Telefonata Bertolaso e Stati: PRC e parenti delle vittime chiedono il processo

11 Febbraio 2013   10:36  

Per ora Guido Bertolaso e di Daniela Stati non andranno a processo: i protagonisti della telefonata in cui l'allora capo della Protezione Civile spiegava all'assessore che bisognava fare la riunione della Grandi Rischi come “una operazione mediatica”, cioè far spiegare da luminari, che tutto era normale.

Il terremoto era normale: e uccise 309 persone.

Ora quella telefonata, sembra non avere più alcun valore dal punto di vista giudiziaria.

Il pm Fabio Picuti ha infatti chiesto l'archiviazione dell'inchiesta a carico di Guido Bertolaso  e Daniela Stati indagati per omicidio colposo e lesioni colpose nell'ambito delle indagini sulla riunione della Grandi Rischi del 31 marzo 2009, a cinque giorni dal sisma del 6/4.

A decidere, ora, sara' il gip. E proprio perché una decisione deve essere ancora definitivamente presa, c'è chi preme perché invece si svolga un processo.

La telefonata che ne è al centro è parte essenziale delle motivazioni del giudice Marco Billi che ha emesso la sentenza di condanna a 6 anni di reclusione per i sette componenti della Commissione Grandi Rischi che si riunirono a L'Aquila il 31 marzo 2009.

Uno dei passaggi chiave delle mille pagine di motivazioni riguarda infatti il rapporto tra i componenti della Commissione e la Protezione Civile.

Il giudice del Tribunale dell'Aquila, Marco Billi scrive: "Gravi profili di colpa si ravvisano nell'adesione, colpevole e acritica, alla volontà del capo del Dipartimento della Protezione Civile di fare una 'operazione mediaticà che si è concretizzata nell'eliminazione dei filtri normativamente imposti tra la Commissione Grandi Rischi e la popolazione aquilana. Tale comunicazione diretta, favorita dall'autorevolezza della fonte, ha amplificato l'efficacia rassicurante del messaggio trasmesso, producendo effetti devastanti sulle abitudini cautelari tradizionalmente seguite dalle vittime e incidendo profondamente sui processi motivazionali delle stesse".

Ora contro l'archiviazione chiesta dal pm Picuti, in tanti puntano i piedi. Nei giorni scorsi, infatti, per volontà del partito della Rifondazione comunista, è arrivata la prima opposizione alla richiesta di archiviazione dei sostituti procuratori della Repubblica dell'Aquila Fabio Picuti e Roberta D'Avolio nei confronti dell'ex capo dipartimento e dell'allora assessore regionale alla Protezione civile, nonostante fossero stati chiamati in causa da una telefonata intercettata in cui Bertolaso parlava della riunione come di una "operazione mediatica" fatta "perché vogliamo rassicurare la gente".

Per conto del consigliere capogruppo  e del segretario regionale del partito Marco Fars, infatti, gli avvocati Alessandro Rosa e Francesco Rosettini hanno deposito istanza al giudice per le indagini preliminari Giuseppe Romano Gargarella.

I legali chiedono l'imputazione coatta per i due indagati, insomma che il giudice obblighi il pm a esercitare l'azione penale, oppure un approfondimento delle indagini dopo la nuova intervista di uno dei condannati del primo filone, Enzo Boschi, rilasciata alla trasmissione Presadiretta. E poi ci sono i parenti delle vittime.

Pierpaolo Visione che nel sisma ha perso la sorella Daniela e suoi nipotini, figli di lei e Massimo Cinque, Matteo e Davide, lancia la sua battaglia: “Mi sento di dover contrastare l’inerzia della procura in merito alle responsabilità di personaggi con grande potere che devono, secondo il mio parere, rispondere per la morte degli aquilani il 6 aprile 2009" scrive.

A lui si unisce Vincenzo Vittorini, consigliere comunale di L'Aquila che vogliamo, che nel sisma ha perso la moglie e la figlia femmina: "La battaglia di Pier Paolo è anche la mia battaglia. Questa nostra battaglia la condurremo senza se e senza ma, costi quel che costi, perchè ricostruire una città, parlando di economia, sociale, cultura e quant'altro, senza aver prima ripristinato la legalità è inutile", scrive sulla sua bacheca di Facebook.


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