Irpinia- L'Aquila e ritorno

di Mino De Vita

28 Giugno 2010   08:38  

Mino De Vita, scrittore irpino, testimone e vittima del terribile terremoto del 1980, racconta per Abruzzo24ore.tv la sua esperienza a l'Aquila, dove Mino è venuto a fare il volontario, all'indomani del sei aprile 2009.
Un viaggio nella memoria e in destino comune a crateri diversi.

Irpinia- L'Aquila e ritorno
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arte prima


Lunedì sei aprile stavamo commentando gli esiti delle primarie che si erano tenute, il giorno precedente, in seno alla coalizione di centrosinistra, quando un amico mi dice: "Hai saputo del terremoto a L'Aquila?". È bastata questa frase per riaprirmi una ferita mai guarita, mai completamente rimarginata, e che con buona probabilità non rimarginerò mai. È bastato un solo attimo per riportarmi alla polvere dei giorni del mio terremoto, quello dell'Irpinia, famigerato, celebre e celebrato, dibattuto, discusso ...
Fonte di tante indagini socio - antropologiche, politiche. Termine di paragone , pietra dello scandalo, ma il mio terremoto.
L'evento che mi ha cambiato la vita, il minuto che ha cambiato me e la mia terra, la mia gente, forse l'intera regione , ma il mio terremoto, intimo crudele soprattutto con me, che mi ha tolto ogni bene, mi ha tolto il respiro e la vita che mi circondava, gli affetti e gli amori...
Il mio terremoto, l'incrocio che mi ha portato verso un destino che non avevo programmato, che mai avrei potuto prevedere.
L'evento più usuale che la natura possa compiere eppure quello che maggiormente colpisce l'animo, la carne, i sentimenti, la storia di un popolo.
Il momento epocale che spacca in due ogni cosa, quella dicotomia che resta nel gergo , nel vissuto: prima e dopo.
"Prima del terremoto tutto era diverso ..." "... dopo il terremoto ogni cosa è cambiata" , questa la sequela delle locuzioni che ho sentito milioni di volte, prima e dopo, come la guerra, come l'alluvione, come un incendio, ma molto diverso. Come, ma non la stessa cosa.
A L'Aquila.
A L'Aquila io ci vado, dissi a me stesso, come se una voce dentro mi dicesse di andare, come se una voce dentro me lo imponesse.
Ma cosa vado a fare a L'Aquila?
Rispondevo a me stesso, non so scavare, non sono un tecnico, ma ci andrò, andrò a fare lo sguattero a servire a tavola, andrò a pulire la merda nei cessi se necessario e a lavare le pentole, andrò a fare tutto ciò che occorre, tutto ciò che mi ordineranno di fare. In silenzio!
Quando andrò a L'Aquila?
Appena possibile mi disse una voce di un tizio, Sandro mi pare che si chiamasse, dall'accento veneto. Aspetterò che mi chiamino per andare a L'Aquila, in silenzio, aspetterò che mi dicano di andare, e io ci andrò perché è giusto così. Lì ci troverò me stesso, che ha ancora bisogno di soccorsi, di aiuti, porterò con me il dolore e la sofferenza, ma soprattutto il silenzio che è l'aspetto più forte più intimo, più amaro del terremoto: il silenzio che segue il terremoto!
Il silenzio che rompe i timpani dopo il terremoto è l'aspetto più crudele, in quell'attimo ti accorgi che sei vivo tuo malgrado, e ti accorgi che sei sopravvissuto a te stesso e agli altri, ma non ti piace essere sopravvissuto, pensi a chi non lo è. Malgrado tutto sei sopravvissuto ...
La morte regna assoluta dentro e fuori di te. La morte della natura, dell'anima, della storia ...
L'incanto dell'immobilità ti penetra l'animo, il dolore che ne segue è come aver visto la lama attraversarti da parte a parte, senza un goccio, un flutto, ma solo il gorgo che si crea in te e ti trascina dentro di te: dentro a una dimensione nuova.
Sei solo senza la tua testa, la tua memoria, la tua storia ...
Quando stavi male ti rifugiavi in un angolo a casa tua, ora dove cerchi rifugio?
Dentro di te, ma dentro di te non vi è il luogo che cercavi, non uno spazio: solo macerie ...
Dove porti il tuo corpo ramingo? Nelle sciatterie che altri uomini ti creano intorno, nelle macerie umane, nelle tue macerie.
Lì smarrisci le tue pene, o forse le ritrovi ...
Fuggi in cerca di ciò che hai perduto, ma non lo ritrovi, non lo trovi negli occhi di chi ti è vicino, occhi altrettanto smarriti e vacui come fuochi fatui sulle tombe della storia e della tua città, che è solo, ormai, un ricordo.

Mino De Vita

autore  di "Quel minuto che ci ha cambiati" Mediaworld  - 2000 e di "Farina di ghiande" Plectica - 2008. Ha partecipato a "La ricostruzione della memoria" Plectica - 2000

 


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