Disperati e senza documenti occupano alcune case inagibili aquilane

Clandestini e extracomunitari invadono le abitazioni pericolanti

18 Ottobre 2013   10:55  

L’Aquila non è più la stessa. Ce lo dobbiamo mettere in testa che dal 6 aprile tante cose sono cambiate e forse non saranno più come prima.

Ad oggi gli aquilani sono così dislocati: circa 12.000 nel progetto C.A.S.E., 2.491 nei MAP, 463 negli appartamenti del Fondo immobiliare, 363 in case in affitto concordato e 5.513 percepiscono il contributo di autonoma sistemazione.

E le case inagibili di proprietà?

Presto detto, sono ancora in balia delle decisioni dell’amministrazione comunale, sul portale istituzionale è possibile vedere che per le abitazioni non principali (le cosiddette seconde case) vengono erogati finanziamenti per la riparazione. Il sindaco ribadisce sempre che non ci sono soldi, ma le abitazioni principali dovrebbero essere una priorità perché così si danneggia chi ha solo una casa e continua a sperare che prima o poi sia il suo turno.

 

Nel frattempo chi vive altrove ha anche un’altra speranza che la sua abitazione rimanga intatta.

Ci sono aquilani che hanno lasciato mobili, abiti, effetti personali e quando tornano dovrebbero/vorrebbero trovare tutto al proprio posto. Invece non è così.

Soprattutto su Facebook spesso si leggono post in cui si legge che i ladri hanno fatto visita oppure che qualcuno dorme nelle abitazioni inagibili.

Girando per la città, effettivamente, si incontrano facce nuove, spesso in strade adiacenti alla zona rossa, quindi sorge spontaneo chiedersi: “Dove vivono queste persone? E soprattutto di cosa vivono?”.

L’Aquila è una città che dovrebbe dare tantissimo lavoro nell’edilizia, invece una recente indagine del CRESA rileva un peggioramento nel settore costruzioni, sottolineando una diminuzione della manodopera straniera.

Se gli immigrati restano in città e non sono alle dipendenze di nessuno, devono pur dimorare da qualche parte e presumibilmente lo fanno nelle abitazioni inagibili.

I proprietari sono ormai scettici, non ricevono risposte e rassicurazioni da nessuno: né amministratori né forze dell’ordine.

Mentre sto dando uno sguardo in Via Di Vincenzo incontro i proprietari, ogni giorno vengono a controllare se ci sono nuovi danni e mi fanno accedere al condominio per prendere visione della situazione.

Mi confessano che hanno paura di entrare in casa loro: portoni d’ingresso divelti, porte blindate e non sfondate, molti appartamenti sono stati saccheggiati (sono stati portati via termosifoni, sanitari) ci sono giacigli, resti di cibo, bottiglie di acqua, pacchetti di sigarette, c’è anche un cartello di uno straniero disperato che cerca lavoro.

 

Pina, che abita da vent’anni in questa zona, con molta rabbia si chiede: “Dopo il terremoto non c’è stato nessun controllo sull’arrivo in città di persone non residenti, ora nessuno ci ascolta. I nostri diritti vengono ignorati, le case non vengono riparate e non viene garantita sicurezza, da soli come possiamo far fronte a questo fenomeno?”

Samanta Di Persio


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