Giornalisti precari e stipendi da fame? Passi avanti per la legge sull'equo compenso

30 Marzo 2012   09:40  

La commissione cultura di Montecitorio ha dato il via libera alla legge proposta da Enzo Carra e presentata dall’onorevole Silvano Moffa che è stata votata alla unanimità dai 34 parlamentari di tutti i gruppi. Il parere favorevole del governo è stato dato dal sottosegretario Peluffo.

«La proposta di legge – si legge nel testo del provvedimento – introduce norme volte a promuovere l’equità retributiva del lavoro giornalistico, con riferimenti alle retribuzioni dei giornalisti iscritti all’albo, titolari di un rapporto di lavoro non subordinato nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive».

Si punta quindi particolarmente l’attenzione sull’equità retributiva, cioè «la corresponsione di un trattamento economico proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, in coerenza con i corrispondenti trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato».

Non solo: la proposta di legge prevede anche l’istituzione – presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio – di un’apposita Commissione che valuterà appunto l’equità retributiva del lavoro giornalistico, valutando anche le politiche degli editori al riguardo: la stessa Commissione redigerà e aggiornerà un elenco di datori di lavoro giornalistico che garantiscono il rispetto dei requisiti minimi in termini di equità retributiva.

L’iscrizione a questo elenco sarà obbligatoria a decorrere dal 1° gennaio 2012 e senza di essa non sarà possibile accedere ai contributi pubblici in favore dell’editoria. Insomma, se non paghi il giusto ai collaboratori non prendi neanche soldi dallo Stato.

Il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Enzo Iacopino ha espresso la sua soddisfazione per il lavoro di squadra svolto al riguardo, ma ha anche sottolineato che «sono norme che da sole, certamente, non cambieranno la situazione fino a quando non collaborerà pienamente con l’Ordine chi ha responsabilità nella categoria e continua a fingere di non accorgersi o si rende complice attivo nello sfruttamento di migliaia di giovani di ogni età che continuano ad essere compensati con spiccioli di euro.

Sono convinto – ha aggiunto – che quando agli editori si toccano i soldi, questi recuperano la dignità. Non è pensabile che si paghi un articolo solo 2 euro lordi, so addirittura di casi in cui la retribuzione è di 50 centesimi. Ma come si fa a vivere con uno stipendio del genere?».

Soddisfatta anche la Federazione nazionale della Stampa Italiana(Fnsi), secondo cui il provvedimento «è anche un atto di recupero di libertà e autonomia professionale, sempre più indispensabile in un tempo in cui all’informazione è chiesto, ancora più di ieri, di non tacere le cose che debbono essere conosciute dai cittadini per assicurare il loro diritto alla conoscenza e di alimentare il sapere e il pensiero critico.

I giornalisti free lance e precari – troppo spesso costretti a contratti individuali capestro e a compensi da fame – sono oggi, infatti, messi in condizione di disagio: povertà e paura sono una condizione di illibertà»

La proposta di legge introduce norme volte a promuovere l’equità retributiva nel lavoro giornalistico, con riferimento alle retribuzioni dei giornalisti iscritti all’albo di cui all’art. 27 della L. 69/1963,titolari di un rapporto di lavoro non subordinato nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive (i c.d. free lance).

Al rispetto dell’equità retributiva in questione è subordinato, come meglio si vedrà infra, l’accesso ai contributi pubblici. 

La relazione illustrativa, evidenziato che rispetto al totale degli iscritti all’albo solo il 19,57 per cento fruisce di un contratto di lavoro subordinato, rileva che “ricerche compiute dal Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti (CNOG) e dalle istituzioni rappresentative della categoria hanno posto in drammatica evidenza l'esiguità dei compensi erogati per le collaborazioni giornalistiche di tipo autonomo […]. Compensi irrisori che sono erogati anche da aziende editoriali destinatarie dirette e indirette di finanziamenti pubblici”. 

Il provvedimento si compone di 4 articoli. 

L’articolo 1 definisce finalità e ambito applicativo dell’intervento. In particolare, per equità retributiva si intende la corresponsione di un trattamento economico proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, in coerenza con i corrispondenti trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato. 

La retribuzione del lavoro dei giornalisti con contratto di lavoro subordinato è regolata dal Contratto collettivo nazionale (CCNL del 26 marzo 2009, valido per il periodo 1° aprile 2009 – 31 marzo 2011), in particolare dall’articolo 10 e dalla Tabella A.

Per quanto attiene, invece, alle prestazioni professionali autonome dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro non subordinato (e, quindi, non regolate dal contratto collettivo nazionale), l’ultimo Tariffario (Compensi minimi per le prestazioni professionali giornalistiche nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive[) che definisce i compensi minimi in relazione alle diverse tipologie di attività prestate (notizia, articolo, servizio, fotografia, collaborazioni, ecc.) è stato adottato con la delibera dell’Ordine nazionale dei giornalisti n. 101 del 20 dicembre 2006.In particolare, il punto A) del Titolo VIII prevede che “Il presente tariffario indica cifre minime, al lordo delle ritenute fiscali di legge, al di sotto delle quali l’Ordine dei Giornalisti ritiene che non sia possibile andare, stabilendo in tal caso la incongruità del compenso.

