Il Governo bolivariano di Chavez svelerà a Roma (speriamo) il

21 Settembre 2007   10:17  
di Pierluigi Spiezia - Rafael La Cava, ambasciatore venezuelano in Italia di origini abruzzesi, e una “delegazione” del Governo Chavez spiegheranno la riforma costituzionale in corso in Venezuela, in una conferenza stampa convocata a Roma il prossimo 28 settembre (ore 9,30), nella sede dell’Ambasciata di via Tartaglia 11. La riforma della Costituzione venezuelana, che Hugo Chavez ha presentato all’Assemblea nazionale lo scorso 15 agosto, sta suscitando molta preoccupazione sia nel suo Paese sia all’estero, perché accentrerà ulteriormente i poteri sul Presidente venezuelano, che già gode di un’Assemblea nazionale dove il 100% dei deputati sono del suo partito. L’opposizione, infatti, alle ultime elezioni parlamentari si è “suicidata” non presentandosi per protesta verso il sistema elettorale elettronico venezuelano che, a suo dire, verrebbe manipolato a ogni appuntamento elettorale da quando è al potere Chavez, nonostante le puntuali presenze degli osservatori internazionali. Alle elezioni presidenziali dello scorso dicembre, invece, Chavez è stato confermato presidente con il 61,35%, vincendo sul rivale Manuel Rosales, che ha ottenuto un dignitoso 38,39%. Nella conferenza di venerdì prossimo, alla quale, fa sapere l’Ambasciata, parteciperanno anche “esponenti del mondo politico, accademico, culturale e intellettuale”, i rappresentanti del Governo “Bolivariano” cercheranno di spiegare anche il significato della “costruzione del Socialismo del 21mo secolo” in corso in Venezuela. Nonostante le rassicurazioni del Governo Chavez alla comunità italiana, che nell’ultimo anno ha incontrato sia Chavez sia il suo vice Jorge Rodriguez (vedere la news http://www.abruzzo24ore.tv/abruzzo24ore/Default.asp?p=25&m=2&grp1=1&grp2=16&idse=1420&nome=EMIGRAZIONE) in due distinte occasioni (c’erano anche i nostri abruzzesi Nello Collevecchio e Ugo Di Martino, oltre l’ambasciatore Gerardo Carante), circa la “compatibilità costituzionale” del costituendo socialismo venezuelano con la proprietà privata, questa sembra essere di nuovo messa in discussione con i recenti proclami di Chavez. Sono molti, infatti, i venezuelani che ormai da tempo stanno lasciando il Paese (quelli che si possono permettere un biglietto aereo) così come è sempre più nutrita la pattuglia di italo-venezuelani che è rientrata in Italia, non sempre riuscendo prima a vendere o svendere le proprietà e certamente senza riuscire a trasferire tutti i risparmi, visto che da tempo il governo Chavez ha sottoposto a stretto controllo l’acquisto di dollari, euro e valute pregiate. Nel Venezuela chavista, infatti, si sta assistendo soprattutto in questi ultimi mesi a un fenomeno che non si riscontra in un nessun altro paese con inflazione fisiologica: la differenza fra cambio ufficiale del bolivares con dollaro ed euro (2.150 e e 3.800) e cambio “parallelo” (4.300 e 5.250) è altissima, nonostante la moneta venezuelana sia forte perché l’economia venezuelana va a gonfie vele per via delle entrate tributarie, della diversificazione delle produzioni industriali e agricole (prima quasi inesistenti), una bilancia di pagamenti con l’estero in ottima salute e soprattutto per il suo petrolio sempre più col prezzo alle stelle. La spaventosa differenza di cambio fra ufficiale e ufficioso, che oggi è arrivata praticamente al doppio, è dovuta proprio alla psicosi da terrorismo psicologico-mediatico, della propaganda bolivariana da un lato, tramite le tv e i giornali vicini al Presidente, e di quella dell’opposizione dall’altro che, nonostante il mancato rinnovo della concessione alla storica Rctv, continua ad avere in mano molte tv e giornali (un democrazia si misura anche dalla libertà di stampa). Anzi, si potrebbe dire che i media contrari a Chavez si siano sostituiti da tempo ai partiti di opposizione, autoeliminatisi in parlamento, con soli due esponenti politici non chavisti su 22 governatori che “resistono” nella federazione di Stati venezuelani, Rosales compreso. Non è che il Venezuela sia stato storicamente un esempio di democrazia compiuta, visto che, “golpes” a parte, la sua Costituzione deve fare acqua da tutte le parti, se Chavez ha potuto e può modificarla a suo piacere. Questo, però, è colpa non tanto della gran parte della popolazione povera che oggi vota e continua a sostenerlo - in cambio di sostegni e sussidi, assistenza medica gratuita nei soli “barrios” (grazie ai medici cubani inviati da Fidel Castro), alfabetizzazione anche dei nonni - semmai dell’oligarchia politica espressa nel passato dai ricchi e possidenti imprenditori (soprattutto italiani, spagnoli e portoghesi) che più che pensare a solidificare la fragile democrazia venezuelana (e, quindi i propri interessi economici) hanno pensato solo a fare denari facili, senza nemmeno pagare le tasse come, invece, sono costretti a fare con Chavez. Se il Venezuela è stato per anni e per molti l’eldorado in Sudamerica, è stato possibile anche grazie allo sfruttamento (che persiste, però, ancora oggi) dei lavoratori, pagati con salari da fame, in linea con tutti gli altri Paesi del Terzo mondo. Stipendi da fame e tanta disoccupazione significa, quindi, molta criminalità, che in Venezuela c’è sempre stata, anche e soprattutto prima di Chavez. Piuttosto che vivere armati e barricati nelle proprie ville, i venezuelani benestanti (fra cui tanti nostri connazionali), avrebbero fatto meglio a pagare dignitosamente i propri dipendenti e operai e a risolvere il conflitto sociale che ha portato democraticamente (e bene ricordarlo) al potere Chavez, come tanti altri presidenti di sinistra, populisti e non, in tutta l’America Latina. Gli agiati venezuelani avrebbero così guadagnato qualche milione di bolivares in meno ma avrebbero avuto una vita più tranquilla e serena. E, magari, senza rischiare rapimenti, omicidi e pure il “socialismo del 21mo secolo” che, dopo otto anni di lenta rivoluzione bolivariana, nessuno ha capito cosa sia realmente, ma è anacronistico se minaccia davvero la proprietà privata: nemmeno più in Cina e persino nell’alleata Cuba di Castro la proprietà privata è un tabù. Con la differenza che a Cuba gli ospedali funzionano e sono gratuiti (ho scelto, per l’argomento, la foto scattata nell’Istituto ortopedico “Frank Pais di L’Avana) mentre in Venezuela, quelli pubblici, continuano a essere fatiscenti e privi di tutto. (p.s.: Il pensiero di Fidel riportato all´entrata dell´ospedale "Frank Pais" dice: "Convertir a Cuba en una potencia medica, objetivos que son los mas nobles que puede proclamar una revolucion socialista")

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