Gianni Chiodi, ovvero il potere logora chi ce l'ha

15 Gennaio 2011   08:30  

 ''Il potere logora chi non c'è l'ha'', garantiva ai bei tempi della prima repubblica Giulio Andreotti. Eppure alla luce del sondaggio del Sole 24 ore, questa presunta regola sembra non valere per il presidente della regione Abruzzo Gianni Chiodi. Ultimo in classifica. insieme a la sardo Cappellacci e al molisano Iorio, e in preoccupante flessione di consenso.

Eppure Chiodi, volto nuovo e piacente della politica non solo abruzzese, indicato come sicuro protagonista dell'imminente svolta giovanilistica con cui Silvio Berlusconi intenderà svecchiare e rilanciare il suo partito, di potere e visibilità, ne ha goduto e ne gode a bizzeffe.

Protagonista anche lui nella ribalta tragica del post-terremoto. Al fianco di Obama e dei potenti della terra in occasione del g8 aquilano. Presidente e capitano coraggioso sul fronte delle tante emergenze abruzzesi. Per non parlare dei numerosissimi incarichi che ricopre, e che provocano l'ira e l'invidia degli oppositori (e anche dei colleghi di partito). Presidente della giunta, commissario alla ricostruzione, commissario alla sanità, presidente con deleghe all'ambiente e ai rifiuti, allorché sono caduti in disgrazia giudiziaria i rispettivi assessori titolari, non ancora sostituti. E cosi' via fino ad una ventina di deleghe ed incarichi.

Un presidente, Gianni Chiodi, che almeno formalmente ha in mano praticamente tutti i fili che muovono le scelte che contano della politica regionale. Una collocazione ideale per il politico, non sta lì certo a pettinare le bambole. La carriera e il potere dipendono dai flussi economici che è posibile gestire ed e orientare, o dare almeno l'impressione di poterlo fare, per trasformarli in voti e in relazioni con i gruppi di interessi che contano. Se certi spazi non li occupi tu, del resto lo farà il tutto avversario, perchè in politica vale il principio dell'orror vacui. 

Ma in certi frangenti, quando le cose vanno male, quando le casse languono, non si possono soddisfare tutti gli appetiti e le più o meno legittime aspettative, tale concentrazione di potere può diventare controproducente.

Nel caso di Chiodi insomma il potere logora eccome chi c'è l'ha. Lo ha tacitamente affermato anche il diretto interessato: ''Eravamo ben coscienti – ha commentato infatti Chiodi - dell'esito poco lusinghiero del sondaggio. Quando in Abruzzo abbiamo avviato la politica della responsabilità sapevamo che avremmo potuto cedere qualcosa in termini di consenso. La mia è una politica, diametralmente opposta a quella portata avanti nelle precedenti legislature, che non prevede un ritorno a breve del consenso.''

Un martire dei tempi della lesina e delle scelte impopolari, dunque? L'amara medicina che fa bene ma che viene sputata dai bambini disobbedienti?

In effetti la faccia su una riforma sanitaria lacrime e sangue ce l'ha dovuta mettere lui. Senza potersi avvalere di utili signor Malaussene, l'indimenticabile personaggio dei romanzi di Daniel Pennac, che per professione faceva il capro espiatorio. Il ruolo che ad esempio ricopre la diligente ministra Gelmini per conto di Giulio Tremonti, in ambito di riforma della scuola. O del ministro Sandro Bondi nei tagli alla cultura, sempre per conto di Giulio Tremonti.

La sanità: un settore dove girano un mare di soldi, e dove nuotano da anni scaltri e potentissimi pescecani, che non perdonano chi anche solo prova a sottrargli le prede che sono abituati a sbranare indisturbati. La sanità: dove il danno, ovvero un debito gigantesco, è responsabilità di chi coprendosi di gloria ed imperitura riconoscenza elettorale ha favorito il proliferare di piccoli ospedali inutili, ha moltiplicato i centri di spesa, ha favorito il formarsi di grumi di potere politico-affaristici. 

In territori che per di più sono oggi feudi anche dei politici che fanno parte della maggioranza che sostiene, sempre più rumoreggiando e nervosamente, il presidente. Recidere certi fili, per Chiodi potrebbe significare rimanere appeso nel vuoto.

