Giove, un altro pianeta nella ricostruzione dell'Umbria

Tredici anni nei container

09 Aprile 2010   16:22  

Giove, in Val Topina. Gli sfollati del piccolo borgo colpito dal sisma del 1997, vivono da ben tredici anni nei container e il paese ancora non viene ricostruito. Giove è un altro pianeta, è il caso di dire, rispetto ad una ricostruzione che in Umbria è stata generalmente abbastanza veloce e riuscita.

Per restare in Val Topina, infatti, dei 1.200 abitanti sfollati, quasi tutti sono rientrati nella loro casa ristrutturata e messa in sicurezza, tra il 2002 e il 2004.

Resta la macchia nera di Giove, e quella della vicina Nocera Umbra, dove la ricostruzione è ancora in alto mare, e occorre dunque capire i motivi di questo vergognoso ritardo.

La prima parte del reportage che vi proponiamo è stato realizzato prima delle elezioni provinciali dell'Aquila. Abbiamo però aspettato a pubblicarlo, perché l'argomento era troppo importante e serio, in vista dell'incipiente ricostruzione aquilana, per darlo in pasto alla campagna elettorale.

Quello che abbiamo capito di ritorno dal nostro breve viaggio a Giove è che anche nei processi di ricostruzione post-sismica può valere un illuminante aforisma di Ennio Flaiano: ''In Italia la distanza più breve tra due punti non è la linea retta, spesso è un arabesco''

E a Giove la ricostruzione è stata un perverso e intricato arabesco perché gli abitanti, si sono fidati delle persone sbagliate, a cominciare dal presidente del consorzio e dal direttore dei lavori, hanno affidato l'appalto a ditte poco serie e solide, che in assenza di controlli, avrebbero eseguito male i lavori. ll Comune, in questo caso di centrosinistra, non ha poi tutelato i suoi cittadini terremotati, e gli amministratori non sono stati sicuramente all'altezza della situazione, si è creata una dleterea commistione tra controllori e controllati. La ricostruzione si è poi impastoiata nelle aule dei tribunali, e questo ha ulteriormente dilatato i tempi. E il tempo che passa funziona da moltiplicatore dei problemi, e dei ritardi.

A seguire una cronistoria dei fatti di Giove, che abbiamo ricostruito insieme alla signora Valentina Armillei, presidente del Comitato Pro Giove.

Nel 1999 i terremotati di Giove, poco più di un anno dal sisma, paese che comunque non aveva subito ingenti danni dal sisma, si costituiscono in consorzio, nominano un presidente e un direttore dei lavori, l'ingegner Guidetti di Modena, '' per così dire suggerito - sostiene la signora Valentina - dal Comune di Valtopina, con diapositive proiettate all'interno del container adibito alle assemblee''.

L'appalto viene conferito alla ditta SEM di Perugia., anch'essa afferma lòa signora Valentina ''caldeggiata dal Comune di Valtopina''.

'' Ma la SEM - accusano gli sfollati - ha lavorato malissimo nel cantiere, ha demolito abitazioni senza ordinanza di demolizione, ha eseguito finti consolidamenti, commesso clamorosi errori, ha fatto più danni del terremoto''.

E non è tutto.'' La ditta - rivela la signora Valentina - ha percepito 300 mila euro per demolire e smaltire le macerie in discarica autorizzata, fondi che gli sono stati erogati dal Comune di Valtopina senza alcun tipo di monitoraggio, perchè di fatto le macerie, compreso l'eternit e l'amianto, sono state occultate in una discarica abusiva adiacente al paese''.

Partono così gli esposti alla Guardia di Finanza di Foligno, e anche all'Ispettorato del Lavoro ed all'A.S.L., ma intanto la SEM dichiara fallimento.

Il lodo arbitrale dà ragione agli sfollati che avevano inoltrato denuncia ravvisando gravi inadempienze da parte della ditta e attestando la ''pedestre qualità dei lavori'. Tutto però viene rimesso al giudice fallimentare, e c'è ancora un giudizio in atto.

