L'oro verde d'Abruzzo e telefoni azzurri

30 maggio 2008 - puntata numero 91

31 Maggio 2008   13:40  

Nella puntata 91 di MAGAZINE 99 proponiamo un viaggio nell'Abruzzo aquilano scandito da due tappe: Capitignano, dove si è convivialmente celebrata la giornata nazionale degli agriturismi e Goriano Valli, in occasione della Festa della tosatura. A seguire la Provincia dell'Aquila e il suo impegno per il Telefono azzurro.

L'ORO VERDE D'ABRUZZO

di Filippo Tronca

L’ospitalità può essere anche una merce. Nulla di male, è cosa vecchia quanto il mondo, ma dipende da chi la vende, da chi la compra, dove e perché. Ce ne siamo resi conto trascorrendo una piacevole giornata nell’agriturismo del signor Giuseppe, a Capitignano, provincia dell’Aquila, una delle trenta aziende abruzzesi coinvolte nella “Seconda giornata nazionale dell’agriturismo, la tua casa in campagna”, iniziativa promossa dalla Confederazione italiana agricoltori. Un settore in forte crescita, quello dell’agriturismo, anche in Abruzzo. Aumentano infatti il fatturato e le presenze e si comincia a registrare il tutto esaurito non solo in agosto o a capodanno ma anche a Luglio e settembre. E’ bene però diffidare però dalle imitazioni: un vero agriturismo deve essere un attività prevalentemente agricola, vale e a dire che deve auto-prodursi la materia prima alimentare al 60% in zone collinari e al 40% in aree montane. Il resto deve essere acquistato dagli agricoltori locali, e solo il 10% al supermercato. E ci sono poi altri requisiti previsti dalla normativa vigente che saranno ulteriormente messi a punto dal piano di riordino del settore allo studio della Regione.
A qualificare un agriturismo ci sarebbe poi la convivialità autentica, il sorriso di chi ti accoglie, la cura dei particolari, l’amore per le piccole cose, che non può essere però nè normato nè quantificato. Dipende da come si è fatti dentro, dal valore che si alle persone, predisposizione interiore che solitamente è inversamente proporzionale alla micragnosa fregola del profitto. Una giornata in agriturismo: aria pura, un sorso di acqua di sorgente, discorsi buontemponi sui massimi sistemi o dottamente terra-terra, cibo genuino e preparato secondo le ricette della tradizione, una passeggiata sull’asino per i più piccoli, che è trastullo ben più gratificante che uccidere mostriciattoli davanti allo schermo del computer. Il privilegio di assistere alla trasformazione del latte in soffice formaggio, alchimia resa possibile dalla memoria storica che come i calli si sedimenta nelle mani e nei gesti. E poi le tarantelle e i saltarelli della Vitivinicola italo-abruzzese, che per l’occasione hanno sfoderato un sorprendente barattolofono, esempio ritmico di riutilizzo conviviale dei rifiuti, e ci si perdoni l’azzardato neologismo.

Dal Gran Sasso al Sirente, lungo le valli scavate in direzione sud est dal Fiume Aterno.

In riva al laghetto di Goriano Valli che è meta primaverile dei rospi in amore o di qualche airone cenerino di passaggio, si è svolta anche quest’anno la Festa della tosatura, organizzata dalla gente del paese in uno sforzo corale e dall’ex convento San Giorgio, una struttura di Legambiente che in oltre dieci anni di attività ha ospitato migliaia di volontari provenienti dai cinque continenti. Evento che ha concluso in Abruzzo l’edizione 2008 di Voler bene all’Italia.
Non pensate però che la festa della tosatura sia una rievocazione nostalgica di una attività oramai quasi scomparsa, un arcadia posticcia ad uso dei turisti. Autentiche sono infatti le pecore portate qui dagli ultimi pastori. sono i manufatti in lana delle giovani artigiane dell’associazione La Tineola, scese dal Piemonte, ad insegnare l’antica arte della lavorazione del feltro, un assaggio del corso che sarà tenuto quest’estate presso il Convento San Giorgio. Autentici sono pure i talenti del rasoio giunti sin qui dalla lontana Australia, che hanno tosato le pecore con la velocità e semplicità con cui si sbuccia una mela, davanti all’occhio compiaciuto e ammirato degli anziani pastori del paese.
Lontani i tempi, come scrive Paolo Rumiz, in cui pastori d' Abruzzo tornavano dalle fiere pugliesi con mule cariche d' oro. e in cui l' Appennino grondava di latte ed era un immenso belato. La pastorizia dei piccoli greggi, che fanno parte del paesaggio e dell’anima degli Appennini da tempo immemore, è in declino. Assediata dal commercio all’ingrosso, dall’invasione delle grandi multinazionali del macello low cost, soffocata dagli alti costi di gestione e da una burocrazia inefficiente e polverosa che cresce allo stesso ritmo con cui diminuiscono le pecore nei pascoli.
L’entusiasmo che si respirava intorno al laghetto è però un segno di speranza. Come pure la nascita, nel bel mezzo della festa di un agnellino, un evento che i tanti bambini presenti difficilmente dimenticheranno. A pensarci bene un futuro senza petrolio non solo è probabile, ma piaccia o meno, inevitabile, un futuro senza pecore, lana, formaggio, arrosticini è decisamente più difficile da concepire.


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