Cocullo, cenni storici e turistici

03 Luglio 2012   15:09  

Cocullo Piccolo centro dell’Abruzzo Aquilano, ubicato a m. 870 s.l.m., e addossato ad un colle tra le montagne della Marsica e quelle Peligne, sorse sulle rovine dell’antico “Coculum ”.
Fu fortezza al tempo dei Romani (Coculum Oppidum), al tempo della guerra tra Roma e la lega Italica.
Le prime notizie vanno ricercate nel XII secolo, quando dominava la famiglia degli Artus, successivamente fu dei Piccolomini, dei Peretti, dei Savelli, degli Sforza Cesarini, e dei Bovadilla.
A Cocullo esistono i resti di un castello con torre, le cui origini vanno ricercate prima del 1000, appartenuto al leggendario duca Sarchia.
La chiesa, dedicata alla Madonna delle Grazie, del ‘200, a una sola navata, sorta su un tempio dedicato a Giove, conserva alcuni quadri di scuola del Luini e del Giorgione. Ha una pregevole facciata del XIV secolo, sulla quale spiccano un portale a sesto acuto, due pilastrini sovrastati da nicchie cinquecentesche e un piccolo rosone.
Nell’altra chiesa dedicata a San Domenico da Foligno c’è da vedere un pregevole battistero e alcuni arredi sacri in argento, di scuola sulmonese.
Cocullo è famosa per la caratteristica processione dei “serpari”, che si celebra il primo giovedì di Maggio, in onore di San Domenico, patrono del paese.
La manifestazione ha origini antichissime che si riallacciano ai riti precristiani del popolo Marso, secondo cui i Marsi trassero il nome e l’arte di incantare i serpenti. All’epoca della Roma repubblicana era venerata la dea Angizia, sorella della maga Circe, protettrice contro i morsi dei serpenti. Con il passare del tempo e con l’avvento del cristianesimo, alla dea Angizia fu sostituito San Domenico, protettore contro il morso dei serpenti e l’idrofobia. La festa viene preparata all’inizio della primavera, quando i “serpari” girano nelle campagne per prendere le serpi, che vengono messe in pentole di creta piene di crusca e tenute al fresco, per essere liberate il mattino della festa, il primo giovedì di Maggio, ed essere poste sulla statua del Santo che così ornato viene portato in processione per il paese.
I “serpari”, recando serpi intorno alle braccia e al collo, sfilano anch’essi per le vie del paese assieme alle donne che, con i costumi caratteristici, portano ceste ricolme di ciambelle a forma di serpente. Al termine della festa, i “serpari” liberano i rettili fuori del paese. Ogni anno Cocullo è meta di turisti e fedeli che accorrono numerosi da ogni parte d’Italia.
Il Michetti raffigurò questo motivo folcloristico in una sua tela, mentre Gabriele D’Annunzio introdusse la tipica figura del “serparo” nella “Fiaccola sotto il moggio”.


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