Nel 2003 il Consorzio Giove indice una nuova gara di appalto ed invita a partecipare due imprese : la Bordicchia di Nocera Umbra e kla Novatecno di Perugia.

La prima impresa, la Bordicchia, emette un'offerta a rialzo del 20% per due motivi: in primo luogo perché c'erano ingenti danni causati dalla SEM ed occorreva denaro per demolire e ricostruire tu8tto da capo. in secondo luogo perché i prezzi di materiali e della manodopera erano intanto lievitati in maniera esponenziale, essendo la ricostruzione dell'Umbria nel suo momento più inteso.

La seconda azienda, la Novatecno, invece, emette un'offerta a ribasso del -6% e a stragrande maggioranza i consorziati gli affidano l'appalto.

'' La cosa mi risultava fortemente anomala - racconta Valentina - ma la ditta ha vinto, e tutti quanti a Giove mi hanno dato della pazza...''

Dopo appena tre mesi dall'inizio dei lavori, la Novatecno abbandona il cantiere perché lo ritiene fortemente pericoloso per l'incolumità dei suoi operai, e perchè ci sono una moltitudine spropositata di lavori fatti male e da rifare da capo, e la restante parte di contributo non è sufficiente per portare a termine i lavori.

Anche la Novatecno cece il passo e il cantiere dal 2003 al 2006 resta deserto e inoperoso.

Nel 2006 il Comune di Valtopina attua così i poteri sostitutivi assumendo la proprietà della frazione di Giove pro tempore, fin tanto che, cioè, i lavori non saranno conclusi. E pone come data di fine lavori il 31 dicembre del 2008.

In realtà finora è stato consegnato un unico edificio. I beneficiari, non residenti, dallo Stato hanno però ricevuto il contributo per rifare la sola struttura esterna ad esclusione delle finiture interne e quindi dei pavimenti, dei rivestimenti, degli intonaci e tinteggi. Il Comune di Valtopina gli chiede dunque di pagare come differenza 126mila euro, peri lavori interni, non finanziati dal Decreto. Se i beneficiari non pagheranno, perderanno la proprietà dell'immobile.

'' I poteri sostitutivi funzionano così - spiega Valentina - il Comune, avendo assunto la proprietà pro tempore, è il reale proprietario per tutta la durata dei lavori e se, alla fine, quando ci presenta il conto noi non paghiamo, perdiamo la proprietà delle nostre case. Ora... noi non è che non vogliamo pagare, ma, di certo, non intendiamo pagare gli errori commessi da un direttore dei lavori o da un'impresa edile! Quando passerà un nuovo terremoto è certo che distruggerà tutto l'abitato di Giove, perché i lavori non sono a norma. A casa mia, addirittura, e questo lo dimostrerò quando si degneranno di consegnarmela, hanno murato accanto alle vecchie mura (non consolidate) e la casa si è rimpiccolita. L'umidità ha staccato tutto l'intonaco dal muro, i tetti ed i solai sono stati rifatti tutti due volte... E chi pagherà?''

Già, chi pagherà? Parte degli sfollati non ha i soldi, per altri è una questione di principio, in quanto le ristrutturazioni costeranno molto di più a causa dei danni lasciati in eredità dalla SEM.

E infatti gli sfollati, ora uniti in un Comitato, presentano un esposto alla Procura, corredata da una perizia giurata, costata 14mila euro, e da un'ampia documentazione fotografica di tutti i maggiori difetti delle lavorazioni, e come unico fautore e responsabile di tutti i danni alle strutture delle abitazioni di Giove e dell' ammanco di contributo statale alla ricostruzione, ''usato sostiene il Comitato - per pagare -anche lavorazioni mai eseguite'', viene accusato il direttore dei lavori nominato nel 2002, l'ingegner Guidetti.

Comincia così un'estenuante battaglia legale tutt'ora in corso scandita da archiviazioni, ricorsi, riaperture delle indagini.

E i terremotati di Giove, dopo 13 anni attendono nei container.

(SEGUE)

Filippo Tronca

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