Franco Mandarino: "La mia squalifica è ingiusta e vi spiego perché."

02 Gennaio 2013   17:26  

Franco Mandarino, squalificato spiega le sue ragioni e il suo punto di vista 

"È il giorno di Capodanno ma per i ragazzi del Pescara è un ordinario giorno d'allenamento e come sempre a guidare la truppa nel riscaldamento c'è Franco Mandarino, il preparatore atletico. Ha superato i cinquanta ma non li dimostra, è un signore con i capelli brizzolati dal fisico asciutto e dai modi cortesi. Con un sorriso gentile, infligge ai vari Dudù Morgado, Schurtz e Fornari le peggiori torture fisiche, sino al punto che i gradoni di Zeman, ben famosi qui in riva all'Adriatico, sembrano al confronto metodiche d'allenamento per giovani reclute al primo giorno d'addestramento. Ha un curriculum che non teme confronti, dopo essersi diplomato nell'89 all'Isef di Milano e aver seguito il Master di Coverciano per preparatori atletici professionisti, ha lavorato per otto anni nell'Atalanta di Mondonico e Prandelli. A seguire due anni a Lecce, prima ancora con Prandelli e poi con Sonetti, un anno a Lugano con Sonzogni, una parentesi a Lecco e un'altro campionato a Ferrara con la gloriosa Spal. In seguito per ragioni familiari, deciso a smettere di peregrinare per l'Italia, si accasa a Montesilvano, dove resta per cinque lunghi anni. Giannini, il principe, lo convince a tornare a calcare i prati verdi del calcio a 11, prima a Gallipoli, appena promossa in B e poi a Verona. Ma il richiamo per i propri cari, residenti a Pescara, è troppo forte e dallo scorso anno torna al calcio a 5, alla corte di mister Mario Patriarca, diventando così il preparatore del Pescara calcio a 5.

Franco non è uno che ami molto parlare e da buon lombardo è un pragmatico che antepone i fatti alle parole. Questa volta però, dopo gli accadimenti incresciosi di Montesilvano, è un fiume in piena. "Non sono uno che ama protestare e solo una volta sono stato allontanato dal terreno di gioco. In quell'occasione accettai la decisione, ammettendo subito la mia colpa, scusandomi con l'arbitro. Ma questa volta mi sono sentito preso in giro e ingiustamente penalizzato dall'arbitro Novellino, che non ho offeso in alcun modo. Alla convalida del secondo gol di Cuzzolino, che a mio avviso non poteva, per regolamento, ribattere in rete dopo aver colpito il palo su tiro libero, mi sono limitato a chiedere al direttore di gara il motivo della convalida. Ho semplicemente chiesto - Mi spiega perché sta convalidando un gol irregolare? - e per tutta risposta sono stato espulso. A questo punto, preso dallo stupore, nella confusione generale di quel momento gli ho ribadito - Riesce a capire quello che le sto dicendo? Ha compreso il senso delle mie parole? - e a questo punto il signor Novellino, alterato e fuori di sė fino all'inverosimile, ha ribadito la mia espulsione, con un'aggressività gestuale e una violenza verbale mai conosciute nella mia lunga ed onorata carriera. In ragione di ciò ho avuto il riflesso di cautelarmi, rivolgendomi a lui nell'intenzione di calmarlo e ricondurlo ad una discussione civile. Per questo gli ho detto di rimando - Io esco ma lei stia sereno, per cortesia stia calmo -. Ora, non voglio mettermi in petto tutte le medaglie vinte in carriera, ma sono uno che è andato in panchina a San Siro contro Inter e Milan. Non sono un ragazzino di primo pelo e forse a differenza del signor Novellino ho qualche credito da spendere. Credo di onorare il movimento italiano del calcio a cinque, portando a corredo una professionalità, che è stata sempre riconosciuta e apprezzata ovunque io sia stato. Non mi va, però, di essere preso per il naso da un signor nessuno, che a referto produce un falso, valutando il mio comportamento come offensivo e causando così la mia squalifica fino al 16 di gennaio. Voglio ribadire che il mio non è uno sfogo, queste mie dichiarazioni vogliono solo essere a difesa della mia onorabilità. Sfido chiunque e in qualsiasi sede a sostenere il contrario di quello che affermo". Qualcuno raccoglierà questa sfida? Avrà modo di spiegare e giustificare i suoi comportamenti? Temiamo di no, perché l'esperienza ci porta ad essere pessimisti ma la speranza, come sostiene S.Paolo, "è un'attesa perseverante" e per questo ci attendiamo che prima o poi la classe arbitrale possa finalmente aprirsi ad una serena dialettica del confronto. Non sarà mai troppo tardi! 


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