Articolo 119 della Costituzione e federalismo fiscale.

Di cosa si tratta?

24 Marzo 2009   20:32  

La  legge di riforma costituzionale n. 3 del 2001 nel ridefinire l’ordinamento della Repubblica in senso federale, ha accompagnato l’attribuzione alle Regioni di nuove funzioni legislative e amministrative ad un potere di autodeterminazione fiscale, sia sul versante delle entrate che su quello delle spese. Il nuovo art. 119 della Costituzione (come modificato dall’art. 5 della Legge Costituzionale 3/2001) prevede infatti che “ I Comuni, Le Province, Le Città Metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa” (comma 1) e che gli stessi “hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al territorio” (comma 2 ).
Rispetto al precedente testo, il mutamento è notevole.
Se prima il perno del sistema era la legge dello Stato, ora la Regione (e gli altri enti territoriali, per quanto competenti) produce mezzi finanziari propri necessari a gestire la sua attività e a realizzare i fini istituzionali, in armonia con la Costituzione e con i principi di coordinamento della finanza pubblica e con il sistema tributario.
La riforma del 2001 pone l’accento su un tipo di federalismo di tipo cooperativo-solidale. Questo perché l’esigenza di consentire alle Regioni economicamente più forti di sviluppare  maggiore competitività e responsabilizzazione nell’uso delle risorse va coniugata con altri principi e valori fondanti della  nostra  Costituzione: l’unità e indivisibilità della Repubblica (art. 5), l’effettiva capacità  fiscale e contributiva del cittadino (art. 53), l’eguaglianza sostanziale e della solidarietà sociale (art. 3).
L’equilibrio fra le due esigenze viene raggiunto nell’istituzione, con legge dello Stato, di un “fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante” (art. 10).

Il fondo perequativo è uno strumento (introdotto dalla L. Cost. 3/2001, che ha sostituito l'art. 119 Cost.) che dovrebbe compensare eventuali squilibri fra le entrate tributarie delle regioni e consentire a tali enti di erogare i servizi di loro competenza a livelli uniformi su tutto il territorio nazionale; lo scopo è quello di garantire che in tutte le regioni, a prescindere dalla capacità di ricavare risorse fiscali dal loro territorio, siano rispettati gli stessi standard nella prestazione di determinati servizi.
Di grande rilievo rispetto al precedente testo costituzionale, è poi l’allargamento agli altri enti territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane) dell’autonomia finanziaria, sia sul versante delle entrate sia su quello delle spese.
In realtà la riforma costituzionale 3/2001 tace su alcuni importanti temi, primo fra tutti quello dei criteri per l’alimentazione del fondo perequativo, chiamando in causa il legislatore ordinario e obbligandolo ad interfacciarsi con queste lacune per porvi rimedio

Nell’ultimo mese, si sono succedute su quotidiani e telegiornali, numerose notizie aventi per oggetto l’annoso problema del federalismo fiscale. .