In ogni caso la determinazione dell’effettivo ammontare dei corrispettivi deve tenere conto della qualità del committente, dei compiti in concreto demandati al giornalista, dell’impegno necessario del tempo richiesto”.

L’articolo 2 istituisce, presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del consiglio dei ministri, la Commissione per la valutazione dell’equità retributiva del lavoro giornalistico.

La Commissione è composta di tre membri, di cui uno designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con funzioni di presidente, uno designato dal Ministro dello sviluppo economico e uno designato dal Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti. Ai membri della Commissione non è dovuto alcun compenso.

Entro tre mesi dal suo insediamento la Commissione definisce i requisiti minimi di equità retributiva dei giornalisti iscritti all'albo titolari di rapporto di lavoro non subordinato, in coerenza – come in precedenza indicato -con i corrispondenti trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato. I requisiti minimi sono adottati con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

La Commissione, valutate le politiche retributive degli editori, deve redigere ed aggiornare un elenco dei datori di lavoro giornalistico che garantiscono il rispetto dei requisiti minimi di equità retributivi, dandone adeguata pubblicità sui maggiori mezzi di comunicazione e sul sito internet del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri.    

Ai sensi dell’articolo 3, l’iscrizione all’elenco dei datori di lavoro giornalistico di cui all’art. 2 diviene, a decorrere dal 1° gennaio 2012, requisito per l’accesso ai contributi pubblici in favore dell’editoria.

Si introduce, quindi, nell’ordinamento un requisito ulteriore rispetto a quelli attualmente previsti. La disciplina dei contributi pubblici all’editoria è stata regolata, in via principale, dalle disposizioni contenute nelle leggi n. 250 del 1990, n. 416 del 1981, n. 67 del 1987, e n. 62 del 2001 (più volte modificate), nonché da ulteriori norme legislative e regolamentari successivamente intervenute.

Da ultimo, l’art. 44 del D.L. n. 112 del 2008 (L. 133/2008) ha previsto l’emanazione di misure disemplificazione e riordino della disciplina di erogazione dei contributi all’editoria, da attuare con regolamento di delegificazione, indicando fra i requisiti per accedere ai contributi la prova dell’effettiva distribuzione e messa in vendita della testata (al posto della dichiarazione relativa alla tiratura) e l’adeguata valorizzazione dell’occupazione professionale.

E’ stato quindi emanato il D.P.R. n. 223 del 2010 che, al fine di favorire l’occupazione, ha introdotto varie nuove misure.

In particolare:  

E’ stato quindi emanato il D.P.R. n. 223 del 2010 che, al fine di favorire l’occupazione, ha introdotto varie nuove misure. In particolare:

- nell’ambito dei requisiti di accesso ai contributi in favore di quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti, l’art. 2, comma 2, stabilisce che le cooperative devono essere composte in prevalenza da giornalisti e la maggioranza dei soci, mantenendo il medesimo criterio di prevalenza, deve risultare dipendente della cooperativa, con contratto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato;

- l’art. 4 prevede una riduzione del 20 per cento dei contributi – calcolato secondo i parametri di cui all’art. 3 del medesimo DPR – qualora le imprese editrici di quotidiani e periodici non abbiano utilizzato un determinato numero – differente a seconda della tipologia di impresa – di dipendenti, con prevalenza di giornalistiregolarmente assunti con contratto a tempo pieno ed indeterminato;

- con riferimento alle redazioni delle agenzie di informazione nazionali e regionali alle quali possono rivolgersi – ai fini del rimborso delle spese di abbonamento – le imprese radiofoniche e televisive, l’art. 9 impone una struttura redazionale composta di un determinato numero di giornalisti (15 per le agenzie nazionali, 4 per quelle regionali), assunti con rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno, regolarmente iscritti all’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI);

- l’art. 10 dispone, con riferimento, rispettivamente, alle imprese radiofoniche nazionali, alle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva in ambito locale, nonché alle imprese radiofoniche organi di partiti politici, un requisito occupazionale minimo  per avere accesso alle provvidenze (5, 1 o 4 giornalisti, assunti con contratto di lavoro a tempo pieno; per le imprese radiofoniche nazionali, e per quelle di radiodiffusione sonora e televisiva in ambito locale, è esplicitamente richiesta l’iscrizione all’INPGI). Per ogni ulteriore giornalista dipendente a tempo pieno, viene incrementato il limite massimo dei contributi percepibili.

Per quanto concerne la regolarità previdenziale, l’art. 20 del medesimo DPR dispone che il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio richiede agli enti previdenziali competenti la certificazione comprovante la regolarità contributiva per le imprese che abbiano presentato domanda per accedere ai contributi. Inoltre, si prevede che le imprese rimaste soccombenti, con sentenza passata in giudicato, a seguito di ricorsi giurisdizionali in materia di adempimenti previdenziali, non possono percepire contributi fino alla completa esecuzione della sentenza medesima, certificata dagli Enti previdenziali interessati.


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