L'Ue multa Italia per super stipendi dei banchieri. Ma a pagare sono i cittadini...

28 Novembre 2011   17:45  

E' il solito pasticcio all'italiana. Fascicoli insabbiati e scadenze dimenticate. Con l'Unione europea che puntualmente ci stanga. Non è la prima volta che Bruxelles tira le orecchie all'Italia, con tanto di multe a parecchi zeri.

La sanzione minacciata ieri dalla Ue, però, è decisamente più fastidiosa di quelle del passato. Riguarda il giro di vite Ue alle super buste paga dei banchieri. Le norme sono state approvate a novembre dello scorso anno e in tempi piuttosto rapidi tutti gli stati membri si sono messi in regola. Salvo l'Italia e, parzialmente, la Polonia. 

Insomma siamo gli ultimi della classe e come se non bastasse stavolta la bocciatura corre il rischio di risolversi con un paradosso da-moroso: ai mega stipendi dei top manager degli istituti contribuiranno, in qualche modo, tutti gli italiani. Visto che la multa in arrivo dalla Ue a Roma- pari a 97mila euro al giorno – andrà a pesare sulle sgangherate casse dello Stato. Calcolatrice alla mano, vuol dire che ulteriori dieci giorni di ritardo potrebbero costare 1 milione di euro tondo tondo all'Italia. Una botta che potrebbe arrivare a3 milioni in appena un mese. Roba da non crederci.

La questione ruota attorno a una direttiva Ue (la 76/2010) che, anzitutto, «contrasta l'effetto perverso degli incentivi retributivi, richiedendo a banche e imprese di investimento di applicare rigorose politiche di remunerazione che non incoraggino o ricompensino un'eccessiva esposizione al rischio». E gli istituti che non si adeguano (cioè che «adottano politiche remunerative non conformi ai nuovi requisiti») si beccano una multa da parte della vigilanza di Banca d'Italia. Per ora la multa è a carico dei cittadini italiani.

C'è da dire che già all'inizio del 2011 la commissione Ue aveva sistematicamente pressato i governi nazionali per una rapida trasposizione della direttiva Ue nei singoli ordinamenti giuridici. A maggio l'ultimatum, ignorato dall'Italia. Nel dettaglio, Bruxelles vuole che i bonus siano pagati a medio termine (2-3 anni) e comunque mai tutti in contanti, ma anche in titoli, in modo da scoraggiare gli atteggiamenti più speculativi e rischiosi da parte dei gestori delle attività di investimento.

Non solo. L'Unione europea vuole che siano modificate le modalità con cui le banche valutano i rischi connessi ai loro portafogli di negoziazione, per far sì che esse «tengano pienamente conto delle perdite che potrebbero scaturire da evoluzioni negative del mercato in situazioni di crisi». Un giro di vite che Bankitalia aveva in parte infilato in un regolamento approvato a marzo.

Operazione che andava completata con una legge ordinaria. I I Governo aveva fatto un passo con un emendamento al ddl comunitaria approvato alla Camera a luglio e che al Senato fatica a incassare il semaforo verde.

Le nuove regole dovranno essere rispettate da tutti gli istituti, ma Bruxelles chiede agli sceriffi della Vigilanza di avere un "occhio di riguardo" per quelli che hanno ricevuto aiuti pubblici e quelli che hanno difficoltà finanziarie. Nella prima categoria, in Italia, gli addetti ai lavori fanno rientrare le banche che hanno sottoscritto i Tremonti bond e cioè Mps, Pop-Milano e Creval. Il secondo contenitore, invece, potrebbe comprendere gli istituti chiamati agli aumenti di capitale da 14,7 miliardi di euro proprio dalla Ue: Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubibanca. Tocca al governo dei professori guidato da Mano Monti trovare una soluzione.

Fonte: http://www.dagospia.com


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