Ricostruzione ferma e povertà in aumento: i terremotati emiliani tornano a manifestare

''Non vogliamo fare la fine dell'Aquila''

14 Ottobre 2013   12:01  

Ad un anno e mezzo dal sisma avvenuto in Emilia, centinaia di terremotati sono scesi in piazza o meglio in un crocevia che collega Cavezzo, Mirandola e Medolla, tre dei paesi colpiti dal sisma. Una lunga processione attorno alla rotonda con striscioni e volantini, per spiegare agli italiani distratti e allietati dalla tv spazzatura, che la ricostruzione che procede a gonfie vele esiste solo nelle favole dei politici, a cominciare dal presidente commissario Vasco Errani.

Equivoco alimentato dalla propaganda televisiva, che si limita in Emilia a raccontare belle storie edificanti di aziende che hanno ripreso la produzione, e dai giornalisti che arrivano scodinzolanti dietro al politico di turno a fare la passerella tra macerie e villaggi post-sismici.

In realtà, spiegano gli organizzatori del comitato Sisma 12, dei 6,5 miliardi stanziati, solo il 2,5% è stato speso. E ci sono 150 milioni di euro da restituire all'Unione europea perché non utilizzati.

La situazione per tante famiglie ed imprese è ancora estremamente critica, raccontano ancora i manifestanti: i cantieri sono fermi, ci sono tantissimi disoccupati, che e vivono nei moduli abitativi prefabbricati e non sanno come mantenere la propria famiglia anche perché l'assegno di autonoma sistemazione è insufficiente. E nei Map sempre più fatiscenti arrivano bollette stratosferiche perché hanno una pessima coibentazione, e molti non sanno come fare a pagarle.

I terremotati chiedono poi la copertura, con un 100% reale, dei danni subiti dalle abitazioni e dalle aziende, cosa ad oggi promessa ma di fatto molto in forse.

"Cosa chiediamo? - spiega il signor Sandro Romagnoli - Quello che chiedevamo nella manifestazione di Mirandola fatta lo scorso anno: per prima cosa la copertura, con un 100% reale, dei danni subiti dalle abitazioni e dalle aziende, poi tutta una serie di azioni, già evidenziate con la raccolta delle oltre 12 mila firme, che possono essere riassunte con la dimostrazione concreta, da parte della Struttura Commissariale, di voler smettere una buona volta di cincischiare e di metter mano alla semplificazione dell'impianto delle ordinanze che, così com'è, impedisce che la ricostruzione possa finalmente iniziare. E il fatto che, dopo sedici mesi, siamo costretti a manifestare per richiedere cose che Errani aveva annunciato essere già state ottenute la dice lunga sul perché siamo un po' arrabbi

Già, la burocrazia, asfissiante: i progetti, denunciano gli sfollati, vengono continuamente respinti, rimpallati tra uffici tecnici di Comuni e Regione, i dominus della ricostruzione emiliana.

Il sospetto è che in realtà tutti quei fondi stanziati per l'Emilia siano virtuali, ed ora il gioco di Governo e Regione è quello di usare l'arma della ''melina'' burocratica e del cavillo ritardatore, per non far scoprire la patetica.

'Qui ricostruiscono le rotonde, ma certo non le case'' denuncia un terremotato al Fatto quotidiano.

Nel volantino della manifestazione campeggia un eloquente ''Per non fare la fine dell'Aquila''.

Ed in effetti le analaogie tra il destino post-sismico emiliano e quello aquilano sono molte. Anzi, sembrano quasi l'esito di un medesimo format...

Filippo Tronca

 


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