Il cervello degli aquilani danneggiato dal sisma?

12 Novembre 2010   18:10  

da Repubblica.it

Cervello, il terremoto lascia "ferite" lo prova il test sugli studenti aquilani


'' Un'equipe di ricercatori italiani ha analizzato il comportamento di un gruppo di universitari della città devastata dal sisma. Quelli affetti da disturbo postraumatico da stress hanno mostrato difficoltà di apprendimento oltre ai problemi di sonno. Gli studiosi: "La tragedia ha lasciato il segno anche sulle capacità cognitive"
di ADELE SARNO

ROMA - Incubi, confusione mentale, ansia improvvisa e paura. Il terremoto dell'Aquila non ha lasciato dietro di sé soltanto macerie, ma anche ferite psicologiche. Già secondo il Diagnostic and statistical manual of mental disorders, la Bibbia dei disordini mentali, le popolazioni vittime di una catastrofe ambientale possono andare incontro a disturbi post-traumatici da stress (Ptsd), con un'incidenza che riguarda il 7-14% dei casi e che per qualcuno può durare anche tutta la vita. Ora un'equipe di studiosi dell'Università dell'Aquila e della Sapienza di Roma sta verificando questa tesi nella realtà dell'Aquila, analizzando i comportamenti di un gruppo di studenti che ha vissuto l'esperienza del terremoto del 6 aprile 2009.

"In queste persone - spiega Michele Ferrara, coordinatore dello studio presentato al recente congresso della Società europea del sonno - lo stress tipico del Ptsd ha dimostrato di avere un potere molto più forte di quello che immaginavamo. Può infatti influenzare negativamente sia le capacità cognitive sia la qualità del sonno". Chi ne soffre, in sostanza, non solo dorme meno e in maniera frammentata, ma nell'elaborazione di percorsi cognitivi manifesta difficoltà doppie rispetto a chi ha "assorbito" il trauma senza riportare danni psicologici.

"I soggetti che abbiamo esaminato - spiega Michele Ferrara - sono per lo più studenti dell'università abruzzese e le difficoltà di apprendimento sono un prezzo da mettere in conto in chi ha subito un trauma".
Già in uno studio precedente, attraverso la risonanza magnetica funzionale (realizzato fra l'altro in una struttura dell'università dell'Aquila poi distrutta dal sisma), lo stesso team aveva rilevato che nel disturbo postraumatico da stress a fare la differenza è anche la dimensione dell'ippocampo, cioè la parte del cervello che svolge un ruolo cruciale nella formazione della memoria. Chi soffre di Ptsd ha un volume inferiore alla media.

Partendo da questa osservazione, i ricercatori hanno analizzato il comportamento di 22 studenti universitari (un numero medio per uno studio sul sonno) per verificarne la qualità dell'apprendimento. La metà del campione - 11 studenti - ha mostrato i sintomi tipici del Ptsd, conseguenti al terremoto dell'Aquila.

"Il primo giorno - racconta Ferrara - abbiamo assegnato a tutto il campione un compito da svolgere in una sorta di città virtuale. Ogni soggetto doveva muoversi secondo un percorso prestabilito, recandosi in punti specifici come il supermercato, la scuola, il cinema". Insomma, ognuno doveva realizzare una mappa cognitiva e dimostrare di essere in grado di rispettare il percorso che gli era stato assegnato. Dopo questa fase, detta "di apprendimento", si è passati al test vero e proprio. Dopo qualche ora di riposo, i soggetti hanno ripetuto nella città in 3-D il compito di navigazione virtuale. Poi sono stati mandati a casa per la notte e ognuno doveva compilare un diario del sonno. Il giorno dopo tutti i partecipanti hanno ripetuto il compito.

"I risultati ci hanno stupito - dice Michele Ferrara - : gli studenti che non avevano riportato alcun trauma psicologico nel periodo successivo al terremoto miglioravano sia in strategia sia in velocità. Riuscivano infatti a portare a termine la navigazione virtuale nella metà del tempo". Chi era affetto da disturbo post-traumatico da stress, invece, svolgeva performance peggiori anche perché nella notte aveva dormito meno e in maniera frammentata.

In altre parole, all'anomalia strutturale dell'ippocampo causata dallo stress potrebbero corrispondere deficit cognitivi e disturbi di sonno. "Il prossimo step di questo studio - conclude Michele Ferrara - andrà proprio in questa direzione. Con una risonanza magnetica funzionale proveremo a fotografare ciò succede al cervello, senza limitarci a una verifica comportamentale. Soltanto così possiamo capire fino a che punto un trauma come il terremoto possa danneggiare la mente delle persone".


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