Confindustria contro i dipendenti regionali: ''Troppi, inefficienti e ora anche premiati''

Con il Ria fino a 30 milioni di integrazioni di stipendio

02 Marzo 2012   10:07  

''L’inefficienza della macchina Regione è sotto gli occhi di tutti, gli industriali si sono stufati di mantenere, pagando le tasse, gli sprechi e ricevendo danni. E i sindacati non devono più difendere gli intoccabili. Certi dipendenti nelle imprese private verrebbero licenziati, invece alla Regione vengono premiati per l’anzianità di servizio.''

Va giù duro, sulle pagine de Il Centro, il vice-presidente di Confindustria Paolo Primavera. La sua rabbia nei confronti di una macchina burocratica considerata abnorme, efficiente e troppo costosa è provocata dalla notizia secondo cui la Regione, ovvero i cittadini dovranno tirare fuori dai 10 a 30 milioni di euro per ulteriori integrazione di salario per i propri impiegati, a causa di un vecchio contenzioso relativo al diritto sulla perequazione della Retribuzione individuale di anzianità (Ria).

I costi e la qualità della macchina burocratica regionale era già entrata nell'occhio del ciclone a causa del generosissimo raddoppio del premio annuale di produzione a favore dei direttori e dirigenti della Regione Abruzzo.

Un riconoscimento per l'eccellente lavoro svolto che va a rimpinguare lo stipendio dei direttori di circa 100mila euro all'anno, con ulteriori 22euro circa, e lo stipendio dei dirigenti, di circa 85 mila euro, con un premio in media di 16mila euro. 

Agli stipendi dei dirigenti e direttori va poi aggiunta la retribuzione Individuale di anzianità (RIA) o l’Integrazione di Salario di Anzianità, che possono superare i i 10 mila euro l'anno e in molti casi arriva ai 5mila euro. ( vedi schede).

Una situazione inaccettabile per Primavera, i un paese in crisi, dove le tasse aumentano insieme alla disoccupazione. Sottolineando che i dipendenti regionali abruzzesi sono la bellezza di 1300, molti di più che nelle Marche dove le cose funzionano molto meglio, Primavera rincara la dose: 'Il livello di burocrazia nella Regione è diventato talmente alto che è lecito affermare che i nostri politici sono “ricattati” dai dipendenti.

Basti pensare ad esempio che molte pratiche sono bloccate da impiegati che esprimono pareri politici e non tecnici. In pratica dove gli assessori sono pochi incisivi esistono strutture regionali che si muovono politicamente e in modo trasversale''.

Dalla Stamp.it una ricostruzione della vicenda  della  retribuzione individuale di anzianità (Ria), a firma di Giuseppe Salvaggiulo. L'articolo è del maggio 2011.

LEGGE GONFIA-STIPENDI L'ABRUZZO CONTRO SE STESSO

Il vicino di scrivania guadagna di più? Al capoufficio brillano gli occhi quando apre la busta paga, mentre tu abbozzi con la solita smorfia d’invidia? Niente paura: da oggi gli stipendi verranno automaticamente alzati per tutti al livello del collega più ricco. Il sogno di ogni impiegato, operaio, funzionario, insomma il sogno di ogni lavoratore dipendente diventa realtà in Abruzzo. Grazie a una norma che farebbe impallidire l’imperatore Carlo V, autore quasi mezzo secolo fa del leggendario proclama «Todos caballeros». Gli stipendi lievitano, magicamente, per tutti.

E gli uffici abruzzesi si trasformano in un Bengodi del pubblico impiego. I 1300 dipendenti regionali abruzzesi devono benedire la Ria, Retribuzione individuale di anzianità. Ma soprattutto una raffica di leggine che il Consiglio regionale ha approvato negli ultimi anni, riesumando questa indennità contrattuale ormai dimenticata nel resto d’Italia e trasformandola nel grimaldello per gonfiare le loro buste paga.

Qualche cenno storico aiuta a ricostruire la vicenda, complicatissima in un settore - la funzione pubblica - non a caso noto per la giungla retributiva. Un tempo ai dipendenti pubblici italiani veniva corrisposta una indennità di anzianità. Ma a causa delle decine di contratti diversi, moltiplicati per i rinnovi nel tempo, ciascuno si è ritrovato a guadagnare una cifra diversa dagli altri, anche a parità di anzianità. Del resto, e non a caso, la voce in busta paga si chiamava «Retribuzione individuale di anzianità». Individuale, appunto, non collettiva.

