E' uscito Il Cratere. Intervista al professor Colapietra

03 Settembre 2009   12:50  

E' in distribuzione a L'Aquila il numero zero de Il Cratere, un periodico cicolostilato che vuole essere la voce dei comitati aquilani, in particolare del comitato 3e32.
E' una buona notizia per tutti, una raccomadabile lettura anche per chi non condivide le loro posizioni fortemente critiche sui processi di ricostruzione. L'Aquila ha bisogno infatti di dialettica, di giovani che prendono posizione, di partecipazione,  le gerontocrazie locali da sole non ce la possono fare a pensare e materializzare una nuova città, sono troppo impastoiate da schemi mentali anche ottocenteschi, e da interessi di vario genere. Ben venga allora lo scontro anche duro tra le idee in merito alle scelte che nei prossimi mesi andranno fatte per far rinascere la città. Tacere è un pò morire, come pure delegare completamente agli altri il proprio futuro. Occorre metterci la faccia se si ha qualcosa da dire, proporre o denunciare. il resto è noia, indifferenza e in certi casi anche meschinità.
Il Cratere può essere consultato o scaricato su www.scribd.com

Tra le altre cose, esso contiene un'interessante intervista al professor Raffalele Colapietra, che proponiamo anche su abruzzo24ore.tv.

Conversazione con il prof. Raffaele Colapietra
‘’lL PROBLEMA DELL'AQUILA E' IL SUO SPOPOLAMENTO''

A distanza di quasi 5 mesi potrebbe farci una prima analisi da storico degli eventi legati al terremoto del 6 Aprile?

“L'analisi della storia del terremoto può essere divisa in 4 fasi: prologo, evento, conseguenze immediate e prospettive future. Nel prologo direi di dover sottolineare fortemente le responsabilità delle strutture che erano al controllo della situazione e che hanno dato assicurazione e garanzie rivelatesi poi infondate. È un discorso di responsabilità scientifica e civile perché indubbiamente, al di là dell'aspetto dei morti, è proprio la struttura della città che si sarebbe potuto, quanto meno, mettere in condizione d'allarme in maniera molto più sistematica ed efficiente di come è avvenuto. Le sollecitazioni da parte delle istituzioni locali ci sono state, il risultato è stato però praticamente inesistente. Questo aspetto di prevenzione evidenzia le mancanze da parte delle autorità tra le quali in prima linea si trova proprio il sottosegretario Bertolaso.

La stessa persona che ha le principali responsabilità in un senso, poi è il principale responsabile della gestione del dopo terremoto. Questo mi sembra piuttosto incongruo e dovrà essere accertato con molta severità, per le vittime in primo luogo, ma subito dopo per la situazione generale della città. L'evento è un grave episodio della cronaca italiana dell'anno 2009, non un evento mondiale, è un grave episodio a cui l'Italia aveva il dovere di reagire ed era pienamente in grado, mobilitando le sue forze che sono proprie di una grande nazione civile.

Quindi tutto quello che è proiezione europea e mondiale di L'Aquila, per la modestia della città e tutto sommato per la relativa modestia dell'evento stesso, è un'invenzione demagogica e pubblicitaria di Silvio Berlusconi. Il risultato unico senza precedenti, neppure nei terremoti recenti, è stato l'abbandono della città avvenuto nello spazio di poche ore, determinando una situazione particolarissima, cioè una città non vissuta dai suoi cittadini, ma divenuta all'improvviso come un corpo morto messo a disposizione dell'autorità tutoria. La quale ne ha fatto quel che ne ha voluto.

Ora, alla popolazione, la quale in sostanza cercava rifugio, non è stato mai suggerito di cercare di non abbandonare le case quando queste fossero in condizioni di poter essere abitate, cosa possibile in migliaia di casi e confermati poi dal censimento delle abitazioni stesse, che in migliaia erano in grado di poter essere ancora abitate. Si è operato su questo corpo morto nelle forme che abbiamo visto, che portano alla prospettiva futura della distruzione della città e alla rinascita dei castelli.

Torniamo a una situazione medioevale in cui attorno ad Aquila vediamo Bagno, Roio, Camarda, Assergi, cioè località che si trovano a 7/8/15/20 chilometri dal vecchio centro storico, cioè a L'Aquila del 200, di Federico II, che non avrà come tale nessuna funzione. Questo perché, come dichiarato da Luciano Marchetti, il centro prima di dieci anni non verrà ricostruito. Quindi non avrà nemmeno una funzione rappresentativa, artistica o monumentale e questi 19 centri avranno una loro vita modesta, autonoma di paesetti di qualche migliaio di abitanti, provvisti, speriamo, delle strutture elementari e dei servizi indispensabili e che poi vivranno di per sé e si raccorderanno tra di loro non si sa in che maniera.

Non avviene come in Inghilterra nel primo '800 in cui attorno a un centro, Manchester, nascono le New Town, le città satelliti e industriali. Nell'ottica attuale, invece, la città praticamente è distrutta e non ha alcuna funzione direttiva, sia nella regione che nel territorio, in quanto i nuovi centri hanno una vita autonoma con rapporti reciproci occasionali e non costanti. Un centro direzionale che prendesse il posto del centro storico, localizzabile anche nell'immediata periferia, Santa Barbara, la caserma Pasquali, Piazza D'Armi, era già una necessità prima del terremoto. A maggior ragione sarebbe dovuto e potuto avvenire adesso: mi pare che questo non sia nella mente di nessuno e quindi la situazione è quella che vediamo e che vedremo nei prossimi anni.”

Per concludere qual è il dubbio che si sente di alzare?

“Il fenomeno che rende radicalissimo e gravissimo tutto il problema di Aquila è lo spopolamento della città. Si è verificato non solo in maniera massiccia ma direi addirittura plebiscitaria, unanime. Insomma, la città è scomparsa e questo fa si che non ci sia una dialettica tra la popolazione e lo Stato. Non si è verificato nei vari terremoti, non si era verificato nella Marsica del 1915, non si è verificato durante la guerra.

Quindi c'è questa assenza totale della popolazione, mancanza di senso civico, di comunitarismo, di attaccamento anche proprio istintivo. Io posso parlare di me stesso, faccio la parte o del pazzo o dell'incosciente o dell'eroe.

Non sono niente di tutto ciò, sono attaccato alla mia casa, ai miei libri e ai miei gatti. Quindi per non allontanarmi di qui e non avendo motivo per farlo, perché la casa era intatta sono restato, ma può essere che su 75000 abitanti solo io mi sono trovato in queste condizioni? Io pongo il quesito, chi è in grado di rispondermi?”.

FT


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