CONSULTA: NO PERDITA DIRITTI CIVILI PER FALLITI PRIMA DEL 2006

27 Febbraio 2008   16:34  
La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le norme contenute nella legge sul fallimento, anteriore alla riforma introdotta nel 2006, secondo le quali "le incapacità personali derivanti al fallito dalla dichiarazione di fallimento perdurano oltre la chiusura della procedura concorsuale".
I giudici della Consulta hanno così ritenuto fondato il ricorso presentato dal Tar dell´Emilia Romagna, sezione di Parma, che aveva sollevato questione di illegittimità in riferimento agli articoli 50 e 142 del regio decreto del 16 marzo 1942, n.267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell´amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nel testo anteriore alle modifiche apportate con il decreto legislativo n.5 del 9 gennaio 2006.
La questione era sorta nel corso del giudizio amministrativo instaurato da un farmacista per l´annullamento di un provvedimento firmato dal dirigente dell´Area Welfare Locale della Provincia di Reggio Emilia, con la quale il ricorrente era stato escluso dalla graduatoria finale del concorso per il conferimento di due sedi farmaceutiche pur essendosi classificato secondo: l´amministrazione aveva infatti accertato che egli era stato dichiarato fallito nel 1986 e figurava ancora iscritto nell´albo dei falliti, pur essendo trascorsi molti anni dalla chiusura della procedura concorsuale e avendo quindi la facoltà di promuovere il giudizio di riabilitazione civile.
In base alle norme censurate, allo stato di fallito era automaticamente connessa la perdita dei diritti civili e politici, richiesta per la partecipazione ai concorsi. Per la Consulta (sentenza n.39, relatore Francesco Amirante). la questione è fondata e le norme in questione contrastano con gli articoli 3 e 117, primo comma, della Costituzione: riguardo alle incapacità personali connesse allo stato di fallito, la Corte di Strasburgo, osservano i giudici delle leggi, "ha ritenuto le disposizioni della legge fallimentare lesive dei diritti della persona, perchè incidenti sulla possibilità di sviluppare le relazioni col mondo esteriore e foriere, quindi, di un´ingerenza ´non necessaria in una società democratica´".
Inoltre, le disposizioni censurate violano il principio di uguaglianza, "in quanto stabiliscono in modo indifferenziato incapacità che si protraggono oltre la chiusura della procedura fallimentare e non sono perciò connesse alle conseguenze patrimoniali della dichiarazione di fallimento", sottolineano i giudici delle leggi, e "poichè prevedono generali incapacità personali in modo automatico e quindi indipendente dalle specifiche cause del dissesto , così equiparando situazioni diverse, e, in quanto stabiliscono che tali incapacità permangono dopo la chiusura del fallimento, assumono carattere genericamente sanzionatorio".





(AGI)

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