Il ‘missile’ Filippo Ganna mette la firma sulla crono finale - 30,3 chilometri tutti pianeggianti da Senago a Piazza Duomo - che non cambia una storia ormai scritta: il Giro d’Italia numero 104 è di Egan Bernal.
Per il fenomenale scalatore colombiano, classe 1997, nato il 13 gennaio proprio come Marco Pantani, è il secondo grande trionfo dopo quello al Tour de France 2019. Giro e Grande Boucle ad appena 24 anni (ma nella sua bacheca ci sono anche Parigi-Nizza e Giro della Svizzera): tanta, tantissima roba per un ciclista che sembra predestinato e che in questa edizione ha dimostrato di essere il più forte di tutti. La riprova a Campo Felice (dove si è preso la maglia rosa), sullo Zoncolan e a Cortina d’Ampezzo, montagne sulle quali se non hai gamba e classe pura, non sopravvivi. Una sola piccola crisi, nella frazione di mercoledì scorso a Sega di Ala, brillantemente superata fino al trionfo a Milano.
Il podio finale della corsa viene completato da un commovente Damiano Caruso, che nella generale chiude a 1’29” dal colombiano. Spettacolare e inaspettato Giro per il 33enne siciliano, una sorta di premio alla carriera, con il fantastico acuto di ventiquattro ore fa sull’Alpe Motta. Terzo il britannico Simon Yates, protagonista venerdì scorso di un ‘sussulto’ da campione sull’Alpe di Mera. Troppo tardi per sparigliare le carte. Ventunesima e ultima tappa della corsa rosa per ‘uomini-jet’ come il piemontese Filippo Ganna, che aveva vinto la crono inaugurale a Torino e che mette il sigillo su quella conclusiva fermando il cronometro sul 33’48”, tempo che nessuno riesce a battere. Il successo del ciclista di Verbania è il settimo di un italiano in questa edizione: bene, anzi benissimo.
“E’ difficile credere a quello che sta succedendo, non trovo le parole, ma dentro ho emozioni forti. Facevo per la prima volta il Giro e l’ho subito vinto. Ricorderò tante cose di questa esperienza, ho corso in libertà, come piace a me. E’ fantastico”. Sono le parole ‘a caldo’ di un Egan Bernal al settimo cielo.