E l'ambasciatore Usa chiede la testa di Guido Bertolaso

27 Gennaio 2010   13:43  

Su Repubblica, nell'articolo di Vincenzo Nigro,  importanti sviluppi in merito alle esternazioni haitiane di Guido Betolaso, che ha fatto arabbiare non poco gli Stati Uniti.

E l'ambasciatore Usa telefonò a Letta per chiedere la testa di Bertolaso


"Il caso Bertolaso? È un ex caso, ormai è tutto chiuso". Sono le 13, il ministro degli Esteri Franco Frattini sta per mettersi a tavola a Strasburgo con gli inviati italiani al Consiglio d'Europa. Ma non è così, e Frattini lo sa: in quel momento la crisi diplomatica esplosa dopo le critiche di Bertolaso agli Usa per Haiti è ancora apertissima. Questo perché alle 13 gli americani non hanno ancora ricevuto una risposta chiara alle loro richieste: lunedì pomeriggio l'ambasciatore David Thorne in una difficile telefonata con il sottosegretario Gianni Letta era arrivato a chiedere la possibile sostituzione del capo della Protezione civile, reo di aver messo in difficoltà l'amministrazione Obama. Gli americani avevano notato che lo stesso Silvio Berlusconi, proprio all'Aquila, aveva condiviso il giudizio di Bertolaso sul caos negli aiuti ad Haiti. Quel tipo di critiche, la sfida di Bertolaso, erano un attacco di cui il sottosegretario (assieme a buona parte del governo) non aveva percepito fino in fondo la potenzialità dirompente per Obama. Per cui pochi avevano previsto che le scuse di Frattini, presentate lunedì mattina direttamente al Segretario di Stato, non sarebbero state sufficienti. Tra l'altro Bertolaso con le dichiarazioni ripetute lunedì sera aggravava la sua posizione ("non ce l'avevo con gli Usa ma con l'Onu") riaprendo pericolosamente il fronte di crisi con l'Onu.

E ieri mattina dall'ambasciata Usa è arrivata la conferma che Washington non era contenta, che in giornata avrebbe riparlato Hillary Clinton in persona, "e il suo discorso sarà rivolto proprio a voi italiani". Le dimissioni di Bertolaso sarebbero state una possibilità. Da Strasburgo Frattini parla al telefono Palazzo Chigi, poi direttamente con l'ambasciatore Thorne, che a sua volta riparla con Gianni Letta.

Secondo una fonte del governo, Bertolaso ieri pomeriggio sarebbe stato pronto alle dimissioni. Berlusconi in una telefonata trasmette il suo sdegno, ma non vuole sostituzioni nel governo, non vuole rinunciare alla capacità tecnica del sottosegretario in un momento in cui le emergenze italiane non sono affatto risolte. Alla Farnesina fanno anche un altro ragionamento: sacrificare Bertolaso sull'altare di una richiesta Usa avrebbe dato un pauroso segnale di sudditanza italiana.

Ecco che proprio mentre le agenzie da Washington iniziano a trasmettere le prime parole di Hillary Clinton ("ferita dalle critiche"), un comunicato di Berlusconi per la prima volta censura il comportamento del sottosegretario. Una fonte del ministero degli Esteri sostiene che "noi crediamo che a questo punto la crisi sia chiusa, a meno che Washington non voglia creare un serio problema a un governo alleato, che ha già smentito le parole di un suo sottosegretario".

Parallelamente però Gianni Letta segue anche la crisi con le Nazioni Unite: da due giorni l'ambasciata italiana ha segnalato che l'ufficio di Ban Ki-Moon protesta per le accuse di Bertolaso. Anche il segretario dell'Onu si aspetta di vedere una smentita forte delle parole del sottosegretario. Non appena il comunicato di Berlusconi è pubblico, al Palazzo di vetro i diplomatici italiani lo passano agli uffici del segretario generale. Martin Nersirky, il nuovo portavoce Onu, spiega che per loro il caso è chiuso: "Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha chiarito qual è la posizione sulle operazioni di soccorso ad Haiti", le Nazioni Unite "non vedono il bisogno di commentare le dichiarazioni di Guido Bertolaso".

Tutto finito? Prevedibilmente si. Con due risultati: un potente indebolimento del sottosegretario alla Protezione civile. Ma anche un disastroso inciampo per le relazioni del governo Berlusconi con l'amministrazione Obama, un rapporto che solo a dicembre era decollato positivamente con i 1.000 soldati che Berlusconi aveva offerto per l'Afghanistan, la "guerra di Obama". Il problema è che anche Haiti è una "guerra di Obama". Anzi, una guerra buona, per salvare vite umane e ricostruire un paese.


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