''Temo non si spenderanno molte parole sulla tua morte perché in vita non viaggiavi certo in prima classe e per quelli che in fondo ci muoiono, è più facile che arrivino lontani giudizi “da buon borghese” che parole.
In fondo il dolore, la disperazione come la gioia, sono cose che si vivono e basta e fanno parte tutt’uno con la vita. Le parole spettano agli altri, a chi c’ha tempo, a chi ha studiato come me. Io sono ben contento di lasciare un minuscolo ricordo di quello speciale “ragazzo di vita” contemporaneo che eri.
Ti ricorderò con quella grande bocca che parlandomi si muoveva un pò convulsa, con quegli occhi splendidi e magnetici che mi tenevano vicino e lontano disperdendomi un pò quando parlavi.
C’avevi l’anima buona Edison, l’abbiamo sempre detto tutti. T’abbiamo conosciuto che ci hai aiutato con dei lavori di edilizia dal basso e mi ricordo ancora quando subito dopo chiedesti se potevi organizzare un torneo di poker tra lo stupore generale. Ricordo le infinite volte che ho scorto il tuo volto illuminato di notte solo dalla luce del computer e le ore che ci passavi davanti a quel gioco che eri pure bravo. “Ieri ho vinto 300euro” m’hai detto un paio di volte.
Eri un operaio, un lavoratore sempre in cerca di un nuovo lavoro e di un modo per sopravvivere a questa giungla di precarietà (ma il termine in realtà è un lusso) dove un ragazzo proletario di origini albanese deve sapersi districare.
Un ragazzo di origini albanesi che mi diceva di voler andar via da casa dei suoi ad ogni costo, che con i tuoi non ci saresti rimasto a vita come vorrebbe la *loro* cultura manco morto…
Sei andato per una storia nella Marsica chissà perché. M’hai detto che non volevi più rischiare niente ed eri sincero, chissà per quale scherzo della vita quella notte hai accettato di andare e ti sei ritrovato in quella macchina.
“Non mi fanno lavorare con un contratto a causa di un pendente giudiziario che c’ho e che in appello potrebbe condannarmi” così mi dicevi. Ma è possibile cazzo!
Sarà solo una scusa che gli hanno messo per farlo lavorare a nero come tutti gli altri “immigrati” qui a L’Aquila per giunta “extra-comunitario” come dicevano le carte che avevi. Mi sforzavo di ragionare…
Chissà un avvocato, uno sportello, un sindacato(?)…ma chè non c’è niente e nessuno a cui rivolgersi nei gironi della disperazione, nei bassifondi di sta città che bigotta ancor di più di prima manco sa di averceli, tra i dannati piccini e innocui che basterebbe poco, parlargli una parola, comunicare, coinvolgere, integrare.
Non ci sono santi né angeli nelle strade buie di L’Aquila e manco qualcuno che verrà a salvarti nel vuoto sociale in cui c’hanno lasciati.
Basta un passo falso per giocarti la sola cosa che ti rimane e che tutti, tanto, t’hanno fatto capire che la tua vale poco.
Io non lo so ma la tua morte Yankee, come la strada t’ha chiamato, per me è una morte di classe. Costretto dalla miseria in cui viviamo e da quell’altro gioco sporco che si chiama proibizionismo a rischiare di nuovo, ad imboccare quella strada e trovare di fronte un destino crudele.
Buon viaggio Yankee, ti porteremo per sempre nei nostri cuori''.