#Esselunga: Nel pomeriggio l'apertura del #testamento di #Caprotti, un impero da 7 miliardi

05 Ottobre 2016   12:27  

Sarà aperto nel pomeriggio il testamento di Bernardo Caprotti, l'imprenditore lombardo morto venerdi' scorso e che avrebbe compiuto 91 anni il 7 ottobre. Sarà "aperto contestualmente", non verrà cioè consegnato ai familiari "scorporato" in modo che abbiano visione delle sole parti che li riguardano.

E' quanto apprende l'Agi da fonti vicine alla vicenda. Le ultime volontà di Caprotti verranno comunicate agli eredi dal notaio Carlo Marchetti nel suo studio, confermando dunque - come anticipato all'Agi da uno studio legale che ha assistito Giuseppe e Violetta nei lunghi anni di lite giudiziaria con il padre - il mancato ricorso al metodo 'americano', la procedura in base alla quale ognuno degli eredi assiste all'apertura del testamento in un proprio legale di fiducia, evitando così di ritrovarsi tutti insieme davanti al notaio che legge le ultime disposizioni del defunto. 

Non è detto però che gli eredi assistano tutti insieme alla lettura.

Gli occhi sono puntati sul 25% dei beni nella piena disponibilità di Caprotti, considerato che il diritto ereditario prevede che alla vedova (Giovanna) vada il 25% del patrimonio e il restante 50% venga suddiviso tra i figli, con una quota quindi pari al 16,7% circa per ciascuno: Giuseppe e Violetta, i figli di primo letto, e Marina, avuta con Giovanna.

Nel caso in cui il 25% delle quote del gruppo di cui Caprotti poteva disporre liberamente andasse all'asse Giovanna-Marina, che dovrebbe già entrare di diritto in possesso rispettivamente del 25 e del 16,7 per cento, la vedova di Caprotti e la loro figlia dovrebbero dunque poter contare sulla maggioranza assoluta.

Il cuore dell'eredità consiste nell'impero Esselunga, valutato nel complesso quasi sei miliardi di euro.

Controllata dalla holding Supermakets Italiani, il gruppo fondato da Caprotti nel 1957 detiene adesso il 9% circa delle vendite di supermercati e ipermercati italiani. Dal primo 'negozio' fondato in viale Regina a Milano, Esselunga e' arrivata a detenere 152 punti vendita dislocati soprattutto nel nord e nel centro Italia (Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, fino al recente sbarco nel Lazio).

Con quasi 22mila dipendenti, la società ha archiviato il 2015 con un fatturato di oltre 7 miliardi di euro.

 

QUANTO VALE ESSELUNGA,
un impero da 7 miliardi e 22mila dipendenti

Qualunque siano le ultime volontà e disposizioni di Bernardo Caprotti, l'imprenditore lombardo morto venerdì scorso, la certezza che abbia lasciato un'eredità inestimabile è nei numeri.

L'uomo che avrebbe compiuto 91 anni il prossimo 7 ottobre ha consacrato una vita intera al lavoro, e la sua creazione maggiore è la catena di supermercati Esselunga.

Controllata dalla holding Supermakets Italiani, la società fondata da Caprotti nel 1957 detiene adesso il 9% circa delle vendite di supermercati e ipermercati italiani. Dal primo 'negozio' fondato in viale Regina a Milano, Esselunga è arrivata a detenere 152 punti vendita dislocati soprattutto nel nord e nel centro Italia (Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, fino al recente sbarco nel Lazio). Con quasi 22mila dipendenti, il gruppo ha archiviato il 2015 con un fatturato di oltre 7 miliardi di euro.

Campali le battaglie sostenute da Caprotti nel corso della sua vita, all'esterno (soprattutto contro i 'rivali' della Coop) e all'interno, nel seno della propria famiglia per il controllo stesso della società. Nel suo libro 'Falce e carrello', Caprotti ha sintetizzato la lunga guerra, commerciale e giudiziaria, contro le 'cooperative rosse' che lui accusava di concorrenza sleale e di aver impedito l'espansione dei suoi supermercati in diverse regioni.

Sposato con Giuliana Albera, dalla quale ha avuto la figlia Marina, il patron dell'Esselunga aveva altri due figli di primo letto, Giuseppe e Violetta. Con loro due è andata in scena un'interminabile saga giudiziaria che, al momento della morte, non si era ancora conclusa: i figli avevano fatto causa al padre per rientrare in possesso delle quote della società che lo stesso Caprotti aveva donato loro, per poi revocarle in un secondo momento.

La battaglia ha visto Giuseppe e Violetta sconfitti in Cassazione, ma sulla vicenda pende un ricorso presentato nuovamente dai figli.


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