La Bce avverte: la crisi è grave, a rischio le nuove generazioni

L'Abruzzo. Una Regione particolare ...

22 Gennaio 2009   13:38  
L'economia mondiale è nei guai. Le nuove generazioni e quelle future rischiano di ritrovarsi senza un centesimo. "Pensione" e "ammortizzatori sociali" poi, sembra siano diventati termini privi di senso, desueti, anacronismi di un sistema che non progetta più, teso com'è a fronteggiare i danni di una politica globale sconsiderata, e priva di responsabilità.

Nel suo bollettino mensile la Banca Centrale Europea lo afferma senza mezzi termini, con il suo abituale linguaggio dei numeri disegna un quadro che definire critico è un eufemismo: "la recessione è grave e sincronizzata. Le prospettive per la crescita economica internazionale rimangono estremamente incerte a causa della volatilità dei mercati finanziari e i rischi orientati verso il ribasso". C'è di più. Per la Bce, la cattiva salute del sistema economico planetario non avrebbe ancora mostrato i sintomi peggiori. Per i prossimi trimestri infatti l'Eurotower prevede segnali di "sostanziale debolezza dell'attività mondiale", tali da intimare grande e ragionata cautela nell'ambito delle politiche di bilancio che i governi nazionali si accingono a delineare.

In altre parole la crisi durerà ancora per molto, e considerando che il “fondo non è stato ancora toccato” occorre pensare anche al futuro. Come annunciato dal bollettino "I provvedimenti straordinari decisi sinora comportano oneri considerevoli per le finanze pubbliche in numerosi paesi dell'area euro. Se non saranno riassorbiti a tempo debito, peseranno in modo particolarmente negativo sulle nuove generazioni e su quelle a venire".

UN EQUILIBRIO PRECARIO

Secondo l'Istituto di Francoforte bisogna puntare sul medio termine, salvaguardando la "fiducia del pubblico nella sostenibilità dei conti" e dunque evitando di adottare misure di stimolo fiscale troppo onerose, naturalmente tenendo conto delle particolari condizioni di bilancio di ciascun Paese. Gli stabilizzatori automatici dovrebbero infatti bastare a conferire un forte impulso fiscale all'economia in fase di rallentamento, sommando -si spera- tali effetti alle politiche di bilancio espansive e agli interventi pubblici previsti a sostegno del settore bancario.

Riguardo la questione inflazione tuttavia il quadro si complica. Se anche i rischi per la stabilità dei prezzi nel medio termine risultano ad oggi "sostanzialmente bilanciati", la Bce invita a mantenere alto il livello di attenzione, in quanto gli stessi potrebbero "concretizzare rischi al rialzo" se la recente diminuzione dei corsi relativi alle materie prime dovesse registrare un'inversione di tendenza, o le pressioni interne risultassero più forti di quanto previsto. L'inflazione dovrebbe continuare a ridursi collocandosi su livelli molto bassi a metà anno, per poi aumentare nei mesi successivi.

ABRUZZO: UNA REGIONE "PARTICOLARE"

Se la crisi mette a dura prova i sistemi sociali dei Paesi nord europei, forti di ammortizzatori sociali e tutelati da svariati programmi per lo sviluppo economico, in Italia si comincia a temere il collasso. Nella nostra Regione poi, stretta com'è tra questione morale e deficit pubblico, il quadro assume contorni ancora più inquietanti. A dimostrarlo l'incontro avvenuto ieri tra il presidente della Regione Gianni Chiodi e il ministro del Welfare Sacconi, un amichevole braccio di ferro su uno dei temi più scottanti delle scene abruzzesi: la sanità pubblica.

Un piano di risanamento "molto duro", secondo Chiodi, il quale avrebbe chiesto al Ministro del Welfare e poco dopo al Capo del governo, margini più flessibili, per una Regione che seppure chiamata a riparare il debito, necessita di investire nella crescita e nello sviluppo come non mai. "Siamo in grande difficoltà- ha affermato il Presidente della Regione nel colloquio con i giornalisti- perché abbiamo ereditato una situazione drammatica e al momento non abbiamo nemmeno un euro da investire per lo sviluppo. In ogni caso dobbiamo farcela, abbiamo un solo sentiero, a destra e a sinistra del quale c’è solo il baratro".

Parole dure. E ancora più ardua si prospetta la sfida che attende il Governatore nei prossimi anni. La sanità fagocita più dell'80% del bilancio regionale. Lo scorso anno lo Stato ha erogato al settore sanitario abruzzese ben 2 miliardi e 121 milioni di euro. Non è una novità. Ogni anno il Cipe assegna alle Regioni una certa somma da investire sulla sanità. L'Abruzzo però ne ha sempre utilizzato una porzione al fine di coprire altre voci di bilancio. Il piano di risanamento che Regione, Ministero della Salute e Ministero dell'Economia hanno concordato obbliga questa volta l'Amministrazione abruzzese ad usare la somma erogata solo all'interno dell'ambito sanitario. In altri termini il debito pubblico non è più consentito. Ecco che al governo regionale tocca abbattere gli stanziamenti relativi a quei settori che prima copriva con una parte del denaro pubblico destinato alla Sanità, e far fronte alle cartolarizzazioni decise in passato con risorse che non derivino da tale fondo. Una situazione del genere potrebbe spingere la Regione a contrarre un nuovo debito per sanare il deficit esistente, un rischio che, considerata la bassa capacità fiscale dell'Abruzzo, andrebbe di certo a gravare sulle spalle dei contribuenti.

UN PROBLEMA DI CHIAREZZA

Come ha spiegato lo stesso Chiodi nella Conferenza delle Regioni la settimana scorsa, la prima base essenziale per far fronte alla crisi risiede in un confronto serio e trasparente tra Stato e governi locali. Ma il caos impera e il tempo passa. Ieri ad esempio avrebbe dovuto aver luogo il secondo incontro dei governatori sulla gestione delle risorse per il settore sanitario. Appuntamento rimandato alla prossima settimana in quanto manca l'accordo sui criteri per la suddivisione dei fondi. A slittare è stato anche il meeting tra Regioni e Maggioranza sui fondi Fas e il Fondo Sociale Europeo (15 miliardi di euro), del quale il Governo nazionale vorrebbe utilizzare 8 miliardi per gli ammortizzatori sociali. Un programma rifiutato dalle amministrazioni locali in quanto lesivo del sistema formativo. "Si deve intervenire sulla crisi ma la formazione resta uno degli elementi fondamentali per risolverla e guardare oltre in modo strategico." ha affermato il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errano, "Il governo perciò - ha aggiunto- deve dire con chiarezza quali sono le risorse che mette a disposizione per gli ammortizzatori in deroga oltre che per la cassa integrazione ordinaria".

La mancanza di chiarezza sulle linee da seguire è una complicazione che sembra assillare anche il presidente Chiodi, il quale non ha esitato ad esprimersi in proposito nel corso della stessa conferenza: "il problema non è la volontà delle regioni di partecipare a uno sforzo condiviso con il governo per far fronte all’emergenza della crisi: il problema è la qualità di questo confronto. Mancano disponibilità in termini concreti e difficoltà nel colloquio". Una questione che ha condotto i governatori regionali ad inviare, di comune accordo, una lettera a parti sociali e Governo, affinchè in un momento di "tale crisi" non venga a mancare il contatto diretto con lo Stato.


Giovanna Di Carlo

 

 


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