Fontecchio,cenni storici e turistici

04 Luglio 2012   10:02  

Fontecchio, a 695 m. s.l.m., adagiato sulla sponda sinistra del fiume Aterno è di chiara origine medioevale, come testimonia la struttura urbana e la cinta muraria. Il paese affonda le sue radici in epoche molto lontane.
Le prime tracce d’insediamento risalgono all ’epoca degli italici, forse ai Vestini, che insieme con altri popoli opposero resistenza ai Romani.
A testimonianza di ciò sono stati ritrovati numerosi reperti archeologici (tombe, mura) in località “il castellone ”. Le tracce della civiltà romana sono ancora più identificabili. Troviamo, oltre a pietre con iscrizioni e cippi, un tempio dedicato a Giove, sulle cui rovine più tardi fu edificata la chiesa di Santa Maria della Vittoria. Le vere origini di Fontecchio risalgono all’epoca delle invasioni barbariche, quando le popolazioni, spaventate dalle continue incursioni, si rifugiavano in zone più riparate e quindi crearono dei “castrum”.
Partecipò nel 1254 alla fondazione dell’Aquila.
Nella storia di Fontecchio l’episodio più importante è senz’altro la guerra del 1423, in cui Braccio da Montone detto Fortebraccio assediò, oltre alla città dell’Aquila, anche i castelli del suo contado tra cui Fontecchio che fece resistenza per cinquanta giorni e mise a dura prova le sue truppe .
Tappa obbligata per chi arriva a Fontecchio è la piazza del Popolo, su cui s’affaccia la chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria della Pace. Più in basso, in un angolo appartato, troviamo la fontana trecentesca di scuola “viterbese” accessibile scendendo una breve scalinata, simbolo stesso del paese, opera del sec. XIV, di cui non si conosce l’autore.
È senz’altro la cosa più bella che possieda Fontecchio: si compone di un bacino a forma poligonale con quattordici facce alternate a colonnine semicilindriche con base a capitello; nel mezzo della vasca s’innalza un fusto cilindrico su cui poggia una coppa quasi emisferica, adorna di foglie d’acanto e quattro mascheroni che soffiano acqua dalle loro bocche.
La fontana è inquadrata tra due pareti su cui spicca un fontanile sormontato da un’arcata e una nicchia nel cui interno troviamo un affresco detto “Madonna dell’uccellino”.
Dalla piazza, addentrandoci nel borgo medioevale, scopriamo gli angoli più caratteristici come porta castello, punto d’ingresso del paese, e poco distante la Porta dei Santi, sovrastata dalla torre dell’orologio, in cui è conservato un orologio tra i più antichi d’Italia (segna ancora le ore all’italiana), i cui ingranaggi ogni sera scandiscono cinquanta rintocchi a ricordare il lontano assedio del 1423 che durò appunto cinquanta giorni e vide il paese ridotto allo stremo delle forze. Proseguendo il nostro itinerario e raggiungendo la parte alta del paese, troviamo i ruderi della chiesa di S. Nicola e, addentrandoci per le viuzze che s’intersecano tra di loro, possiamo ammirare ancora le case bottega medioevali con i tipici ingressi ancora perfettamente conservati.
Caratteristica principale di Fontecchio sono gli archi, strutture ricorrenti che vanno a formare dei porticati tra le case e la cinta muraria, provviste di torrette d’avvistamento con piombatoi.
Discendendo verso Porta dell’Orso, si arriva a palazzo Corvi, uno dei palazzi signorili più importanti della vallata, che vede il sovrapporsi di strutture cinquecentesche a quelle medioevali.
Proseguendo per un viottolo ci dirigiamo verso il fondovalle detto “via dell’Aquila” dove è possibile ritrovare tracce della concia delle pelli, una delle attività preminenti della vita medioevale di Fontecchio, particolarmente rilevabili dalle vasche in pietra, in cui venivano immerse le pelli.
Risalendo per il viottolo torniamo a piazza del popolo, punto di partenza del nostro giro all’interno di Fontecchio.
Poco distante dal centro abitato ammiriamo l’antica chiesa di S. Francesco con l’attiguo convento anticamente adibito ad ospedale e ricovero dei poveri. Le origini risalgono ad epoca anteriore al 1138.
La chiesa, di stile lombardo dedicata a S. Agnese, è ad una sola navata del tipo monastico, ma sono evidenti le modifiche subite nel corso dei secoli. Il portale è ad arco semicircolare con colonnine girate ad elica, datato fine sec. XVI, di scuola aquilana, sormontato dallo spazio circolare di un rosone che adesso non c’è più. Molto suggestivo è il chiostro provvisto di alcuni portici a sesto acuto e due ali del loggiato superiore, le cui colonnine a fascio e isolate, con capitelli, sostengono le travature del tetto. Nel corso dei secoli il convento ha subito una serie d’utilizzazioni diverse. Ora è adibito a centro studi per attività congressuali, soggiorni - studio, seminari.
Nella vicina frazione di S. Pio (si dice abbia dato i natali a Ponzio Pilato) sorge l’antico convento di S. Maria a Graiano, appartenente all ’ordine dei Benedettini. Sul suo lato sinistro si possono ammirare cinque contrafforti intervallati a tre finestre murate. L’interno è ad un’unica navata, e l’altare maggiore è sormontato da una cupola, mentre nel refettorio si possono ammirare affreschi raffiguranti il cenacolo.
In seguito ad interventi di restauro sono state recuperate due opere di notevole importanza: la prima è un dipinto a tempera risalente alla metà del 1200 rappresentante la Madonna col Bambino, la seconda è una statua lignea della seconda metà del 1400, opera di un artista abruzzese. Entrambe le opere sono conservate nel museo nazionale d’Abruzzo a L’Aquila.
Sulla strada che porta alla stazione troviamo i ruderi della chiesa di S. Maria della Vittoria, edificata sui resti di un antico tempio pagano dedicato a Giove. Sono visibili grandi blocchi in pietra con incisioni latine, resti di capitelli e blocchi lavorati. La pianta è ad una sola navata con una cappella laterale. A sinistra troviamo le tracce della sagrestia.
La media valle dell’Aterno è l’unico tratto della conca aquilana in cui il fiume scorre tra i versanti montuosi assumenti l’aspetto di una gola. Tutto questo ha causato l’instaurarsi di villaggi temporanei chiamati “pagliare”, caratteristici dei comuni di Fontecchio, Tione e Fagnano.
L’origine delle pagliare è da ricollegare al fatto che gli abitanti per coltivare dei terreni erano costretti a sfruttare le superfici sovrastanti ai loro paesi e, data la lontananza, costruivano dei ricoveri che a poco a poco si trasformarono in vere e proprie case. Fu così che le pagliare venivano abitate solo stagionalmente, da maggio ad ottobre. Le costruzioni sono simili, hanno in genere pianta rettangolare o quadrata e constano di due locali, uno superiore usato come abitazione e uno inferiore adibito a stalla. Le mura sono di pietra mentre il tetto è in legno con tegole formate da sassi. Le pagliare sono un valido esempio della cultura pastorale e contadina dell’Abruzzo aquilano.


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