Diffamazione a mezzo stampa, ok del Senato al DDL che ora torna alla Camera

Stop al carcere, sanzioni pecunarie anche a testate Web

29 Ottobre 2014   11:58  

L'Aula del Senato ha dato il via libera al ddl sulla diffamazione a mezzo stampa. I sì sono stati 170, i no 10 e 47 gli astenuti. Il testo torna ora alla Camera.

Il DDL prevede  lo stop al carcere per i giornalisti, introduzione del diritto dall'oblio oltre a quello di rettifica ed estensione delle sanzioni pecuniarie anche per le testate online. 

 Lo stop al carcere per i giornalisti è forse la novità principale del provvedimento che, sostituisce, la pena detentiva con una sanzione pecuniaria fino a 10mila euro.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della sua falsità, la multa va dai 10 ai 50mila euro.
La rettifica, se conforme a quanto prevede il testo, sarà valutata dal giudice come causa di non punibilità sia per il direttore responsabile sia per l'autore dell'offesa.
L'interdizione da uno a sei mesi dalla professione, con un emendamento approvato oggi in Aula, è prevista solo nei casi di recidiva reiterata.

 Il direttore o il responsabile deve pubblicare la rettifica gratuitamente, entro due giorni dalla ricezione della richiesta, senza risposta, senza commento e senza titolo e menzionando titolo, data e autore dell'articolo da rettificare.

L'obbligo di rettifica vale per quotidiani, periodici, agenzie di stampa, nonché nelle testate giornalistiche online, che invieranno la rettifica agli utenti che hanno avuto accesso alla notizia cui si riferiscono.

La rettifica non va pubblicata se hanno contenuto suscettibile di incriminazione penale o se sono documentalmente false.

Fermo restando la rettifica l'interessato può far valere il diritto all'oblio ai siti internet e ai motori di ricerca l'eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione della legge. In caso di rifiuto lo stesso può chiedere al giudice di ordinare la rimozione.

Tra gli emendamenti approvati oggi anche quello che scoraggia le querele temerarie.

La modifica, a firma di Felice Casson e sul quale la relatrice Rosanna Filippin (Pd) ha chiesto e ottenuto una riformulazione prevede che, su richiesta del convenuto, il giudice, con la sentenza di rigetto, possa condannare al pagamento di una somma (non specificata) in via equitativa chi ha agito in sede di giudizio in malafede o con colpa grave.

Ugualmente, il giudice può condannare ad un risarcimento 'equitativo' il querelante, se risulta la temerarietà della querela.

Fuori dei casi di concorso con l'autore del servizio, il direttore o il suo vice non rispondono più "a titolo di colpa" a meno che il delitto non sia conseguente alla violazione dei doveri di vigilanza della pubblicazione.

La pena è in ogni caso ridotta di un terzo mentre è esclusa la pena accessoria dell'interdizione dalla professione.

 


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore