Il decreto può attendere. Prima vengono le elezioni

Terremoto

27 Maggio 2009   14:41  

Il decreto Abruzzo arriverà alla Camera, per la definitiva approvazione, solo dopo le elezioni europee e provinciali. Ovvero a partire dal 15 giugno, e non si esclude il ricorso alla fiducia.

Una pausa ragionevole, per il governo e la maggioranza, per poter decidere con maggior ponderatezza, in un clima non avvelenato dalla campagna elettorale.

Uno slittamento sospetto, per chi teme che si vogliano rimandare decisioni impopolari che rischierebbero di far cadere il consenso nei confronti della maggioranza prima del voto.

"Mentre gli aquilani continuano a stare nelle tende con temperature insostenibili - dichiara ad esempio il parlamentare Pd Ettore Rosato - il governo non sa cosa fare e rimanda irresponsabilmente l'approvazione del decreto sul terremoto.

La maggioranza invece rassicura e il sottosegretario all'Ambiente, Roberto Menia afferma: “Il decreto terremoto non e' blindato, ma aperto a pochi e chiari emendamenti e saranno estese le misure di sostegno agli edifici pubblici fuori dai 49 Comuni del cratere.”

"Le risorse stanziate con il decreto Abruzzo, ovvero otto miliardi - incalza il ministro dell'Economia Giulio Tremonti - sono sufficienti ma se servira' di piu' ci sara' di piu'”.

Sulla stessa linea il presidente della Regione Gianni Chiodi: “Questo decreto, una volta convertito, non sarà l’unico strumento normativo per la ricostruzione, ci saranno infatti gli stanziamenti pluriennali necessari.”

Il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, la presidente della Provincia Stefania Pezzopane, e molti sindaci del cratere ribadiscono intanto i limiti del decreto così come uscito al senato e sono pronti a fare quadrato per ottenere sostanziali modifiche alla Camera: chiedono nello specifico di inserire il finanziamento per la ricostruzione delle seconde case e gli aiuti ai non residenti, perché altrimenti, spiegano, ricostruire il centro storico dell’Aquila e dei borghi, che hanno un gran numero di seconde case, diventa impossibile". Chiedono più soldi per la zona franca, in quanto, osservano, 45 milioni di euro per quattro anni non sono sufficienti. Chiedono che sia inserito un articolo che stanzi specifiche risorse per i beni culturali pubblici e privati.
Sul piede di guerra i comuni fuori dal cosiddetto cratere, che hanno subito danni seppur marginali in seguito al sisma, ma che sono ad oggi esclusi dagli interventi di sostegno.

Situazione incandescente, in particolare nella valle Peligna: il consigliere comunale di Sulmona Vittorio Masci propone addirittura di ricorrere al Tar contro il decreto del Commissario Bertolaso che ha individuato i comuni interessati dagli eventi sismici non inserendovi la città di Sulmona. Insomma, ad essere torrido non è solo la temperature nelle tendopoli, ma anche quella del clima politico post sismico.

Filippo Tronca

 

 


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