza e cominci a salutare i frequentatori del primo mattino, un giretto in palazzo, S. Maria Paganica, e caffè a Maccarò, con i commenti delle notizie sui giornali che hai già letto.

Presidè, stamattina c’è la solita parigina…merce rara la “parigina”, una prelibatezza che a Mario non bisogna neppure chiedere: se ce l’ha, appena entri ti fa il caffè e ti dà la parigina.

Questa sera, dopo l’assemblea, con Giusi e le altre meravigliose donne che animano i nostri incontri, e con i tanti uomini che non si fanno piegare dalle difficoltà, siamo andati a trasgredire, a riprenderci, per dieci minuti, quegli spazi e quei percorsi che hanno segnato per decenni la mia vita.

Il segno dell’abbandono lo leggi nel platano che si è seccato, a Piazza Machilone, e soprattutto nell’erba che sta nascendo alta tra i selci che fanno da pavimento alla piazzetta. Sotto a via tre Marie, con un sospiro di sollievo che si ripete e si ripeterà negli anni, quasi urli :quatrà, da questa casa quella notte sono usciti Laura e Andrea. Lo hai già detto a tutti, fino alla noia, ma lo ripeti, e lo ripeterò ad ogni occasione: i miei ragazzi sono usciti di lì, salvi, il resto, tutto il testo conta poco, almeno per ora.

Via delle Aquile, una casa abbattuta, ci sono state vittime in questa casa, li conoscevo, un uomo originario di Marana, sua figlia disabile…… Vai avanti perché devi seguitare a trasgredire, domani ci faranno rapporto all’autorità giudiziaria, ma man mano che avanzi vedi, da piazza dei Gesuiti guardi giù, verso S.Pietro: buio pesto, un angolo tutto nero, un antro lontano, dove non c’è mistero, c’è la fine della vita, la fine della mia città. E un silenzio terribile, di quelli che ti dicono cose orribili, che parlano della fine di un ciclo della vita. Un silenzio innaturale per una città, che era animata dalla voglia di vivere di tanti giovani!

Antonio Gasbarrini mi si avvicina:mò tà cantà L’aquila bella mé! Giro gli occhi che erano rimasti a fissare il buio verso via Roma e comincio….come ‘nu sassu che frizza volendo, stu trenu me portea tantu lontanu, cchiù passa jiu tempu e cchiu passa volenno, stu core se sentea cchiù aquilanu…..

Ma che vuoi cantare, non è proprio l’aria, non c’è il sentimento che ci animava le domeniche delle carriole entro il mio cuore, quel misto di guasconeria e responsabilità di chi voleva fare, fare qualcosa per la sua città, cominciare con le nostre mani e con le nostre forze a rimuovere le macerie, a ripulire le piazzette, soprattutto a squarciare e rimuovere il velo di omertà che aveva avvolto la vicenda del terremoto dell’Aquila.

Che vuoi cantare….ben altri sono i pensieri al momento. Alla signora che mi è vicina, indicando le finestre in alto degli elegantissimi palazzetti del sei/settecento, con i tetti sfondati nei vicoli intorno a S.Maria Paganica, dico quasi con rabbia: guarda, guarda come è ridotta la nostra città, il senso di morte che la avvolge, il senso della fine di una storia grande, bella gloriosa.

Questo buio, questo stato di abbandono, questa desolazione, danno la misura dello stato d’animo che pervade ognuno di noi. La desolazione più grande, lo sconforto vero, nasce dal constatare che nessuno, autorità, istituzioni, sindaco, presidenti vari di regione provincia governo, provano a darci l’unica cosa che in cuor nostro cerchiamo davvero LA SPERANZA!

Siamo tutti consapevoli che ci vorrà tempo, ed un mare di risorse, che ci vorranno idee e progetti, grande capacità di ricerca e di inventiva; in questo, nelle assemblee, cerchiamo di dare il meglio di noi stessi, ognuno per le proprie conoscenze e professionalità. Ma la speranza dovrebbero darcela loro, riconoscendoci il diritto ad avere regole certe, e risorse sufficienti, nel tempo, per rifarci la città e ricostituirci come comunità.

Ma loro, questi signori, tutti, hanno mai camminato in quei vicoli di notte, hanno mai visto lo stato vero della città con gli stessi occhi con cui l’abbiamo vista noi stasera, o sono andati solo a farsi le foto ricordo?.

Un misto di impotenza, di tristezza, di mancanza di prospettiva e di futuro mi stringe gola e cuore, e mentre usciamo dalla città proibita Giusi, con fare affettuoso e compresivo mi si avvicina e quasi mi sussurrà: sta a repiagne eh??........


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