Arbeit Macht Frei, i Nuovi 'working poor' Italiani a Lavoro H24 - #WorkingPoor #h24 #7su7

13 Maggio 2016   16:06  

Le agenzie di lavoro interinale possono gioire: anche qui, alla fine, è giunta una sorta di “americanizzazione” grazie agli store con apertura al pubblico 24 ore su 24.

Questa tipologia di attività è già presente da qualche anno sul territorio nazionale, in particolar modo nelle grandi città.

A L’Aquila, invece, è stata una catena di supermercati già presente da diversi anni a riconvertirsi in tal senso.

Non tutti i servizi sono disponibili anche nel turno notturno: dopo le 22 non vi è personale alla pescheria, al banco dei salumi e dei formaggi, alla macelleria. Nel primo caso non si può usufruire del servizio, nel secondo e nel terzo bisogna approvvigionarsi con prodotti precedentemente affettati e poi posti in vaschetta. C’è anche un’interruzione di servizio dalle 23: 30 circa a mezzanotte, necessaria all’azzeramento del sistema di contabilità che permettere la chiusura delle casse per la rendicontazione dell’incasso giornaliero a fini fiscali.

Indubbiamente è una comodità, un ulteriore servizio di cui poter usufruire. Ma a che costi?

Per l’utenza pressoché nulla, fatta eccezione dei piccoli incomodi derivati dai servizi non disponibili in orario notturno.

Ma la struttura? Con scaltrezza i vertici dell’azienda hanno ben pensato di non assumere nessuno, né di far gravare sui collaboratori già in organico queste ore notturne: l’azienda ha esternalizzato il servizio. Un’agenzia di lavoro interinale (da qui l’affermazione iniziale) gestisce in pratica il servizio delle ore “più scomode”.

I dipendenti “ufficiali” chiudono la cassa a mezzanotte, come sopra spiegato, e subentrano i lavoratori esterni. E le differenze saltano subito all’occhio.

La retribuzione di questi “lavoratori di serie B” non è assolutamente in linea con quella dei colleghi “di serie A”, benché il servizio svolto sia il medesimo.

Se poi consideriamo che le ore in cui vengono impiegati darebbero loro diritto ad una paga oraria superiore rispetto ai dipendenti della società appaltatrice, sfioriamo l’assurdo.

Anche i diritti non sono equiparati, conseguenza di contratti discutibili che vanno a sfruttare concessioni particolari per la tipologia di persona giuridica che gestisce l’appalto, nello specifico una cooperativa.

Eppure la città ha un nuovo servizio, e di indubbia comodità. All’utenza non costa nulla, alla società molto meno del costo normale, nel peggiore dei casi azzerato dall’incasso notturno (è facile constatare come il tutto abbia riscosso un discreto successo).

Possiamo pararci dietro l’espressione “ha comunque creato lavoro”. Ma sarebbe più doveroso iniziare a discutere non più solo sul fattore numerico di questi posti di lavoro, ma anche su quello qualitativo. Che è, innegabilmente, insufficente.

Massimiliano Laurenzi
Twitter: @max_laurenzi


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