Nell’ultimo decennio, la Ria è stata accantonata e nei nuovi contratti non compare più, sostituita da altre indennità forfettarie. Ma i dipendenti che l’avevano maturata la conservano. Ciò accade in tutta Italia. Il Consiglio regionale abruzzese, qualche anno fa, è stato contagiato da un’irrefrenabile pulsione egualitarista. E si è posto il problema: è giusto che i nostri dipendenti abbiano retribuzioni di anzianità diverse? La questione era stata sollevata da settanta dirigenti assunti con un mega concorso.

Arrivando da amministrazioni diverse, si portavano dietro indennità eterogenee. Qualcuno cominciò a lamentarsi: perché se siamo assunti insieme, dobbiamo guadagnare cifre inferiori? Detto, fatto. Il pressing indusse il Consiglio a varare una prima «norma di perequazione», che consentiva a ciascun dirigente di ottenere l’indennità più alta tra quelle dei colleghi. Avvocati e sindacalisti si dedicarono a scartabellare vecchie buste paga a caccia della più pingue, fino a trovare un vecchio e generoso contratto dei segretari comunali.

Che fu infatti applicato a tutti, garantendo il pagamento degli arretrati più l’adeguamento degli stipendi per il futuro, fino alla pensione. Soddisfatti i dirigenti, ma gli altri dipendenti? Possibile che il principio di perequazione non valga anche per loro? Certo che vale, se no che principio è? E così dopo una leggina se ne fa un’altra, poi un’altra ancora, e poi una quarta, allargando progressivamente la platea dei beneficiari.

Restava ancora qualcuno escluso, finché il 21 novembre 2008, mossi a compassione, i consiglieri regionali di destra e sinistra approvano con voto bipartisan un’ultima e definitiva norma di perequazione, che consente a tutti i dipendenti, nessuno escluso, di farsi alzare lo stipendio. Tutti più ricchi, meno le casse regionali. Qualche giorno fa, dopo le prime sentenze di condanna (in genere, gli aumenti sono di 200 euro circa al mese, dunque solo di arretrati la Regione deve sborsare decine di migliaia di euro a testa), l’assessore al personale Federica Carpineta ha deciso di fare i conti.

E si è messa le mani nei capelli: con 800 ricorsi pendenti su 1300 dipendenti, «alla Regione questo assurdo privilegio slegato dal merito potrebbe costare 18 milioni di euro, mandandoci in dissesto finanziario».

La cifra è impressionante, ma i contabili hanno precisato che è stimata per difetto, perché il meccanismo diabolico della rivalutazione può proseguire all’infinito. Per dire: se domani assumono un nuovo dipendente con un’indennità più alta, tutti gli altri milletrecento possono ottenere un nuovo aumento.

E così via.Non solo. I tecnici hanno scoperto che nel tempo, soprattutto per i dipendenti provenienti da altri enti come i vari consorzi sparsi in Abruzzo, le buste paga contengono indennità Ria «gonfiate» da 700 euro al mese anche per personale giovane. «Altro che anzianità, in quelle voci ci hanno infilato di tutto», sospira l’assessore. Eppure carta canta, dunque su quelle voci gonfiate si calcolano gli aumenti. Una tragedia. Quando l’assessore ha proposto l’abolizione della legge-scandalo, è stata zittita da consiglieri regionali e sindacati: i diritti acquisiti non si toccano. E allora? Si fa una bella commissione per cercare una soluzione.

Ma l’assessore è pessimista. Il rebus resta senza soluzione: cancellare un diritto dei lavoratori o mandare per aria il bilancio della Regione? Non sapendo che cosa scegliere, la Regione spera che il miracolo lo faccia la Corte costituzionale, a cui si è rivolta perché dichiari illegittima la norma del 2008.

Ma come: la Regione chiede alla Consulta di cassare una norma della Regione stessa? Possibile? Possibile. E il motivo dell’incostituzionalità quale sarebbe? Che fu approvata il 21 novembre 2008 da un Consiglio regionale già sciolto e decaduto, dunque impossibilitato a farlo. In effetti, la norma fu varata in piena campagna elettorale, nove giorni prima del voto (poi rimandato per altri motivi a metà dicembre), tra un comizio e un volantinaggio. Ma all’epoca nessuno protestò, nessuno si appellò alla Costituzione, nessuno fece due conti. O forse sì, ma erano altri conti.''

 


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