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Siamo gli unici a vivere solo di fondi istituzionali. Abbiamo un personale obiettivamente sovradimensionato rispetto alle risorse, con un bilancio sempre in sofferenza. Questo richiederà uno sforzo di ottimizzazione che scontenterà qualcuno. Dobbiamo assumere una veste nuova: un “incubatore di impresa culturale” nel quale far convergere gli sforzi di tutto l’Abruzzo.
Queste le parole che non avrebbe mai detto all'AGICA Ezio Rainaldi neo Presidente TSA, imposto dall'azionista di maggioranza del Teatro Stabile Abruzzese, la Regione Abruzzo, e mal digerito, non nella persona, ma nelle modalità di attribuzione dal comune dell'Aquila che parlò di sgarbo istituzionale.
Infatti dopo poco più di tre ore arriva la smentita da parte della stessa AGICA:
PREGHIAMO le gentili redazioni di non tenere in alcun conto l'incipit del comunicato a tutti pervenuto a presentazione dell'intervista a rainaldi quale presidente tsa. il contenuto non ha la paternità dell'intervistato che, anzi, lo disconosce.
Il Teatro e’ un bisogno collettivo e lo Stabile d’Abruzzo una risorsa del territorio
Il programma del neo-presidente, Ezio Rainaldi
La nomina alla presidenza del TSA di Ezio Rainaldi – ingegnere, 45 anni, sposato e padre di 3 figli, già Presidente de L’Uovo, consigliere di Confindustria, socio della Fondazione Carispaq - è stata ufficializzata lo scorso 19 ottobre. IL 22 ottobre u.s. il nuovo presidente è intervenuto alla conferenza stampa di presentazione della Stagione.
“Ero emozionato, lo confesso. Perché questo incarico mi inorgoglisce. So cosa è stato il TSA, prima aquilano e poi abruzzese. Conosco l’importanza che ha avuto nella storia del teatro del nostro paese, il contributo che ha saputo dare al dibattito culturale nei suoi anni migliori. Certo, la realtà odierna è ben diversa. L’istituzione è stata fiaccata dalle difficoltà finanziarie, ha attraversato una dura fase di risanamento dei suoi bilanci e infine è stata colpita da una calamità che nessuno poteva prevedere, il sisma, che ha disperso la comunità e reso inagibile il teatro Comunale, sede storica dello Stabile. Tutto questo, peraltro, nel vortice della crisi generale che sta attanagliando l’Italia. Sono perfettamente conscio delle difficoltà che abbiamo davanti. Nello stesso tempo, però, vedo degli spiragli di luce, piccole fiammelle di ottimismo che mi fanno aderire al progetto con la passione che merita. Penso all’affetto con cui la città attende gli spettacoli, al fervore con cui i dipendenti difendono il loro lavoro, alla sensibilità che il paese intero ha mostrato verso questo teatro ferito, alla generosità con cui ci hanno seguito, al successo delle nostre produzioni, all’impegno con cui Alessandro Preziosi ne ha accolto la direzione artistica. Il TSA è una presenza importante per il territorio e sono convinto che la cultura, e il teatro in particolare, sono fondamentali per il benessere dei cittadini. Particolarmente per una comunità ferita come è la nostra. Che ha bisogno di ricostruire se stessa e la propria identità”.
C’è stata qualche polemica sul suo nome. Erano diversi anni che su quella poltrona sedevano politici e amministratori pubblici.
Ho ricevuto l’incarico dal Governatore Chiodi dopo che per un lungo periodo l’ente era stato sostanzialmente “commissariato” dalla politica. L’ultimo presidente è stato l’assessore regionale De Fanis. In questo senso sicuramente la nomina di un imprenditore rappresenta un cambio di indirizzo e nel contempo una precisa indicazione. Si cerca, pur nell’ottica di proseguire l’opera di risanamento, di riportare l’ente a una condizione di normale amministrazione. Per me è un riconoscimento importante e una responsabilità. Che accetto con gratificazione ma anche con spirito di servizio, sapendo che non ho un compito facile. Ci sono grandi difficoltà economiche, problemi con un personale che è obiettivamente sovradimensionato rispetto alle risorse, un bilancio che soffre la cronica mancanza di contributi pubblici e privati diversi da quelli istituzionali. Mi riferisco ovviamente al fatto che credo siamo i soli, insieme al Biondo di Palermo, ad essere finanziati soltanto dallo Stato, e noi specificamente dagli enti locali, la Regione su tutti. Un elemento che ha condizionato pesantemente le scelte fatte e che ora bisogna riequilibrare con un piano di lungo periodo.
Quale è il suo progetto?
Un approccio che sappia coniugare l’attenzione ai conti e all’occupazione con la necessità di ridare slancio e respiro all’attività teatrale. Perché se la comunità investe le sue risorse nell’ente, ha diritto ad averne un ritorno. Dobbiamo razionalizzare l’uso delle risorse, sempre più scarse, e però sviluppare l’attività culturale. Questo richiederà uno sforzo di ottimizzazione che scontenterà qualcuno ma è indispensabile per il bene comune della collettività. Bisogna fare un salto di qualità anche nell' organizzazione, ripensando la struttura, cercando sinergie con tutte le istituzioni culturali del territorio e promuovendo una maggiore premialità all’interno dell’ente. Intendo proseguire l'opera di risanamento, senza perdere di vista il prestigio e la rilevanza nazionale dello Stabile abruzzese. Credo che l’indipendenza della politica sia importante e che altrettanto vitale sarà l’innesto di principi meritocratici all’interno della struttura. Ci sono purtroppo vecchie – cattive -abitudini da sradicare.
