Ci dobbiamo aspettare in Abruzzo un Big One a breve termine?

''Mutamenti di tensione ad altre faglie vicine''

30 Settembre 2009   10:50  

Le ricerche sul sisma abruzzese fanno il giro del mondo: ricercatori di Oxford e dell'Ingv: "il terremoto di L'Aquila ha inflitto mutamenti di tensione ad altre faglie vicine". Il commento dei professori Marzocchi, Scarpa e Moretti: "Perdura un rischio sismico in tutta l'area". Il mondo scientifico non può dare semplici rassicurazioni o lanciare allarmi: non può fare previsioni né tocca agli scienziati dire cose che sono di esclusiva competenza delle autorità preposte. Cosa fare subito per la messa in sicurezza delle nostre città. Ma il geologo Antonio Moretti avverte: "Credo che la zona di Amatrice-Montereale debba essere tenuta sotto osservazione". A proposito di Gravità, conferenza pubblica del professor Eugenio Coccia dal titolo: "L'attrazione Della Gravità", nel Parco della Scienza di Teramo, il 13 ottobre 2009 alle ore 17.

 

(di Nicola Facciolini)

 

Mentre nell'oceano Pacifico, pochi minuti dopo la scossa di 8° Richter che il 29 settembre 2009 ha fatto "tremare" l'intero pianeta, lo tsunami generato dal terremoto scatenava la devastazione nelle isole Samoa americane (www.emsc-csem.org/index.php?page=home), in Europa prosegue l'attività sismica, "parossistica" in Grecia ed Albania, se si osserva che solo il bacino pannonico, la Russia fino agli Urali e l'isola della Sardegna sembrano immuni dai terremoti. Inoltre sembra che alcuni ricercatori dell'Università di Oxford, Londra, Cambridge, Edinburgo e dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma, con uno studio pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters, abbiano stabilito che "il terremoto di L'Aquila del 6 aprile ha inflitto mutamenti di tensione ad altre faglie vicine, portandone alcune, in particolare quelle di Montereale e Campotosto, vicine al cedimento. Nella regione - si legge nello studio pubblicato il 5 settembre - perdura un rischio sismico. Le due faglie più pericolose si trovano vicino a Campotosto e Amatrice, e potrebbero aver causato alcune forti scosse di assestamento tre giorni dopo il sisma". Tutte le ricerche sono attentamente vagliate (www.agu.org/pubs/crossref/2009/2009GL039337.shtml) dalla comunità scientifica internazionale. "Lo studio in oggetto - rivela il professor Roberto Scarpa - conferma molte delle mie affermazioni. La questione riguardante la faglia responsabile è più semantica che sostanziale ed è oggetto di discussione scientifica". Il professor Warner Marzocchi dell'Ingv, che sentiamo mentre sta finendo il report della commissione internazionale, conferma e precisa che "non c'è nessuna novità. Dopo il 6 aprile ho più volte detto e scritto (http://www.bo.ingv.it/~earthquake/ITALY/forecasting/M5.5+/) che l'Abruzzo e le aree limitrofe hanno aumentato la loro probabilità di occorrenza dei terremoti proprio per effetto del terremoto di  L'Aquila. Il lavoro dei colleghi pone un limite spaziale più forte concentrandosi solo su alcune faglie. Di certo anche per queste faglie la probabilità di dare un terremoto forte è aumentata, ma non sono  le uniche. Prima del terremoto di L'Aquila molti miei colleghi ritenevano che la faglia più pericolosa fosse l'Ovindoli Pezza. Pochi consideravano Paganica. Per questa ragione alcuni ricercatori (come me) non si concentrano solo su una specifica faglia ma su una regione più vasta che contiene di certo le faglie conosciute e anche quelle meno conosciute e forse non mappate. In sintesi, il lavoro dei colleghi dice una cosa giusta, cioè che quelle faglie ora sono più pericolose, ma non è assolutamente detto che siano quelle più pericolose. Comunque sia, ripeto, già da tempo avevamo detto che quell'area è diventata più pericolosa a seguito del terremoto del 6 aprile". Per il geologo Antonio Moretti il dato rilevante è un altro. "Il gruppo di terremoti in giallo nella porzione superiore della mappa Ingv è quella innescata dal terremoto del 9 aprile, m=5.1 - spiega Moretti - ma tecnicamente non è una replica perché sta su di una diversa struttura (faglia) che emerge in corrispondenza del lago di Campotosto. In realtà si tratta quindi di un evento principale separato (indicato con la stella) con associato tutto il suo corteo di repliche, verosimilmente determinato proprio dall'accumulo di stress rilasciato dalla scossa de 6 aprile. Secondo me - spiega Moretti - la faglia di Campotosto ha già dato il 9 aprile". In alto a destra si vedono anche vari pallini colorati che corrispondono ai terremoti di Montereale, iniziati a giugno. Si tratta di un'asperità caricata dallo sforzo trasferito lungo la struttura sismogenetica Nord-Ovest e Sud-Est dalla sequenza aquilana? "Probabilmente sì"- fa notare Moretti. L'asperità, e la struttura corrispondente, sono vicini al proprio limite di resistenza, e quindi ci dobbiamo aspettare un forte terremoto a breve termine? "Questo non lo si può sapere, al momento non esistono ancora metodi per riconoscere lo stato di stress profondo dall'analisi delle scosse registrate". Si possono, tuttavia, fare un paio di considerazioni. "La scossa di magnitudo 4.2 di alcuni giorni fa si posiziona al margine Nord-Ovest della struttura di Campotosto, quindi potrebbe indicare un progressivo trasferimento dello sforzo verso Montereale. Tuttavia il segmento di struttura corrispondente, è relativamente piccolo, quindi non mi aspetterei più di una magnitudo 5 o 5.5, che non è poco ma sempre meglio di un 6 o 6.5". Quindi la famosa propagazione dello sforzo dopo un terremoto avviene secondo regole ben precise dovute sia all'entità della deformazione cosismica sia alle caratteristiche meccaniche delle rocce profonde. "Purtroppo non conosciamo ancora queste regole - spiega Moretti - comunque in Appennino sono state calcolate velocità di trasferimento di una decina di chilometri l'anno (credo che sia il metodo utilizzato nell'articolo pubblicato dai colleghi) ed altrettanto si ricava dalle informazioni storiche: ad esempio, L'Aquila - Sulmona, distano circa 50 km, ed i rispettivi terremoti sono separati da alcuni anni (eventi 1703-1706, 3 anni; 1456-1461, 5 anni). Su questa base, credo che la zona di Amatrice-Montereale debba essere tenuta sotto osservazione".

