De Fanis, tante telefonate intercettate: e la cosa pubblica diventa privata

Sono davvero tante le telefonate ascoltate dalla Procura in questi mesi, da cui emergono i tanti rapporti intessuti da De Fanis, come assessore.

Una personalità che, forte del suo ruolo, non andava troppo per il sottile per aggiustare i suoi interessi.

Molte delle telefonate intercettate sono state trascritte altre riportate in modo sintetico, e una piccolissima parte è citata come fonte di riscontro.

Tutte le intercettazioni sono legate all'ordinanza di arresto della Procura.

E qualcuno incomincia a non essere più tranquillo.

Ovviamente l'assessore, come uomo politico ed esponente della Giunta Regionale, aveva rapporti con innumerevoli persone. Molti colloqui saranno stati istituzionali, e forse trascurabili. O forse no.

Dalle telefonate emergerebbero cose interessanti, non veri e propri reati ma comportamenti che fanno luce sul modo di agire degli amministratori pubblici.

Svelano il vizio più che il reato, il costume morale. E così c'è paura, della ricaduta mediatica di certe telefonate, che potrebbero penalizzare i politici nella prossima campagna elettorale.

E così ciò che emerge sono comportamenti di discutibile integrità morale, quella che dovrebbe caratterizzare l'uomo che sceglie di curare la cosa pubblica.

Dalle telefonate De Fanis emerge come amminisitratore pubblico che che si sente sminuito perché non può più avere totale discrezionalità sulla spartizione dei fondi per la cultura.

Torna in auge da anni lontanissimi la “raccomandazione”. Obiettivo: sistemare il fratello della segretaria Zingariello, alle Poste. De Fanis avrebbe poi anche più volte chiesto favori per suoi conoscenti, ad esempio far accelerare i tempi di una visita medica presso una della Asl Abruzzesi.

Tanto che fa? Le spese le paga con la Carta di credito della Regione, per i viaggi personali c'è la macchina istituzionale. Tanto che fa?

Comportamenti magari non rilevanti sotto il punto di vista penale ma che un amministratore pubblico non dovrebbe neanche osare mettere in atto, in spregio della popolazione.