Il sostegno alle Pmi estere? Un impegno politico prioritario

L'intervento di Franco Santellocco

19 Marzo 2008   20:25  
Se escludiamo i grandi gruppi di Stato come quelli del settore energetico o le grandi aziende quotate in borsa che operano con capitali internazionali, l’imprenditoria italiana all’estero è fatta di piccoli imprenditori e artigiani, di persone che con pochissimi mezzi e tanta volontà e creatività si avventurano in attività economiche lontano dall’Italia, mettendo a rischio tutto quello che hanno. A queste persone, molte delle quali “residenti all’estero” che sono ancora legate all’Italia, chi ci pensa? Ci dovrebbero pensare le numerose strutture dedicate al commercio internazionale come per esempio il Ministero del Commercio internazionale, l’Ice, la Sace la Simest, ma anche tutti gli enti strumentali finanziati dalle Amministrazioni regionali. E’ incredibile il numero degli Enti che dovrebbero tutelare e promuovere l’imprenditoria italiana all’estero, incredibile il numero di leggi e progetti di sostegno, incredibile la massa di finanziamenti che escono dai bilanci nazionali e regionali e locali. Il risultato di tutto ciò è che il piccolo imprenditore e artigiano si trova stretto tra le urgenze del quotidiano, la dura necessità del fare e di fare i conti con innumerevoli rischi e un mondo di servizi e di provvidenze fortemente dispersivo e inaccessibile. La realtà è che le istituzioni e gli enti strumentali preposti al sostegno dell’imprenditoria non si coordinano e tendono ad alimentare una rete di servizi all’estero che serve solo a se stessa consumando ogni giorno risorse finanziarie pubbliche enormi senza risultati visibili, senza una reale soddisfazione dei loro potenziali utenti.Nell’agenda dell’impegno politico dei candidati (almeno) della circoscrizione estero i bisogni dei piccoli imprenditori e artigiani all’estero dovrebbero essere ricompresi nell’ambito delle priorità per trovare più riscontro in più ambiti di intervento. Il primo è quello della realizzazione di forme di razionalizzazione e di coordinamento dei servizi all’estero. Sul piano legislativo occorre portare a termine quanto previsto dalla Legge 31 marzo 2005, n. 56 “Misure per l’internazionalizzazione delle Imprese”, entrata in vigore il 5 maggio 2007, che si pone l'obiettivo di offrire all'imprenditoria italiana, con gli Sportelli Unici Italia, nuovi strumenti operativi, di coordinamento e di raccordo, anche se esso é tuttora non operativo in assenza di un regolamento attuativo efficace che definisce le modalità operative, di costituzione e organizzazione degli Sportelli Unici.Il vero punto debole della Legge è che non coinvolge adeguatamente le associazioni e le forme di rappresentanza degli italiani all’estero nelle sue fasi costitutive e attuative con il risultato che tutto procede a rilento. Occorre, invece, che i potenziali utenti della Legge (i piccoli imprenditori appunto) possano esercitare un’azione di spinta e di controllo della qualità sui provvedimenti che vengono intrapresi e sul funzionamento delle strutture che verranno finanziate. In tal senso l’associazionismo, ma anche altre forme di rappresentanza istituzionale come il Cgie e i Comites possono rendere efficace la spesa pubblica in questo settore garantendo il collegamento con il territorio e i beneficiari finali degli aiuti.Gli imprenditori italiani all’estero rivendicano il diritto di essere coinvolti nell’individuazione di iniziative tese ad acquisire spazi di scambio coniugando variamente know-how delle imprese nazionali e conoscenza del mercato e richiedono un sostegno più efficace del sistema creditizio per trasformare in ricchezza la creazione di uno spazio economico comune alle imprese italofone.Lo sportello unico rappresenta un buon inizio, ma è solo un inizio che richiede energie e risorse per ottenere a pieno i risultati che si propone.Appare evidente la necessità di sburocratizzare le procedure e diffondere in maniera capillare le strutture e le informazioni, coinvolgendo le organizzazioni rappresentative dei connazionali e dell’imprenditoria italiana all’estero.E’ pur vero che ci si è già mossi sulla via indicata dal provvedimento legislativo, sono state infatti create strutture comuni tra Ambasciate e uffici Ice all’estero in 33 sedi, mentre in altre nove tali integrazioni sono in fase di realizzazione, ma è da sottolineare che per ora esse sono presenti quasi esclusivamente nelle capitali e una sola è in America Latina, a Caracas, mentre un’altra è in via di realizzazione a San Paolo.Il lavoro da fare é ancora molto e la situazione impone di muoversi in fretta rendendo operativo al più presto il provvedimento legislativo più sopra citato: qualunque sia la sensibilità politica che sarà chiamata, a breve, a prendere il timone della nave Italia.

Certamente il giudizio complessivo, ad oggi, sui programmi, sugli impegni annunciati dai candidati (estero) non lascia ben sperare.

 

Franco Santellocco (Componente del Cgie e del Cram Abruzzo)

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