Incidente di Avezzano: Edison Lika non ce l'ha fatta. Il ricordo di un amico

13 Settembre 2012   12:43  

Non ce l'ha fatta Edison Lika, il ragazzo aquilano, di origini albanesi, 27 anni ricoverato in rianimazione all'ospedale di Teramo a seguito del terribile incidente di giovedi 6 settembre che ha provocato la morte di Luca Battisti di 19 anni e Riccardo Cravaro di 54 anni, anche loro aquilani.

Il decesso di Lika è avvenuto lunedì ma la notizia, per volontà degli anziani genitori e di suo fratello, si è diffusa solo questa mattina.

Troppo gravi le conseguenze del terribile scontro. In un disperato tentativo di salvargli la vita ad Edison Lika gli era stata asportata la milza e il fegato, si era cercato di far fronte invano ad un gravissimo trauma cranico.

Torniamo alla dinamica dell'incidente: i tre erano a bordo di una Renault Clio che non si è fermata ad uno stop all'incrocio tra la Strada 40 e la Strada 10, nel territorio compreso tra i Comuni di Avezzano e Luco dei Marsi, e si è scontrata ad alta velocità con la Opel Astra condotta da un lavoratore della cartiera di Avezzano, Goffredo D'Amico, 58 anni, di San Benedetto dei Marsi, anche lui ricoverato presso l'ospedale di Avezzano, ma per fortuna in coindizioni non gravi, con una prognosi di 20 giorni.

Una scena terribile, quella che hanno visto i primi soccorritori: macchine accartocciate, pezzi di carrozzeria sparsi un po' ovunque e dentro la Clio i corpi di Battisti, morto sul colpo, Cravaro, deceduto poco dopo, e Lika, seduto sul sedile di dietro, trasferito d'urgenza all'ospedale di Teramo.

I carabinieri, accorsi immediatamente sul posto, avevano trovato nell'automobile un panetto di hashish di 100 grammi e il guidatore, Cravaro, era risultato positivo alla cannabis.

La guida in stato di ebbrezza, a causa dell'alcool o delle droghe, si conferma la causa, dopo l'eccesso di velocità ovviamente e l'imprudenza, degli incidenti mortali o con gravi coinseguenze. I dati più recenti della Procincia dell'Aquila asseverano una sensibile e incoragiante diminuzione del 48% del numero degli incedenti nel primo semestre del 2012, rispetto al stesso periodo del 2011.Ma poco importa: ancora troppe sono e le vite che si perdono sulle strade.

 

Toccanti le parole in ricordo di Edison che scrive nel blog il suo amico Alessandro Tetttamanti:

 

''Temo non si spenderanno molte parole sulla tua morte perché in vita non viaggiavi certo in prima classe e per quelli che in fondo ci muoiono, è più facile che arrivino lontani giudizi “da buon borghese” che parole.

In fondo il dolore, la disperazione come la gioia, sono cose che si vivono e basta e fanno parte tutt’uno con la vita. Le parole spettano agli altri, a chi c’ha tempo, a chi ha studiato come me. Io sono ben contento di lasciare un minuscolo ricordo di quello speciale “ragazzo di vita” contemporaneo che eri.

Ti ricorderò con quella grande bocca che parlandomi si muoveva un pò convulsa, con quegli occhi splendidi e magnetici che mi tenevano vicino e lontano disperdendomi un pò quando parlavi.

C’avevi l’anima buona Edison, l’abbiamo sempre detto tutti. T’abbiamo conosciuto che ci hai aiutato con dei lavori di edilizia dal basso e mi ricordo ancora quando subito dopo chiedesti se potevi organizzare un torneo di poker tra lo stupore generale. Ricordo le infinite volte che ho scorto il tuo volto  illuminato di notte solo dalla luce del computer e le ore che ci passavi davanti a quel gioco che eri pure bravo.  “Ieri ho vinto 300euro” m’hai detto un paio di volte.

Eri un operaio, un lavoratore sempre in cerca di un nuovo lavoro e di un modo per sopravvivere a questa giungla di precarietà (ma il termine in realtà è un lusso) dove un ragazzo proletario di origini albanese deve sapersi districare.

Un ragazzo di origini albanesi che mi diceva di voler andar via da casa dei suoi ad ogni costo, che con i tuoi non ci saresti rimasto a vita come vorrebbe la *loro* cultura manco morto…

Sei andato per una storia nella Marsica chissà perché. M’hai detto che non volevi più rischiare niente ed eri sincero, chissà per quale scherzo della vita quella notte hai accettato di andare e ti sei ritrovato in quella macchina.

“Non mi fanno lavorare con un contratto a causa di un pendente giudiziario che c’ho e che in appello potrebbe condannarmi” così mi dicevi. Ma è possibile cazzo!

Sarà solo una scusa che gli hanno messo per farlo lavorare a nero come tutti gli altri “immigrati” qui a L’Aquila per giunta “extra-comunitario” come dicevano le carte che avevi. Mi sforzavo di ragionare…

Chissà un avvocato, uno sportello, un sindacato(?)…ma chè non c’è niente e nessuno a cui rivolgersi nei gironi della disperazione, nei bassifondi di sta città che bigotta ancor di più di prima manco sa di averceli, tra i dannati piccini e innocui che basterebbe poco, parlargli una parola, comunicare, coinvolgere, integrare.

Non ci sono santi né angeli nelle strade buie di L’Aquila e manco qualcuno che verrà a salvarti nel vuoto sociale in cui c’hanno lasciati. 

Basta un passo falso per giocarti la sola cosa che ti rimane e che tutti, tanto, t’hanno fatto capire che la tua vale poco.

Io non lo so ma la tua morte Yankee, come la strada t’ha chiamato, per me è una morte di classe. Costretto dalla miseria in cui viviamo e da quell’altro gioco sporco che si chiama proibizionismo a rischiare di nuovo, ad imboccare quella strada e trovare di fronte un destino crudele.

Buon viaggio Yankee, ti porteremo per sempre nei nostri cuori''.

 


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