120 milioni di euro per i giornali, maggioranza bulgara in parlamento

Intanto agli italiani si chiedono i sacrifici

14 Luglio 2012   07:01  

Via libera della Camera al decreto legge sul riordino dei contributi all'editoria: dopo l'approvazione al Senato, il testo ha ricevuto il sì definitivo di Montecitorio con 454 voti favorevoli, 22 contrari e 15 astenuti e diventa così legge. L'unico gruppo a votare in blocco contro il testo è stato l'Idv. Nato in clima di austerity, il decreto del Governo, messo a punto dal sottosegretario con delega all'editoria Paolo Peluffo, impone un parziale giro di vite ai finanziamenti pubblici per la stampa, introducendo nuovi criteri per l'accesso ai fondi.

"Abbiamo condotto da soli la battaglia contro questo provvedimento. In un momento economico così difficile i soldi per la casta si riescono a trovare sempre. 'Zitti zitti, ci sono i contributi per l'editoria da spartire' è il leitmotiv". Lo ha detto Antonio Borghesi, vicepresidente dei deputati Idv intervenendo stamattina in aula durante le dichiarazioni di voto sul decreto contributi all'editoria. "Zitti, zitti, ci sono da proteggere i giornali della famiglia Berlusconi. Zitti zitti anche nel Pd perché anche lì ci sono soldi da incassare. Zitti zitti nella Lega, c'è la Padania da salvare. Persino tra i Radicali tutti zitti, c'è la radio da salvaguardare" ha proseguito.

E ancora: "E ad essere coinvolti non sono solo i gruppi politici ma anche i direttori di giornali. Penso a Feltri e Belpietro che fanno continuamente battaglie contro i costi della politica. Io sono dalla loro parte quando trattano questi temi ma anche lì 'zitti tutti' quando ci sono soldi da spartirsi. Qualcuno continua ad appellarsi alla libertà d'informazione prevista dalla Costituzione. Ma che c'entrano i 120 milioni di euro dati all'editoria, compresa l'editoria di partito, con la libertà d'informazione? Che c'entra la libertà d'informazione con un mezzo delinquente, non lo dico io, come Lavitola che dal '97 al 2009 ha preso 23 milioni di euro di finanziamento pubblico per l'editoria? La pluralità è una cosa, la libertà d'informare è un'altra".

"Anche questi sono costi della politica che devono essere eliminati - ha concluso - questi soldi devono essere investiti per la crescita del Paese e non finire nelle tasche dei giornali di partiti e dopo chissà dove..."

 


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