Il terremoto interiore nel cuore degli aquilani

Terremoto

27 Aprile 2009   10:37  

Scrivere le impressioni che ho ricevuto guardando ciò che il terremoto ha causato alla mia città, non è stato facile.
Premetto che per questioni di lavoro non mi trovavo in Italia al momento del terremoto e che appresa la notizia ho raggiunto nel più breve tempo possibile la mia famiglia residente all’Aquila e che da subito mi sono messo al lavoro, quello fisico, recuperando la nostra redazione, che ha ricevuto danni alle strutture ed alle attrezzature e nello stesso tempo cercando di dare una mano ai tanti che ne avevano bisogno.
Tutto ciò, incluso una sorta di blocco psicologico dovuto alla overdose di  informazioni ricevute in questi giorni non mi ha permesso di scrivere una sola parola sugli avvenimenti.
Tanti pensieri, molte emozioni catturate con la camera, ma nessuna parola quasi che il cervello ritenesse superfluo sottolineare con le parole la tragedia che si svolgeva sotto miei occhi.
Adesso superata la prima emergenza e acquisita la consapevolezza delle dimensioni della sciagura molte sono le riflessioni ed i pensieri che si affacciano e popolano la mia mente.
Sono di vario ordine e grado e vanno ricomponendosi come pezzi di un grande puzzle scompostosi all’improvviso.
Sottolineano marcando indelebilmente storie vissute, vite spezzate, tragedie personali e collettive ma anche miserie e speculazioni che si sono affollate in questi giorni nel mondo dell’informazione e non solo.
Come sempre succede gli sciacalli mediatici, alla ricerca degli ascolti facili, si sono da subito affrettati  a fare audience con il dolore e le disgrazie della gente,  i politici dal loro canto hanno fatto presenza ed elargito promesse, tutto come da tragico copione visto e rivisto nei vari terremoti che si sono succeduti nel nostro paese.
Spiccano su tutti per abnegazione e spirito di sacrificio, volontari, Vigili del Fuoco, protezione civile e quant’altri animati da senso di solidarietà si sono messi subito a disposizione per aiutare concretamente le popolazioni colpite.
Il sisma ha colpito e distrutto buona parte della città, rendendo irriconoscibili luoghi una volta familiari, vie e piazze che ci hanno visto crescere non esistono più, sono state cancellate di una volta, la struttura urbanistica della città fiera ed orgogliosa che seppe resistere al lungo assedio di Braccio da Montone è seriamente ferita.
Ma se architettura e monumenti potranno essere recuperati  lo stesso non sarà così facile per cuori e menti che in quella notte del 6 aprile hanno perduto in una manciata di secondi certezze e sicurezze accumulate da una vita, il terremoto se le è portate via per sempre, la natura (in questo caso aiutata dalla negligenza umana) ha riaffermato indiscutibilmente la sua supremazia.
C’e’ il serio rischio, in questa fase, che il terremoto interiore, quello che segue il breve lasso di tempo dell’euforia dell’essere vivi , demolisca definitivamente lo spirito e la fierezza di una città valente e ricca di storia.
Per  scongiurare ciò bisogna rimboccarsi le mani e diventare protagonisti della ricostruzione in tutti i sensi, essere grati a chi ci sta aiutando ma nello stesso tempo non delegare a nessuno il futuro della nostra città.
E’ necessario tornare alle nostre attività e da subito ripopolare, per quanto possibile, la città, bisogna superare l’emergenza  fisica e mentale per dimostrare al mondo la fierezza, l’orgoglio e le capacità delle nostre genti  d’Abruzzo, lo dobbiamo ai tanti che hanno perso la vita in questa tragedia, alle generazioni future ed anche a noi stessi .
Gianfranco Di Giacomantonio


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