Compostaggio cosa da matti

01 Dicembre 2007   13:36  
A L’Aquila bisogna essere un po’ “diversamente abili” per credere davvero che il rifiuto possa essere trasformato in un qualcosa di utile invece di gettarlo in discarica. Sono infatti i soci svantaggiati delle cooperative Soledaria ed Ambiente e Territorio i protagonisti di un progetto che prevede la costruzione artigianale e la distribuzione gratuita di compostiere domestiche a cinquanta famiglie del quartiere di Sassa e alle scuole che ne fanno richiesta. Sono sempre loro a spiegare, casa per casa, il corretto uso della compostiera, a tornare ogni tanto per verificare se tutto procede per il meglio. "Durante la visita apriamo il sacchetto dell’immondizia – racconta D. - e facciamo vedere cosa va dentro il compostatore e cosa non ci va messo. I microorganismi che trasformano il rifiuto in compost, cioè terra fertile e profumata, sono come animali domestici: hanno bisogno di ossigeno, di acqua e di una dieta equilibrata, perciò bisogna miscelare i rifiuti organici secchi con quelli umidi e non bisogna esagerare con i cibi cotti!" Avviato dieci mesi fa con il sostegno di Asm, Fondazione Carispaq e Provincia dell’Aquila, il progetto sta dando indicazioni utili a generalizzare la pratica del compostaggio in una città dove la raccolta differenziata è inchiodata all㤓% e i rifiuti, con costi crescenti, devono essere trasportati nella lontana discarica di Lanciano, prossima all’esaurimento. Soledaria è un’emanazione del Centro diurno psichiatrico il cui direttore è Alessandro Sirolli, portavoce regionale del Forum della salute mentale che, ispirandosi alle idee di Franco Basaglia, si impegna a contrastare approcci terapeutici incentrati sull’ospedalizzazione, l’uso distorto dei farmaci e l’isolamento dalla società. "Noi riteniamo – spiega Sirolli – che il processo di guarigione deve comprendere in tutti casi l’inclusione sociale. Questo significa, per gli utenti del nostro Centro diurno, avere un lavoro equamente retribuito, una casa, relazioni umane e sentimentali appaganti e creative" Basta osservare i ragazzi mentre lavorano intorno alle compostiere per capire che l’utopia in cui crede Sirolli è molto concreta. Senza la Legge 180, che ha fatto chiudere i manicomi, molti utenti dei centri diurni avrebbero avuto un ben più triste destino. "Abbiamo scelto i materiali e la forma della compostiera – spiega Silvio Tatoni, presidente di Soledaria – in modo tale che essa possa essere assemblata a mano dai ragazzi senza utilizzare attrezzi pericolosi e senza particolari difficoltà". "All’inizio le compostiere ci venivano un po’ sbilenche – ci spiegano i ragazzi - poi ci siamo impratichiti ed ora sono bellissime, sembrano uscite dalla fabbrica!". In realtà ritmi e modalità di lavoro nulla hanno a che vedere con quelli di una fabbrica perchè devono adeguarsi alle esigenze di persone dette non a caso “altrimenti abili” e molta attenzione va data alla motivazione e alla gratificazione personale, conquiste mai definitive. "In certi giorni sono proprio stanco – spiega ad esempio P. – e quando uno è stanco deve riposarsi, mica può lavorare". Parole inaudite in un opificio di normodotati… Eppure, lavorando con lentezza, si sta rispettando in pieno la tabella di marcia. In autunno saranno presentati alla cittadinanza i risultati della sperimentazione e partirà poi la produzione di compostiere per la vendita diretta. Grazie al passaparola sono molti i cittadini che hanno già prenotato una compostiera e il progetto riscuote particolare entusiasmo presso le scuole. Aspetta la sua compostiera anche S., un ragazzo che ha avuto problemi psichiatrici e ha frequentato cliniche e centri diurni. Ora, grazie ad un progetto di inclusione sociale, ha una casa, una fidanzata e un giardinetto dove coltiva gerani e menta piperita e dove può collocare la compostiera. Gli chiedo se ha sempre avuto questa sensibilità ambientalista. Mi risponde: "Quando ero ricoverato in clinica ogni mattina passava un’infermiera e mi faceva ingoiare le pasticche. Poi passava un dottore, io ero completamente rincoglionito, lui mi visitava e diceva che non stavo ancora bene e ordinava all’infermiera di darmi altre pasticche. Vorrei vedere il dottore, se lo costringono a scolare ogni mattina una bottiglia di grappa…" Filippo Tronca (pubblicato già su La nuova ecologia)

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