Infanticidio-suicidio di Pescara, la madre lotta per la vita al Sant'Eugenio di Roma

La donna ha ustioni di secondo grado sul 40% del corpo

29 Aprile 2014   10:36  

Si è salvata solo lei dal tragico rogo in cui nel pomeriggio di domenica scorsa, nel quartiere Rancitelli di Pescara, sono morti il compagno Gianfranco Di Zio e la figlia Neyda, ma le sue condizioni restano gravissime, senza considerare le ferite nell'animo certamente ancor più profonde.

Ena Pietrangelo, 44 anni, è riuscita miracolosamente ad uscire dall'auto in fiamme, riportando tuttavia ustioni di secondo grado sul 40% e di terzo sul 5% del corpo, che hanno costretto il personale medico a ricoverarla presso il Centro grandi ustionati del Sant'Eugenio di Roma, dove sta tuttora lottando tra la vita e la morte, inevitabili conseguenze del tentativo disperato e vano di sottrarre la figlia alla volontà omicida-suicida del padre.

Alle speranze di ripresa della donna è strettamente connesso il seguito delle indagini della squadra mobile di Pescara, in quanto lei sola è in grado di poter raccontare nei dettagli quanto accaduto nell'arco di tempo compreso tra le 17 e le 17:50 di domenica pomeriggio, prima che si consumasse il dramma.

Nel frattempo, è stata ascoltata come persona informata dei fatti Cristina Carota, l'assistente sociale del Comune di Cepagatti incaricata di seguire la famiglia, in particolare i colloqui tra la piccola ed il padre a seguito della sentenza del Tribunale dei minori dell'Aquila.

"Abbiamo messo in atto tutti gli interventi necessari per seguire la famiglia" - ha affermato l'assitente sociale - "tenendo incontri programmati tra padre e figlia ogni sabato mattina, in un ambiente familiare e protetto. Si tratta di una vicenda estremamente complicata poiché ci sono tanti aspetti che non vanno sottovalutati, ma di certo non avrei mai potuto prevedere una simile tragedia".


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