E sembra che a Chiodi non sia servito mantenere un impegno preso solennemente davanti agli elettori: risanare il debito sanitario senza aumentare le tasse ai cittadini. Anche perché anche qui il presidente si è dovuto arrampicare sugli specchi. Certo, non ha aumentato l'irpef, ma è aumentata l'accisa sui carburanti. Che sempre di un balzello si tratta.

E stride anche la sua schietta constatazione che ''è finito il tempo delle vacche grasse'', agli orecchi di chi queste vacche grasse non le ha mai conosciute. E suona male il monito severo ''bisogna stringere tutti la cinghia'', quando poi l'impressione è che alla fine i sacrifici li devono fare sempre i soliti, mentre la classe politica, di cui in fondo anche Chiodi fa parte, contribuisce in parte minima, o comunque non proporzionale, con incoraggianti ma tutto sommato modesti tagli al ricco stipendio e ai privilegi annessi. Una classe politica che poi non ci pensa nemmeno ad abolire i vitalizi ovvero le ricche pensioni a cui hanno diritto i consiglieri regionali anche con solo quattro anni di lavoro, in un paese in cui un'intera generazione se va bene avrà una pensione da 300 euro al mese.

Non sembra più tanto funzionare neanche uno dei cavalli di battaglia del presidente Chiodi: la meritocrazia. Vagliela a spiegare infatti ai giovani senza lavoro, la meritocrazia, quando si trovano regolarmente scavalcati dai figli del notaio Tizio, dai parenti dell'assessore Caio, dal portaborse di dell'onorevole Sempronio. In una regione dove ci vuole la raccomandazione anche per fare lo spazzino, dove, oggi come sempre, quando c'è un concorso la prima cosa che un aspirante partecipante si chiede è: ''Ma per chi è stato fatto, chi è che deve vincerlo?''

La meritocrazia in una regione dove la casta degli alti funzionari della Regione addirittura si vede aumentare gli stipendi e si intasca i premi di produzione, per aver ottimamente gestito un ente sull'orlo della bancarotta e che spende buona parte del bilancio per auto-sostentarsi.

Per non parlare della riduzione degli enti strumentali. Sono passati tre anni dalle solenni promesse in campagne elettorale e gli enti sono sempre quelli, apparte qualche potatura e i commissariamenti che almeno fanno risparmiare un po' di soldi. Ma ancora scandalosamente troppi, superflui, ed inutili. Difficili da cancellare e accorpare perché feudi del sottobosco politico, di destra, centro e sinistra. Per tutti insostituibili poltronifici.

Davanti al desolate bilancio regionale scandito da tanti zeri, il presidente Chiodi aveva assicurato: ''Non impressionatevi, i soldi per gli investimenti, lo sviluppo e le grandi opere ce li darà l'Europa e il Cipe.''

Anche questa certezza però vacilla. Si chiede allarmata la Confindustria in questi giorni: '' A che punto è l’intesa da 6 miliardi tra governo e Regione Abruzzo, annunciata con grande enfasi nel maggio del 2009 e oggi quasi dimenticata? Dei ventidue progetti monitorati solo uno oggi è in fase di gara d’appalto: la variante città dell’Aquila sulla statale 17; costo 40 milioni, con finanziamento già pronto e progettazione definitiva. Una volta aggiudicati i lavori quest’opera può partire. Per le altre è nebbia fitta. Per alcune ci sono seri rischi di perdere i finanziamenti''.

E passiamo al Chiodi commissario alla ricostruzione. Anche nel proscenio del cratere sismico aquilano il nostro si è ritrovato nel ruolo più scomodo. Quando c'era da raccogliere gli onori e i meriti di una buona e tempestiva gestione della prima emergenza, quando c'era da baciare bambini, regalare dentiere, tagliare nastri a gogò, quando si seminavano a piene mani speranze e promesse, a calcare la scena erano Berlusconi e Bertolaso.

Quando il terremoto è entrato nella fase critica, dalla P.O.E.S.I.A. si è passati alla prosa amara delle delibere, delle ordinanze, dei bilanci con troppi zeri, delle oggettive difficoltà di una ricostruzione titanica e inedita, Berlusconi e Bertolaso sono spariti come cicale ai primi freddi e Chiodi si è ritrovato ad essere di fatto il principale responsabile di tutto quello che non va per il verso giusto.

