La Curia, la Casa dello studente, il lavoro

11 Novembre 2009   10:14  

Riceviamo e pubblichiamo dal prof. Antonello Ciccozzi, che entra nel merito di un nostro recente articolo

''Sono da poco venuto a conoscenza di un articolo su internet in cui vengo menzionato come docente dell’Università dell’Aquila e viene riportata una mia posizione in merito alla questione della Casa dello Studente (che a quanto pare la regione Lombardia ha donato alla Curia). A scanso di evitare equivoci tra l’Università e la le istituzioni ecclesiastiche cittadine, ritengo sia opportuno precisare che ho parlato non a nome dell’Ateneo di cui faccio parte, ma esclusivamente a titolo personale; ossia come libero cittadino nell’esercizio del suo diritto - sancito costituzionalmente - di esprimere civilmente dissenso politico, che a questo punto ritengo di dover spiegare più in dettaglio.

Come specificato dall’articolo, la domanda rivolta a mons. Molinari è stata rilevata da una mia osservazione. Quale osservazione? Si tratta di una mia risposta-proposta inviata a una mailing list dei comitati riguardo il fatto che questa Casa dello studente - costruita a spese dei contribuenti della regione Lombardia (cattolici e non) - è stata edificata sui terreni della Curia che da subito la gestirà e che ne diventerà proprietaria fra trent’anni (il tutto grazie a un accordo ottenuto con la complicità della regione Abruzzo). Questo è quanto mi pare di aver capito della questione, se le cose non dovessero stare così mi scuso per il fraintendimento, ma in caso contrario ribadisco la mia impressione.

Ecco, per intero, l’email in questione:

'' puntando sull'aspetto più semplice che metta in evidenza la discriminazione attuata, all'arcivescovo molinari - e a tutti i nostri variamente laici benefattori politici - bisognerebbe chiedere: "perchè se la chiesa si riprenderà gli immobili costruiti sui suoi terreni questo non dovrebbe valere per tutti i cittadini espropriati?". qual'è il criterio su cui si fonda questa pretesa di trattamento differenziato? 

friuli: prima il lavoro poi le case poi le chiese

l'aquila: prima le chiese poi le case poi il lavoro

ogni giorno che passa il terremoto della politica rende questa città un pò più brutta''

(prego di non interpretare il minuscolo come pura irriverenza: esso è suggerito dal linguaggio informale e dalla fretta della comunicazione via email)

In altre parole, Curia o meno, la sostanza della questione è la seguente: semplificando, a seguito del terremoto si sono innescati sul territorio aquilano - sotto il fuorviante nome generico di “ricostruzione” - diffusi processi di costruzione ex-novo di immobili, indirizzati su terreni di varia proprietà. Nello specifico tali processi hanno previsto, in nome dell’emergenza, una procedura di espropri estesi, i quali hanno colpito quasi sempre piccoli proprietari e quasi mai i terreni delle lobbies imprenditoriali, del Demanio e della Curia (che probabilmente è, oltre che il ponte istituzionale tra Dio e gli uomini, il più grande latifondista nazionale).

Al di sopra di tante sfumature su procedure, specificità, decreti, esigenze e necessità, i fatti concreti rimandano a uno scenario in cui - a seguito dell’evento catastrofico - molti piccoli proprietari subiranno una perdita considerevole mentre una serie di potenti istituzioni trarranno in vario modo vantaggio economico; tra cui, come pare da questo caso, la Curia. Dando per assodato che questa Casa dello Studente rappresenta oggettivamente un guadagno per l’istituzione che ne rileverà la proprietà, personalmente mi permetto di contestare in ciò degli elementi di contraddizione morale (rispetto ai principi fondativi del cristianesimo) e di ingiustizia sociale (rispetto al fatto che vi è stato un trattamento non equo tra diversi attori sociali inseriti in un comune contesto).

