Carlo è uno dei tanti vacanzieri sismici che è stato costretto a raggiungere la costa ospitato da un
un albergo a Giulianova. Carlo è un lavoratore precario, una categoria che già stava pagando duramente la crisi economica, e c’è da scommetterci, pagherà duramente anche il post-terremoto, in una città con l’economia sbriciolata. Questo perché di solito un precario non ha un contratto di lavoro, e se c’è l’ha ha delle tutele degne da paese del terzo mondo. Pensionati, lavoratori in regola dipendenti pubblici, avranno uno stipendio assicurato nei prossimi terribili mesi, e pure i lavoratori autonomi, come anticipato dal governo. A tanti precari invece non spetterà nulla e saranno i primi ad essere licenziati da aziende ed esercizi commerciali che non riusciranno a risollevarsi. I precari spesso non hanno una casa di proprietà, e nemmeno un affitto regolare, ed abitano.,come tanti studenti vittime del terremoto, in case fatiscenti del centro, pagando ovviamente affitti in nero. Case crollate perché certi affitta-camere senza scrupoli non si sono certo curati di verificare la sicurezza dei loro appartamenti. Il precario è un invisibile, e lo sarà forse anche quando saranno ripartiti gli aiuti alle vittime del terremoto.
Ma Carlo ha un vantaggio: il talento e le idee. “Sto avviando un’attività su internet –spiega – e sono fiducioso perché la realtà virtuale è indifferente ai terremoti e non è vincolata ad un luogo specifico”. E poi ha fatto il callo nella nobile arte di arrangiarsi, e poiché nei prossimi anni molti a L’Aquila dovranno vivere di espedienti. E Carlo, come tutti i precari, questa volta parte avvantaggiato, in un Paese l’Italia che odia i giovani ed è spadroneggiata da caste di gerontocrati iper-tutelati e dai loro inetti rampolli raccomandati. La speranza è però che dalle macerie dell’Aquila ci risolleveremo tutti insieme, che a tutti sia data la possibilità di restare e di rifarsi una vita dignitosa. Altrimenti giovani come Carlo ( e chi scrive) seguiranno il suggerimento del mare, che invita a navigare verso lidi lontani, e verso orizzonti più luminosi. Lasciando le macerie dell’Aquila alla senile contemplazione di chi resterà, macerie di una città allora davvero senza più futuro nè speranza.
Filippo Tronca