Il terremoto abruzzese del 2009 passerà alla storia, non solo per i disastri e i morti di L'Aquila, ma soprattutto perché si è finalmente compreso che tali eventi sono in grado di incidere nel tessuto sociale e nella riflessione culturale e scientifica, stimolando, come in passato, anche la fantasia cinematografica (film "Core") per produrre ricchezza da riversare sul territorio. Gli abruzzesi sono davvero convinti che sia tutto finito? Conoscono, forse, i tre grandi terremoti preistorici quando si staccarono pezzi dal massiccio del Gran Sasso? Quali sono i limiti della paleosismologia nelle nostre terre? E' possibile rimontare la scena di un terremoto preistorico in Abruzzo di grande magnitudo? E' possibile conquistare nella nostra vita quotidiana, abbandonando paure ancestrali e neoromantiche rassegnazioni, una nuova visione razionale (logica, se preferite) del fenomeno sismico nell'attuale civiltà mediterranea, in grado di salvare naturalmente ogni singola vita umana, a qualsiasi magnitudo un terremoto si manifesti? Gli scienziati sanno che le faglie abruzzesi sono "speciali": andrebbe indagata a fondo la loro genesi e natura. Ci possono aiutare anche gli alberi: studiando la regolare decrescita dell'ampiezza degli anelli, gli eventi preistorici possono essere datati con precisione, grazie all'analisi degli anelli di crescita annuale di alberi fossili che hanno subito in vita i moti violenti del terremoto. Sul Gran Sasso, abbiamo informazioni sul campo degli sforzi in atto nelle quattro famose scarpate, distanti tra loro meno di 7 chilometri, formatesi per movimenti istantanei in tre importanti eventi sismici, tra 11 e 14 mila anni fa? Sappiamo già (Chracas, AD 1704; Baglivi, AD 1705) che 306 anni fa, durante la terribile crisi sismica localizzata tra Norcia e L'Aquila (le scosse epicentrali di gennaio-febbraio 1703 raggiunsero livelli di danno dell'XI° della scala mercalli, e sul Gran Sasso dell'VIII-IX°), si aprirono fessure sul Corno Grande. Scosse successive fecero cadere una delle sommità del monte, con frane e crolli causati dai forti scuotimenti prodotti non da fagliazioni superficiali. Uno scenario ben più disastroso di quello offerto dai pur impressionanti fenomeni gravitativi di crollo di massi dal "Paretone" nel 1897 e nel 2007. I tre terremoti preistorici nel Gran Sasso furono ben peggiori. Per produrre le scarpate di faglia che si osservano sul Re degli Appennini, gli scienziati sanno che fu necessario in superficie uno scuotimento molto maggiore di quello massimo ipotizzabile per la zona in base ai dati della sismicità storica (Giraudi, 1989). Un terremoto con tempi di ritorno lunghi anche a memoria di civiltà, distruttivo, che, possiamo immaginare, terrorizzò "l'uomo preistorico del Paleolitico superiore, in cerca di selvaggina nelle zone più interne ed elevate del massiccio del Gran Sasso (dal bellissimo volume Il Gigante di Pietra, del geologo teramano Leo Adamoli, AD 2002), come testimoniano i numerosi manufatti litici riferibili a più orizzonti culturali, rinvenuti nei depositi continentali pleistocenici dell'altopiano di Campo Imperatore".

