Atenei in cifre, baroni, bandi e University of the People

Gli universitari dell'Aquila informano

04 Febbraio 2009   18:47  

Dalla newsletter di www.univaq.net 

Università per tutti, online

Un'università internazionale, completamente online ed aperta a tutti con costi di iscrizione risibili. È questa la promessa della "University of the People".
Reshef, un passato da designer di e-learning ed un presente nella board della community educativa Cramster, parte da un assunto molto semplice. "Il materiale per i corsi è già tutto là, reso disponibile dagli Atenei che hanno messo online gratuitamente i propri corsi - spiega al reporter del New York Times - E poi sappiamo che l'insegnamento peer-to-peer in linea funziona. Mettendo insieme questi elementi, si apre lo spazio per una università gratuita aperta agli studenti di tutto il mondo. Aperta a chiunque parli inglese ed abbia una connessione internet a disposizione".
La University of the People dovrebbe aprire i battenti nell'Aprile del 2009, con una fase beta che prevede un numero ridotto di studenti ( 300) e pochi corsi a catalogo. Ma d'altra parte Reshef si dice fiducioso di poter raggiungere in meno di cinque anni la soglia di 10000 iscritti dove, spiega, il business diventerebbe profittevole. L'investimento iniziale previsto è di 5 milioni di dollari.
Nelle "classi" virtuali del nuovo ateneo, ciascuna composta da non più di 20 studenti, verrebbero forniti i vari insegnamenti associati al corso di laurea. Per ogni insegnamento sono previsti un forum online- dove scaricare i materiali didattici, vedere le domande dei colleghi, discutere i temi non chiari e vivere momenti di interazione online con gli altri studenti.
La supervisione rispetto alle attività degli alunni, spiega ArsTechnica, dovrebbe essere garantita da team misti formati da volontari (non pagati) e docenti veri e propri. A questi ultimi il compito di monitorare l'andamento complessivo delle lezioni, il comportamento dei volontari, nonché risolvere eventuali dubbi lasciati irrisolti nei forum. "L'idea - spiega ancora Reshef - è quella di prendere il concetto di social networking ed applicarlo al mondo dell'università".
Altro punto forte della University of the People dovrebbe essere l'economicità. L'iscrizione al singolo corso dovrebbe infatti costare una cifra variabile tra i 15 ed i 50 dollari, mentre la partecipazione agli esami - unica voce di costo ulteriore per gli studenti - dovrebbe oscillare tra i 10 ed i 100 dollari. Le tariffe per i ragazzi dei paesi in via di sviluppo sarebbero di default quelle più basse, mentre prezzi più alti verrebbero praticati per tutti gli altri.
A dispetto dell'entusiasmo profuso da Reshef e dai suoi collaboratori, però, molti addetti ai lavori restano scettici rispetto all'iniziativa. "Negli ultimi dieci anni si è parlato spesso di avviare iniziative simili, ma i tempi non sembravano maturi - spiega il direttore dello Sloan Consortium, John Bourne - Dal punto di vista dei contenuti c'è molto (e molto di buono) in giro. Ma la vera incognita sono gli insegnanti. Mi piacerebbe capire quale sia la ricetta che consente di trovare, e formare, un insegnante di qualità senza imporre agli studenti adeguate tasse universitarie".
Ci sarebbe poi da badare alle problematiche tecnologiche collegate al progetto. I file audio-video delle lezioni, infatti, richiedono connessioni broadband che una larga parte del pubblico potenziale di Reshef non sembra possedere. Il rischio è che nei paesi in via di sviluppo gli studenti abbiano accesso soltanto ai materiali testuali, mancando una parte fondamentale dell'esperienza didattica. Ma Reshef risponde con ottimismo a tutte le critiche mosse contro il suo nuovo progetto. "Collaborando online, gli studenti formano delle reti sociali molto forti. E attraverso queste reti online, peraltro molto amate dai ragazzi, siamo in grado di portare gli insegnamenti superiori in ogni parte del mondo. (...) Fino ad oggi, non sono ancora riuscito a trovare una sola persone per la quale questa non sia una buona idea".
Negli ultimi anni, la formazione a distanza ha conosciuto una vera e propria esplosione. Una ricerca dello Sloan Consortium illustra come, nel 2007, almeno 3,5 milioni di studenti abbiano frequentato corsi online negli Stati Uniti, mentre progetti come OpenCourseWare del MIT vengono ripresi da paesi di ogni parte del mondo. In Italia lo scenario sembra evolvere con qualche lentezza in più, ma le grandi istituzioni si stanno comunque attrezzando.

Università, tendenze e prospettive

Il ventunesimo Rapporto Italia stilato dall’Eurispes fa un check-up globale e puntuale alla nostra società, evidenziando potenzialità e criticità in ciascun settore.

Lo stato di salute dei nostri atenei è stato monitorato attraverso diversi indicatori e, dati alla mano, si possono fare alcune considerazioni di massima sull’attuale trend della formazione universitaria e sulle prospettive future del comparto sui punti caldi: governance, valutazione e reclutamento dei docenti.

Atenei in cifre. Dal 1980 ad oggi, il trend degli immatricolati è stato crescente passando dai circa 200.000 del 1980/1981 ai 308.000 nell’anno accademico 2007/2008. Per quanto riguarda il numero degli iscritti, il ritmo di crescita si è stabilizzato, negli ultimi cinque anni, a circa 1 milione e 800mila unità, così come è rimasto pressoché invariato il numero di laureati nell’ultimo triennio (circa 300mila unità all’anno).

