L'ombra del lavoro nero nei cantieri della ricostruzione

da L'Avvenire

26 Luglio 2010   13:50  

Sul quotidiano L'Avvenire  Antonio Maria Mira dedica l'editorale di domenica al lavoro nero e alle tante irregolarità riscontrate nei cantieri del cratere sismico.

Spazzare tutte le ombre da un intervento modello

di A. M. Mira


Niente giustifica il mancato rispetto delle leggi. A maggior ragione di quelle che tutelano i lavoratori, la loro sicurezza, il loro diritto a un regolare contratto, a un giusto salario, a un trattamento corretto. Diritti fondamentali dai quali nulla può far derogare. Neanche la comprensibile necessità di fare in fretta, per ridare una casa a chi l’ha persa drammaticamente. Scopriamo invece che accade all’Aquila nei cantieri della ricostruzione, così come in quelli alla Maddalena, prima per il G8, poi trasferito proprio in Abruzzo, e oggi per la Vuitton World Series. I cantieri dell’emergenza, quella vera del terremoto e quella più labile dei grandi eventi.

Nel capoluogo abruzzese sono state trovate irregolarità nel 50 per cento delle imprese edili controllate nel primo semestre di quest’anno e in un terzo dei lavoratori. Addirittura 53 manovali, più del 10 per cento, erano totalmente in nero. Numeri ufficiali, forniti dal dipartimento provinciale per il lavoro, che chiunque può chiedere e andare a leggere. Molto simili a quelli riscontrate nei cantieri della Maddalena e comunicati addirittura dal governo. Ma, dato ancor più preoccupante, le percentuali di irregolarità sono praticamente uguali a quelle riscontrate nel 2009. Malgrado le tante rassicurazioni che quei cantieri sarebbero stati super controllati. E malgrado i riflettori mediatici costantemente accesi.

Invece c’è chi vergognosamente approfitta di coloro che hanno bisogno di lavorare, italiani o stranieri che siano. Risparmia sulla loro pelle e sulla loro vita, obbligandoli a ricorrere al sostegno delle iniziative Caritas. Lavoratori, ma poveri. Perché bisogna fare in fretta (è giusto) e fare soldi (molto meno). In questi mesi abbiamo imparato che dietro le emergenze più o meno reali ci sono tante deroghe, da leggi e contabilità. In nome dei tempi rapidi, per superare intralci burocratici o assurde inefficienze. Per aiutare meglio, e in fretta, chi si trova in difficoltà. Ma abbiamo, purtroppo, appreso che in alcuni casi queste deroghe sarebbero servite alla "cricca" per ben altri scopi. Interessi privati con strumenti pubblici.

Ora scopriamo che qualcuno, all’Aquila come alla Maddalena, ha pensato bene di derogare dalle norme sul lavoro, al punto di giungere a casi di vero sfruttamento. Imprese che non danno il giusto, che non rispettano gli orari e la sicurezza nei cantieri, e "caporali" che forniscono manodopera a prezzi stracciati. E meno male che sono stati smascherati. Ma queste imprese come sono state scelte, che garanzie di correttezza e legalità avevano dato? L’efficienza e la rapidità non possono bastare. Una recente operazione contro il clan dei casalesi ha confermato le mire della potente cosca camorristica sui cantieri della ricostruzione. Non solo ipotesi: i magistrati della Dda di Napoli hanno spiegato che le ditte colluse hanno operato davvero.

Ma evidentemente non ci sono solo le azioni eclatanti della "cricca" e dei mafiosi, a speculare sulla ricostruzione. C’è un’illegalità meno "rumorosa", quotidiana, e per questo ancora più pericolosa e drammaticamente squallida. Sfruttare vite, anche se per alleviare le difficoltà di altre, è inaccettabile. Servirebbero maggiori controlli. Eppure, benché l’Aquila sia la città con più cantieri aperti d’Italia, gli ispettori destinati alle verifiche sono troppo pochi. Ecco, questi sì sarebbero soldi ben spesi. Per gli aquilani. E per chi sta rimettendo in piedi la loro città.
Antonio Maria Mira


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