H2O, Trivelle, Montenegro avvia consultazione per rilascio permessi in 13 blocchi in mare

21 Gennaio 2016   13:30  

L'Adriatico è sempre di più sotto le mire dei petrolieri e ora tocca alle acque davanti al Montenegro. Il Governo montenegrino ha avviato lo scorso 28 dicembre 2015 la fase di consultazione del pubblico per la procedura di Valutazione Ambientale Strategica del proprio piano di sviluppo "SEA FOR HYDROCARBON E XPLORATION AND P RODUCTION IN OFFSHORE MONTENEGRO". In Montenegro la fase pubblica avrà termine il 25 febbraio 2016.

Le norme comunitarie, in particolare l'Art.7 della Direttiva 42/2001 (riportato qui sotto integralmente), e la Convenzione internazionale di Espoo, ratificata sia dall'Italia che dal Montenegro, obbligano gli Stati a sottoporre d una procedura di tipo transfrontaliero, a partire dalla notifica nei confronti degli altri stati potenzialmente interessati tutti i piani di attività che anche solo potenzialmente possono incidere sull'ambiente di altri stati.

A questo link si trovano le principali informazioni (in inglese è disponibile esclusivamente un breve report di una trentina di pagine mentre il documento completo di circa 300 pagine è disponibile solo nella lingua madre): http://www.petroleum.me/index.php?IDSP=277&jezik=eng

Il Piano prevede la possibilità di aprire alle attività di ricerca e di sviluppo di progetti di estrazione ben 13 blocchi di mare antistanti la costa del Montenegro (si veda la mappa allegata).

Ci risulta che il Governo montenegrino abbia individuato esclusivamente la Croazia e l'Albania quali stati potenzialmente interessati (pagina 23 del Draft), tenendo anche conto che il Piano comprende attività sulla terraferma e, quindi, poste a confine con questi stati.

L'Italia appare essere stata esclusa, a nostro avviso in maniera del tutto erronea.

Infatti basterà ricordare che:

a)lo stesso studio "Safety of offshore oil and gas operations: Lessons from past accident analysis: Ensuring EU hydrocarbon supply through better control of major hazards" commissionato al Joint Research Center dalla Commissione Europea ha evidenziato che le attività off-shore possono comportare gravissimi impatti a scala vasta in caso di incidenti che, seppur rari, sono sempre possibili.

L'Adriatico è un golfo di un mare chiuso, il Mediterraneo, e una macchia di greggio, a seconda delle condizioni climatiche e delle correnti può viaggiare per decine di chilometri in poche ore (e centinaia in alcuni giorni). La distanza tra questi blocchi e la costa pugliese è di un centinaio di chilometri e ancora meno dalle acque territoriali italiane (e ancora meno dalle acque sovrastanti la nostra piattaforma continentale). La costa pugliese e quella adriatica in genere dell'Italia ha numerosissimi siti di interesse naturalistico protetti a vario titolo e ospita un'importante flotta peschereccia. Inoltre l'attività turistica è ormai uno dei settori trainanti dell'intera economia del territorio. Un solo incidente grave potrebbe avere impatti alla scala dell'intero Adriatico, come dimostra, a mero titolo di esempio, il caso della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico.

b)Le tecniche di ricerca prevedono l'uso estensivo dell'airgun, una tecnica estremamente invasiva con l'emissione di onde sonore che viaggiano per centinaia di chilometri e che possono avere un impatto importante sulla vita marina (e anche sul pescato). Lo stesso ISPRA, in un documento tecnico fornito al Ministero dell'Ambiente nel maggio 2012 (http://www.agentifisici.isprambiente.it/component/phocadownload/category/285.html), riconosce che tra due barche che stanno facendo rilievi in contemporanea con questa tecnica deve esserci una distanza minima di 100 km.

Lo Stato italiano ha recentemente autorizzato alcuni progetti di prospezione nelle acque di propria esclusiva competenza di fronte alla Puglia imponendo questa prescrizione che, ovviamente, non potrà essere rispettata (visto che deve essere intesa in ogni direzione!) senza una pianificazione con le autorità di altri paesi, come evidenzia bene proprio il caso in questione (fermo restando la nostra più netta e radicale critica anche a tali provvedimenti).

Tra l'altro appare incredibile che la Croazia e il Montenegro abbiano almeno avviato una procedura pubblica di pianificazione delle attività e lo Stato italiano sia totalmente refrattario arrivando addirittura a cancellare il Piano delle Aree nell'ultima legge di Stabilità.

Le associazioni e i movimenti italiani, in stretto coordinamento con le associazioni di Montenegro, Croazia e Albania, riunite nella rete internazionale OneAdriatic (http://soszajadran.hr/en/; questa rete a Dicembre ha inviato una segnalazione alla Commissione Europea proprio sull'impatto cumulativo che ha risposto dichiarando di aver avviato la valutazione della segnalazione), stanno scrivendo al Governo italiano affinché, come già avvenuto nel caso del Piano croato, le procedure di consultazione avviate dal governo del Montenegro siano estese immediatamente anche all'Italia sulla base di quanto previsto dall'Art.7 della Direttiva 42/2001/CE, rendendo così possibile, tra l'altro, una partecipazione maggiore delle comunità (associazioni di categoria; associazioni e comitati ambientalisti; enti locali ecc.) al procedimento, in considerazione dell'allarme che questi progetti stanno provocando rispetto al futuro dell'intero mare Adriatico.

 


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