Laureati, più ombre che luci. Il rapporto tra laureati e popolazione in età di laurea è passato dal 19% del 2000 al 39% del 2006, al di sopra della media Ocse (37%). Resta, tuttavia, ancora inferiore alla media europea il numero di coloro che hanno una formazione universitaria: sono il 17% della popolazione di età compresa tra i 25 e i 34 anni, a fronte della media dei paesi Ocse al 33%. Altre criticità sono rappresentate dal tasso di abbandono tra il primo e il secondo anno (pari al 20%), dalla scarsa regolarità negli studi e dalla percentuale dei fuoricorso che s’attesta al 40,7%.

Docenti a quota 62mila. A novembre 2008, i docenti di ruolo sono, complessivamente, quasi 61mila e 700 unità (61.685), divisi in 18.965 professori ordinari, 18.282 associati e 24.438 ricercatori. Per la prima volta, in dieci anni, è diminuito il numero di ordinari (di 659 unità) e associati (-457 unità), ma sono aumentati i ricercatori di circa 900 unità (+877). Per tutte le tre fasce di ruolo, l’età media dei professori ordinari è 58 anni, quella dei professori associati è 52 anni e quella dei ricercatori è 44 anni. Inoltre, la presenza femminile tra i professori ordinari ha percentuali più basse rispetto a quella maschile: le donne sono meno del 18%.

Quanto costa uno studente? Mentre i paesi Ocse spendono in media 11.512 dollari per ogni studente universitario, l’Italia ne investe solo 8.026. A differenza degli altri paesi Ocse, la spesa pubblica nel settore universitario non è cresciuta tra il 2000 e il 2006: le entrate ministeriali sono, invece, diminuite passando dal 72,9% del 2001 al 64,7% del 2006. Nel 2006 le entrate complessive per il sistema universitario sono state pari a 12,2 miliardi di euro. Sono però aumentate del 35% le entrate esterne: fenomeno che viene interpretato dal Cnvsu come crescita della capacità imprenditoriale degli atenei.

Tra i nodi al centro del dibattito il più sentito riguarda la governance: le prospettive future, superando la contrapposizione tra derive autonomiste e centraliste, propongono un modello in cui venga salvaguardata l’autonomia degli atenei assegnando al Miur poteri d’indirizzo generale evitando ingerenze gestionali.

Per quanto riguarda la valutazione, fino ad ora, ci sono molte parole e pochi fatti: da più parti viene invocato un sistema meritocratico indipendente per assegnare le risorse in base ai risultati. Ma per incentivare i comportamenti virtuosi e sanzionare quelli lassisti manca un’autorità nazionale indipendente: l’Anvur, istituita nel 2006 dall’ex titolare del Miur Fabio Mussi, non è mai entrata in funzione.

Ormai l’esigenza di riformare i concorsi per la docenza universitaria è diventata ineludibile: per affermare il merito e combattere nepotismi e localismi. Le diverse proposte per arrivare ad una soluzione positiva del problema insistono su composizione trasparente delle commissioni, magari con un sorteggio integrale, oltreché graduatorie nazionali degli idonei. L’attuale sistema viene giudicato farraginoso e ancora troppo legato a logiche baronali.

 

Bando di concorso per n. 338 contratti di attività a tempo parziale a.a. 2008/2009 - "150 ore"

Aperto il bando di collaborazione studentesca per l'assegnazione di n. 338 contratti di attività a tempo parziale. Ciascun incarico comporterà un'attività di 150 ore complessive in moduli non superiori a tre ore al giorno e da completarsi entro e non oltre il 31 marzo 2010. La domanda di partecipazione deve essere compilata e consegnata entro il 16 febbraio 2009.

http://www.univaq.it/section.php?id=628


Un paese di baroni" Inchiesta di Chiarelettere sull'università.

Questo libro racconta l’università dei privilegi e anche l’università di chi lavora seriamente tutti i giorni e per pochi soldi. Le storie e le testimonianze di chi si è ribellato contro i concorsi truccati rivelano un sistema fortissimo, basato molto sull’obbedienza e molto meno sul merito: esistono delle vere e proprie gerarchie nazionali per ogni disciplina, chi occupa il vertice comanda su tutti.
Bisogna fare così nell’università dei baroni: presentarsi al colloquio con il prof muniti di un registratore portatile e memorizzare su nastro “le regole del gioco”. Negli ultimi anni numerosi casi diintercettazioni fai da te hanno portato a più di un’inchiesta in tutta Italia. Contro prepotenze e abusi.

Un sistema tanto chiacchierato, e oggetto di generale indignazione, ma che fino a oggi tutti hanno accettato. Importante era non fare i nomi. E poi le lobby: “bianche”, “rosse” e “nere” (senza dimenticare Comunione e liberazione e l’Opus Dei). Chi non sta alle regole, è fuori.

Studenti, dottorandi e ricercatori, magari dopo una vita di studio, esperienze all’estero e pubblicazioni in riviste autorevoli, aspettano il loro turno. Ma non è detto che ce la facciano. Anzi.Nascono blog e siti internet che danno voce alla loro frustrazione: per difendere l’università pubblica e la voglia di un futuro più onesto e più giusto.

Paolo Bertinetti, preside della facoltà di Lingue e letteratura, Torino.
“Non ho mai conosciuto nessuno che sia diventato professore solo in base ai propri meriti.”

Un paese di baroni
di Davide Carlucci e Antonio Castaldo
Chiarelettere Editore
Collana: principioattivo
Pagine 336 - prezzo 14,60

Gli autori
Davide Carlucci è giornalista de la Repubblica. Lavora alla redazione di Milano.
Antonio Castaldo è giornalista del Corriere della Sera. Lavora a Milano.

 


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