Castelvecchio Calvisio, Porto canale e il rischio esondazione, beatificazione Giovanni Paolo II

Puntata numero 224

05 Maggio 2011   10:45  

IN QUESTO NUMERO DEL MAGAZINE 99:

- Castelvecchio Calvisio, tra spopolamento e ricostruzione

Dopo Sant'Elia, le nostre telecamere questa settimana fanno tappa a Castelvecchio Calvisio, mille metri d'altitudine, 187 abitanti.

È una storia millenaria quella che oggi ci consegna uno dei borghi più affascinanti del comprensorio aquilano, ai piedi del Gran Sasso.

Il centro storico di Castelvecchio calvisio – borgo medievale sviluppatosi durante il feudalesimo, con l'unificazione di vari agglomerati rurali – è oggi in gran parte disabitato.

La metà delle abitazioni sono inagibili a seguito del terremoto, la percentuale aumenta considerevolmente al centro del paese.

Castelvecchio, come tutti gli altri Comuni, si trova ad affrontare le difficoltà legate alla ricostruzione. Il primo atto del Comune, è stato quello di confederarsi con i centri vicini: Santo Stefano di Stessanio, Castel del Monte e Villa Santa Lucia.

Assieme, questi Comuni montani condivideranno esperienze e professionalità per pianificare, progettare e ricostruire.

Parlare di Castelvecchio Calvisio significa anche parlare di cicerchia. Il legume che grazie alla sagra che dal 1979 ogni anno richiama migliaia di persone ha reso famoso il paese ben oltre i confini regionali.

Abbiamo incontrato Paolo Micalone, assessore alla ricostruzione, il sindaco Dionisio Ciuffini, Luigina Antonacci dell'associazione Armonia Onlus e Antonio Iannessa, padre della storica sagra della cicerchia.

di Marco Signori
riprese Diego Lepiscopo
montaggio Marialaura Carducci

- Porto canale: il rischio esondazione e l'insabbiamento delle responsabilità

L'Intervista al professor Paolo De Girolamo

''Il porto canale di Pescara è un tappo che potrebbe ostruirsi e causare una pericolosa esondazione del fiume.''

Lo spiega ad abruzzo24oret.tv, con tanto di slide grafiche, il professor Paolo De Girolamo, docente di costruzioni marittime alla Facoltà di ingegneria dell'Università dell'Aquila.

E il suo non è certo allarmismo, è una lucida e quasi ovvia constatazione di un tecnico. Il problema al porto canale non sono dunque solo i pescherecci che si si insabbiano e il tragicomico tormentone del dragaggio impossibile, di cui si occupano da mesi le pagine dei giornali e intorno a cui si accapigliano coloro che sono votati e pagati per governare e risolvere (magari in silenzio) i problemi.

C'è anche un problema di sicurezza dei cittadini, in particolare di quelli che vivono nei popolosi quartieri intorno al porto,  che non sono protetti da opere di arginatura fluviale. Ma di ciò la classe politica (Provveditorato, Comune, Regione) sembra non avere adeguata consapevolezza, anzi sembra voglia insabbiare il rischio che incombe, non intervenire preventivamente e con la massima urgenza. La stessa classe politica che si è accorta con tempestiva solerzia del problema del dragaggio del porto canale solo ad emergenza conclamata, come è costume tipico in Italia, il paese dell'efficientismo last minute e fuori tempo massimo.

Il professor De Girolamo è tra coloro che hanno redatto il piano regolatore portuale, che hanno progettato cioè le modifiche al porto canale che risolverebbero una volta per tutte il problema dell'insabbiamento e il conseguente rischio esondazione.

Il piano prevede in sostanza di allungare e deviare l'imboccatura del porto, spostare il porto peschereccio fuori dall'asta fluviale per poter poi restringere il canale attuale rimuovendo sia il pericoloso tappo, sia le cause idrauliche dell'insabbiamento.

Il dragaggio con un canale più stretto lo farebbe gratis il fiume, con la normale velocità della corrente. Semplice, forse troppo...

Il piano è pronto da anni però non viene ancora approvato. E così si continuano a spendere milioni di euro per rimuovere con le ruspe di mare la sabbia dai fondali, che si accumula non per maligna fatalità, ma perché il porto è stato progettato male, e i recenti interventi di migliorìa, vedi diga foranea, hanno peggiorato la situazione.

Un agire in ordinaria emergenza oggi però non è più possibile.

La sabbia che ostruisce il porto canale è infatti piena di veleni, perché nel frattempo poco o nulla si è fatto per disinquinare il fiume Pescara. La sabbia dunque non può più essere portata a mare, come si faceva prima, contenendo i costi del dragaggio a circa 8 euro a metro cubo.

La sabbia deve essere oggi stoccata in vasche di raccolta, pre-trattata da macchinari per sapararla dai veleni. E questa filiera ovviamente moltiplica per dieci i costi del dragaggio, ben oltre le soglie sostenibili.