Se Tremonti chiude il borsello, il tirchio è il commissario Chiodi. Se le macerie sono ancora un problema non risolto, la colpa è del commissario Chiodi. Se nel mille-proroghe non si è strappata una sospensione e riduzione delle tasse arretrate parificabile a quella decisa a seguito di tutti gli altri terremoti, a contare come il due di picche, per di più presso un governo amico, è il commissario Chiodi. Se il vice-commissario Cicchetti, l'unico aquilano nella stanza dei bottoni, è inviso a quasi tutti gli aquilani, è Chiodi che lo ha nominato. E questo in effetti se lo poteva evitare.

E l'invito costante all'ottimismo poteva funzionare a Berlusconi e Bertolaso, quando migliaia di aquilani erano sotto le tende senza più nulla. Citando Roberto Freak Antoni, era facile persuaderli che, toccato il fondo, non valeva la pena continuare a scavare.

Ora lo scenario è ben diverso. Vai un po' a strappare sorrisi e incitare all'entusiasmo ad esempio le centinaia di lavoratori della Finmek che si ritroveranno in mezzo ad una strada senza nemmeno più l'assegno della cassa integrazione, molti senza casa e in un età in cui trovare un altro lavoro è impossibile. Le migliaia di cittadini che ancora non sanno con certezza se dovranno restituire le tasse sospese a partire da giugno, e l'unica cosa di cui sono certi è che questi soldi non ce li hanno. I tanti inquilini delle C.a.s.e. che prima gli sembravano un paradiso, e adesso diventano un esilio in un'anonima periferia senza città., in cui è sempre più difficile resistere alla tentazione di emigrare.

Quelli che stanno diventando pazzi per riuscire a ricostituire la loro casa districandosi nella jungla della burocrazia, traumatizzati dalle riunioni di condominio, e pellegrinaggi per uffici, alle prese con sempre più logoranti difficoltà. E che da un vecchio milionario padano, che fa parte dello stesso schieramento politico di Chiodi, si sentono dire pure di essere lamentosi pesi morti, e in parole molto povere terroni-motati.

Chiodi insomma si è ritrovato con il cerino, o meglio la cazzuola in mano. Signor Malaussene anche lui. E i suoi tentativi, magari anche legittimi di imputare a sua volta le responsabilità dei ritardi e delle difficoltà della ricostruzione ai sindaci che non approvano i Piani, agli ingegneri che accaparrano progetti, ai comitati che fanno solo cagnara, e agli aquilani che non si riboccano come lui le maniche, alla fine lo stanno rendendo antipatico alle popolazioni terremotate, che cominciano a considerarlo un po' come quei viceré che dovevano obbedire all'Imperatore e tenere nello stesso tempo buoni i sudditi. Un reggente arrivato da una terra lontana (Teramo, niente di meno...), che non ha i titoli e né la giusta anagrafe per poter decidere il futuro della città. Un non terremoto, con casa classificata A a Teramo, che non si è fatto neanche un giorno di tenda, camper, albergo. E già perché il post-terremoto favorisce una sorta di post-tribalismo. Non a caso Massimo Cialente, assevera la stessa classifica, aumenta i consensi, ed anche di molto, nonostante le bordate che gli sono arrivate da tutte le parti, forse perchè si è dimesso dallo scomodissima posizione di vice-commissario, e si è rimesso a fare l'aquilano D.O.T (denominazione origine terremotata).

Il potere logora chi non ce l'ha, dicevamo. Riflettendo ulteriormente su questa massima sorge però un sospetto: ovvero che il presidente Chiodi alla fine i conti se li è fatti bene, del resto è un bravissimo commercialista. Ha accettato di partire per il fronte della crisi economica forbici in resta, e di scendere armato di cucchiaino nel campo minato del cratere sismico. Di parare ed incassare i colpi al posto del Governo. Perché sa che prima o poi sarà premiato e con gli interessi per il lavoro sporco e la polvere mangiata. Chiamalo fesso il signor Malausenne...

FT

 


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