Il 17 Marzo 2009 si è svolta alla Camera la discussione sul federalismo fiscale. Il disegno di legge rafforza l’autonomia degli enti locali e, dopo il necessario esame in Commissione, è iniziata la discussione generale in Assemblea. La maggioranza è stata compatta nello spingere per l’approvazione del ddl, che dovrà poi tornare al Senato per la conferma delle correzioni apportate alla Camera.
Il 22 Gennaio 2009, con 156 voti favorevoli, 6 contrari e 108 astenuti, il Senato ha approvato il disegno di legge n. 1117-A  in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.
Tra le novità contenute nel disegno di legge spicca la perequazione infrastrutturale. Il Senato ha, infatti, approvato all’unanimità il testo dell’emendamento proposto dal governo che sancisce un principio fondamentale di equità  e di riequilibrio tra la Sardegna e le altre regioni italiane.
Il testo ha subito modificazioni rispetto al disegno di legge originale anche in virtù dell'accoglimento di numerose istanze proposte dall'opposizione nel corso dell’esame in Commissione e poi, ulteriormente, nel corso dell'esame in Assemblea. Innanzitutto ha assorbito altri due disegni di legge sul federalismo fiscale, uno promosso dal Consiglio regionale della Lombardia, e l’altro d'iniziativa dell’opposizione. Inoltre, sono state introdotte modifiche sulla perequazione infrastrutturale e sulle città metropolitane e su Roma capitale. Proprio perché soggetto a tutte queste variazioni rispetto alla prima stesura, dovrà essere sottoposto di nuovo all’attenzione e al varo della Camera dei Deputati.
L'Aula della Camera, appunto, riprende oggi 24 Marzo 2009, nel tardo pomeriggio, l'esame degli emendamenti al ddl sul federalismo fiscale. Importante su tutti è quello che riguarda l’alleggerimento del caro affitti.
La linea su cui si procede è quella di prevedere un'imposta ad aliquota fissa sui contratti di affitto delle abitazioni che sostituisca l'Irpef e le addizionali attualmente in vigore. Questo è l'obiettivo  dell’emendamento del governo posto all'articolo 24 bis al disegno di legge sul federalismo fiscale.
Il testo prevede che "al fine di contrastare l'evasione e l'elusione fiscale sui redditi derivanti da locazione immobiliare e di promuovere la disponibilità di immobili destinati alla locazione ad uso abitativo, uno o più decreti legislativi definiscono, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, prevedendo anche una fase sperimentale, una disciplina delle locazioni con forme di imposizione forfettaria sui redditi da locazione". I criteri direttivi sono: "l'introduzione di una imposta ad aliquota fissa sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle relative addizionali sui nuovi contratti di locazione; la possibilità di accedere all'imposta fissa anche per i contratti già in essere purché vengano rinegoziati con una adeguata riduzione del canone". Verranno poi semplificate ed accelerate le procedure giudiziarie ed amministrative per lo sfratto, rafforzate le sanzioni per i contratti che violino la disciplina fiscale con un maggior coinvolgimento dei comuni. Il gettito dell'imposta ad aliquota fissa sostitutiva potrà rientrare tra i tributi degli enti locali volti a sostituire i trasferimenti erariali destinati ai comuni.
Ma quali sono i principi ed i criteri per l’attuazione del federalismo fiscale?
autonomia e responsabilizzazione finanziaria di tutti i livelli di governo
attribuzione di risorse autonome alle Regioni e agli enti locali, secondo il principio di territorialità;
superamento graduale del criterio della spesa storica a favore: 
1) del fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali;
2) della perequazione della capacità fiscale per le altre funzioni;
rispetto della ripartizione delle competenze legislative fra Stato e Regioni sul coordinamento finanza pubblica e sistema tributario;
esclusione della doppia imposizione sulla medesima base imponibile, salvo le addizionali previste dalla legge statale;
tendenziale correlazione tra prelievo fiscale e beneficio, in modo da favorire corrispondenza tra responsabilità finanziaria e amministrativa; continenza e responsabilità nell’imposizione di tributi propri;
previsione che la legge regionale possa, con riguardo alle basi imponibili non assoggettate ad imposizione da parte dello Stato: 
1. istituire tributi regionali e locali; 
2. determinare le variazioni delle aliquote o le agevolazioni che Comuni, Province e Città metropolitane possono applicare nell’esercizio della propria autonomia;
facoltà delle Regioni di istituire a favore degli enti locali compartecipazioni al gettito dei tributi e delle compartecipazioni regionali;
esclusione di interventi sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi che non siano del proprio livello di governo e, in ogni caso, impossibilità di dedurre gli oneri fiscali tra tributi, anche se appartenenti a diverse categorie, i cui proventi non siano devoluti al medesimo livello di governo;
previsione di strumenti e meccanismi di accertamento e di riscossione che assicurino modalità di accreditamento diretto del riscosso agli enti titolari del tributo;
definizione di modalità che assicurino a ciascun soggetto titolare del tributo l’accesso diretto alle anagrafi e a ogni altra banca dati utile alle attività di gestione tributaria;
premialità dei comportamenti virtuosi ed efficienti nell’esercizio della potestà tributaria, nella gestione finanziaria ed economica e previsione di meccanismi sanzionatori per gli enti che non rispettano gli equilibri economico – finanziari o non assicurano i livelli essenziali delle prestazioni;
garanzia del mantenimento di un adeguato livello di flessibilità fiscale nella costituzione di un paniere di tributi e compartecipazioni, da attribuire alle Regioni e agli enti locali, la cui composizione sia rappresentata in misura rilevante da tributi manovrabili;
flessibilità fiscale articolata su più tributi con una base imponibile stabile e distribuita in modo tendenzialmente uniforme sul territorio nazionale, tale da consentire a tutte le Regioni ed enti locali, comprese quelle a più basso potenziale fiscale, di finanziare, attivando le proprie potenzialità, il livello di spesa non riconducibile ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali degli enti locali;
semplificazione del sistema tributario, coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali nell’attività di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale;
lealtà istituzionale fra tutti i livelli di governo e concorso di tutte le amministrazioni pubbliche al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica nazionale in coerenza con i vincoli posti dall’Unione europea e dai trattati internazionali;
trasparenza ed efficienza delle decisioni di entrata e di spesa;
razionalità e coerenza dei singoli tributi e del sistema tributario nel suo complesso;
riduzione della imposizione fiscale statale in misura adeguata alla più ampia autonomia di entrata di Regioni ed enti locali e corrispondente riduzione delle risorse statali umane e strumentali;
definizione di una disciplina dei tributi locali in modo da consentire anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale;
territorialità dell’imposta, neutralità dell’imposizione, divieto di esportazione delle imposte;
tendenziale corrispondenza tra autonomia impositiva e autonomia di gestione delle proprie risorse umane e strumentali da parte del settore pubblico, anche in relazione ai profili contrattuali di rispettiva competenza.
Francesca Aloisi

 


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