La classe politica ha prima ha fatto esplodere il problema, ora non sa che pesci prendere. E allora si paventa come soluzione la realizzazione di un adeguato sistema di trattamento-stoccaggio delle sabbie inquinate.

Osserva al tal proposito il professor De Girolamo: certo, arrivati a questo punto non ci sono altre soluzioni immediate se non quella di continuare a dragare la sabbia e pre-trattarla per ridurre i costi di conferimento nelle discariche del materiale velenoso.

Ma questo ovviamente non significa risolvere il problema, significa anzi avvitarsi nell'emergenza, condannando i cittadini a spendere milioni e milioni di euro ogni anno per il dragaggio e il trattamento dei fanghi, quando invece l'unica e definitiva soluzione, a regime molto più economica, resta quella di investire subito 90 milioni di euro, per apportare radicali modifiche strutturali al porto canale di Pescara.

di Filippo Tronca
montaggio Marialaura Carducci

- Giovanni Paolo II è beato, San Pietro della Jenca santuario il 18 maggio

Giovanni Paolo II è beato.

Centinaia di fedeli da tutta la regione hanno raggiunto la capitale per il Pontefice che amava di più l'Abruzzo e le sue montagne.

La pioggia non ha fermato le decine di fedeli che si sono raccolti sul Gran Sasso, nel borgo di San Pietro della Jenca, per una fiaccolata in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II.

Alla Jenca il ricordo commosso dei fedeli

Un legame che nasce da lontano e che molte parrocchie e luoghi di culto hanno voluto ricordare, a partire dalla chiesetta di San Pietro della Jenca, alle pendici del Gran Sasso, dove il Papa si recò la prima volta per caso quando diretto con la sua scorta alle piste  innevate di Campo Imperatore, fu bloccato da una bufera di neve che impedì l’accesso agli impianti. In alternativa la comitiva si diresse lungo la S. P. del Vasto dove da lì il Papa vide in lontananza il Borgo e disse di voler andare a vedere cosa ci fosse. Da allora furono centinaia le volte che il Papa si intrattenne in gran segreto sul luogo fino al dicembre 1995 quando tutto il mondo seppe della Sua presenza a San Pietro della Ienca.

Lì oggi, nonostante il tempo inclemente, almeno agli inizi della giornata, si sono radunate tante persone, molte con gli occhi lucidi, per ricordare quel Papa che ha spalancato le porte all'amore e soprattuto agli uomini.

Ognuno ricorda un aspetto di quel Papa indimenticato e indimenticabile "tutti i momenti più importanti della mia vita sono stati segnati dalla presenza di Wojtyla" ci racconta una signora con la dolcezza negli occhi. "Qundo nacque mio fgilio era l'anno del suo Pontificato e non posso dimenticarlo".

"La sua sofferenza prima di morire ha insegnato a credere in Dio"

"Era un uomo bellissimo" così ricorda Giovanni Paolo II, un anziano signore giunta alla chiesetta di San Pietro alla Jenca per il giorno della Beatificazione di Papa Wojtyla. Il suo ricordo è carico di affetto

"Ci ha amato, ha amto tutti noi, è stato bellissimo."

Carol Wojtla nel suo pontificato ha vissuto momenti di grande sofferenza: nel 1981 ferito dalle pallottole di Alì Agca e poi nella malattia che lo ha condotto alla morte. Tutti lo ricordiamo piegato abbracciato al suo bastone pastorale, mentre offriva la sua sofferenza a Dio, sena smettere un attimo di donarsi agli altri.

E tutti lo ricordano "si lui ha insegnato a soffrire, e con la sofferenza ci ha insegnato a credere in Dio."

"Carol Carol" chiama un uomo e sul prato c'è un bimbo che gioca

E' capitato all'improvviso, al nostro fianco abbiamo sentito chiamare "Carol, Carol" e ci siamo girati. Dietro di noi la statua di bronzo dedicata a Giovanni Paolo II, che con in mano un ramoscello di ulivo guarda il Gran Sasso, le sue vette amate che lo protendevano verso il cielo, verso Dio.

Siamo a San Pietro alla Jenca, nel giorno della Beatificazione di Giovanni Paolo II, e vicino a noi corre e gioca felice un bimo di appena due anni, il papà lo chiama "Carol Carol". E' un uomo polacco, si chiama Andrzej Kwasoviec, vive ad Arischia, con la moglie Ucraina, e con lui c'è il piccolo e vispissimo Carol, un bimbo delizioso, biondo, che anche nel modo di fare e nell'aspetto ricorda Carol Wojtyla.

Andrzej ricorda il Papa con dolcezza e con affetto...con commozione ricorda Wojtyla, simbolo di pace e amore, simbolo della sua Polonia. Di lui, del suo amore, del suo pontificato, della sua sofferenza e del suo sorriso un giorno parlerà al piccolo Carol.

di Barbara Bologna e Marco Signori
montaggio Marialaura Carducci


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