Si sente attitudini da rottamatore?
Non si tratta di rottamare, ma di far entrare aria nuova in un’istituzione che con gli anni ha visto sclerotizzarsi meccanismi di gestione non sempre efficaci. Questo non significa che dobbiamo liberarci della vecchia guardia, tout court. Anzi, è importante salvaguardare e mantenere all’interno dell’ente le personalità che col TSA hanno vissuto le stagioni migliori. Dobbiamo valorizzare le loro capacità e tenerci stretta la loro competenza, che è un patrimonio prezioso. Però abbiamo anche bisogno di adeguarci ai tempi, modernizzare la gestione, alleggerire l’organizzazione, mettere in campo risorse e idee nuove. Abbiamo un territorio regionale molto vivace culturalmente e ci sono realtà che meritano di essere valorizzate. Lo sforzo deve essere quello di portare in questo campo il meglio della cultura imprenditoriale. Penso all’attitudine a fare rete, a creare sinergie, a vivere la dimensione provinciale o regionale in termini di cooperazione anziché di concorrenza. Lo Stabile - come la Barattelli o l’Istituzione Sinfonica - deve essere una chioccia per le istituzioni minori, una sorta di “incubatore di impresa culturale”. Dobbiamo rovesciare la prospettiva di un TSA che assorbe risorse pubbliche sottraendole al territorio, dimostrando che in realtà un TSA forte e autorevole può attrarre investimenti culturali e offrire professionalità e competenze vitali per aiutare le imprese minori ad accedere a servizi che altrimenti non potrebbero permettersi. In una relazione biunivoca. Uno Stabile autorevole e solido non è solo una risorsa per L’Aquila e i suoi cittadini, ma un biglietto da visita e un serbatoio di risorse per l’intera regione.
Il Teatro Comunale dell’Aquila, a 3 anni dal sisma, è ancora inagibile. Quanto può sopravvivere uno Stabile senza una sede adeguata?
Lei tocca un nervo scoperto. Il TSA ha bisogno di tornare alla sua sede. Gli aquilani hanno bisogno di tornare nel loro teatro. Il Ridotto è stato prezioso, come pure la scuola della Guardia di Finanza, ma è chiaro che il Teatro Comunale, coi suoi 600 posti e la memoria storica che rappresenta per la città, è un’altra cosa. Si parla di 30 mesi necessari per il recupero, per cui ritengo ragionevole sperare che entro i prossimi 3 anni al massimo dovremmo poter rientrare in sede. Credo che sarà un elemento cruciale per lo Stabile ma anche per la popolazione. Allo stesso tempo, però, voglio dare la giusta rilevanza a quello che di “buono” questa tragedia ci ha portato, se mi lascia passare un termine certamente inadeguato, ma che uso intenzionalmente per spingere noi tutti a guardare avanti. Mi riferisco al fatto che le difficoltà post- sisma ci hanno spinto a guardarci intorno e fare di necessità virtù. Così, è accaduto che alcuni angoli del centro storico sono stati scelti per ambientare le rappresentazioni e gli incontri organizzati nell’ambito de “I cantieri dell’immaginario”. Come si faceva una volta, in quella che ormai consideriamo la nostra prima vita, quando c’era la passeggiata musicale… Questa scelta, ripetuta oggi, è stata una scelta simbolica, pregnante, molto intelligente. Che secondo me ci invita a guardare al centro storico, e ad altri spazi che eventualmente si identificheranno, come possibili scenari di altre messe in scena teatrali – sia nel solco della tradizione che nella direzione di nuove sperimentazioni. Penso al TSA dei prossimi anni come uno spazio a vocazione pubblica, aperto alla ricerca, all’innovazione, a un uso flessibile delle proprie potenzialità, impegnato nelle attività di formazione e sperimentazione, che promuova la conoscenza e lo sviluppo della drammaturgia soprattutto nelle sue declinazioni più moderne, dando ascolto e visibilità agli autori contemporanei – come precipuo dovere di uno Stabile. Vorrei rivedere L’Aquila al centro di un movimento culturale che valorizzi i talenti del territorio e ne attiri di nuovi. Come è nella tradizione e nelle potenzialità di questa città e di questo Stabile.
Lei approda alla presidenza del TSA dopo quasi 16 anni nello stesso ruolo per il Teatro Stabile d’Innovazione de L’Uovo.
Sono stati anni molto importanti, in cui ho imparato tutto quello che so del settore. Ovviamente, il mio lavoro principale era e resta un altro. Sono un imprenditore, ho un’azienda da portare avanti. Però l’esperienza dell’Uovo ha rafforzato il mio amore per il teatro, che oggi considero una passione importante nella mia vita. Paolo Grassi diceva che il teatro è una necessità collettiva, un bisogno dei cittadini. Lo paragonava a un servizio pubblico, chiedendo a politici e amministratori di considerarlo alla stregua di una linea di metropolitana o dei vigili del Fuoco. Io sottoscrivo le sue parole. Con tutta l’umiltà di cui sono capace ma anche con l’orgoglio di chi fa il suo lavoro con serietà e spirito di servizio verso la comunità in cui vive.