Se la crisi sismica aquilana non è finita, il mondo scientifico non può dare semplici rassicurazioni o lanciare allarmi, non può fare previsioni né tocca agli scienziati dire cose che sono di esclusiva competenza delle autorità preposte. Può solo invitare a tenere presente che viviamo, per la quasi totalità dell'Italia, in una zona a carattere sismico, fortunatamente "modesta" se rapportata alle regioni della zona circumpacifica. Bisogna prestare la massima attenzione ai controlli sulle costruzioni ed alla normativa antisismica. Consigli che devono diventate leggi e norme dello Stato realmente efficaci. Non più solo buone intenzioni di cui spesso sono lastricate le vie dell'inferno. Se poi ci si scontra ogni anno all'Ok Corral, con la spietata realtà italiana degli scarsi fondi destinati alla ricerca scientifica; o, peggio, con i tagli a idee, progetti e collaborazioni internazionali che all'estero ci invidiano e, quindi, non si sognerebbero lontanamente di toccare, allora è tutto da rifare, allora è inutile piangere lacrime di coccodrillo. Per la messa in sicurezza delle nostre città, abbiamo tutte le possibilità tecniche per intervenire in tempo e limitare i danni: si cominci con l'imbracare i muri delle case con l'economico filo d'acciaio e si provveda alla rimozione dei cornicioni pericolanti. Gli scienziati italiani sono stati chiari. Se è vero che ci sono i soldi per intervenire sulle emergenze, da inquadrare nelle Grandi Opere Pubbliche, proponiamo a chi di dovere di riunirsi immediatamente, di attivarsi e di non prendere sotto gamba la situazione sismica che stiamo vivendo. Bisogna dare risposte rapide ed efficaci sia per la sicurezza dei cittadini sia per l'economia. Senza polemiche ma in sinergia. Del terremoto è sicuramente meglio parlare "in tempo di pace". Spaventa la sola idea del terremoto che coincide con quella della morte "in tempo di guerra". Non lo immaginiamo neppure come portatore di danno al nostro patrimonio culturale! Le parole "preservazione, promozione...", non dicono più nulla alla società civile italiana?

A proposito di Gravità, nell'ambito della European Week of Astroparticle Phisics i Laboratori

Nazionali del Gran Sasso dell'Infn hanno il piacere di invitare i cittadini, il giorno 13 ottobre 2009 alle ore 17, presso la sala conferenze del Parco della Scienza di Teramo, per assistere alla conferenza pubblica del professor Eugenio Coccia dal titolo: " L'attrazione Della Gravità'". Durante la manifestazione verrà consegnato un riconoscimento per l'opera del teramano Italo Rodomonti, artista spaziale famoso alla Nasa e in tutto il mondo.

 

 

Nicola Facciolini

 

 


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