I fatti concreti, nella loro semplicità, minacciano sempre di evadere dalla complicatezza di tante spiegazioni finalizzate a sofisticare l’evidenza. In questo caso l’evidenza pare quella in cui qualcuno fa il cosiddetto “affare” e qualcun’altro prende la cosiddetta “fregatura”. Da questo bisognerebbe partire per valutare un evento che invece è passato all’opinione pubblica così: la Chiesa ha donato un suo terreno all’Università per fare la Casa dello Studente. In tutti i modi va pure considerato che questo episodio intrattiene degli elementi comuni con la torbida atmosfera a cui ci stiamo abituando dopo il terremoto: un garbuglio di complicazioni, di posizioni, di visioni e versioni differenti, in cui la confusione diventa il migliore alleato per il lasciar correre.

Sarà il caso di specificare che, pur essendo essenzialmente ‘laico’, non sono un anticlericale “per partito preso”; perciò, questo non vuole essere un “attacco alla Chiesa” (per usare è la formula rituale con cui solitamente si stigmatizza chi critica questa istituzione), ma una critica puntuale a un fatto specifico, che tuttavia non avrebbe senso se non nel riferimento all’istituzione che ad esso è interessata.

Essendo informati di episodi come la passata pandemia di cedimenti verso tentazioni coloniali o l’attuale scandalo delle perversioni pedofile di sporadici parroci, ormai chi vuole sapere sa che anche la Chiesa, come qualsiasi altro ordinamento umano, è composta da buone e cattive persone. Quello che cambia radicalmente rispetto ad altri enti esclusivamente mondani - almeno in teoria - sono i principi fondativi; e quindi le intenzioni. Se gli uomini devono rendere conto a Dio, la Chiesa dovrebbe fornire esempio agli uomini. Seppure in modo grottesco questo mi sembra sia successo: la questione della Casa dello Studente è esemplare di una tendenza che pare abbia attecchito molto bene a L’Aquila dal 6 aprile, quella di fare affari con la ricostruzione, di aiutarsi col pretesto di aiutare.

Insomma, non mi sembra edificante quello che è successo, non solo perché pare che la Curia possa aver tratto vantaggio economico da ciò; ma poiché tale vantaggio, mentre è propagandato come carità, si configura come un doppio privilegio dal momento in cui esso si situa in una cornice più ampia in cui altri “comuni mortali” si sono visti svantaggiati. Anche per questo sarebbe ora sapere cosa ha donato la Chiesa nazionale e mondiale a sostegno dei terremotati, e quanto ha preso la Chiesa locale per il terremoto (si dirà che anche la Chiesa è terremotata, ma la Chiesa non esiste solo a L’Aquila, mentre gli aquilani sì, o almeno cercano di seguitare in vari modi a farlo).

Quello che hanno visto tutti gli aquilani è che subito dopo il terremoto tutte le chiese sono state accuratamente puntellate, con una rapidità commovente, della quale però non ha quasi mai potuto beneficiare il tessuto abitativo “profano” della città (che per lo più dopo sette mesi ancora aspetta sotto la pioggia). Niente da ridire riguardo le chiese monumentali, ci mancherebbe; ma il punto è che qualsiasi chiesetta tutt’altro che monumentale, in stato di abbandono, di scarsissimo valore artistico-architettonico, è stata prontamente fasciata in modo ineccepibile, tutte, tutte subito. Sarà un caso o un segno entro cui interpretare certe precedenze implicitamente in atto nel circo della ricostruzione?

Dato il tema può essere qui utile richiamare il concetto di ‘agape’, un termine desueto per indicare l’ideale di carità, di amore cristiano, inteso come dono totalmente incondizionato, puro, assoluto. L’agape - come atto di elevazione morale - si distingue dal do ut des, dallo scambio reciproco di chi dà per avere a sua volta; e si oppone all’eros, che indica l’amore come possesso. Analizzando le semplici conseguenze portate da certe necessità, non si può notare che, mentre per molti cittadini – quelli espropriati - il terremoto si è risolto in un’agape imposta, coatta, per la Curia si prospetta – di fatto ossia fuor da opinioni - un guadagno oggettivo in termini di possesso, di eros, appunto, se si vuole stare a certi termini, propagandato come agape.

Forse sono eccessivo e banale a vedere in questo episodio solo una mondana forma di speculazione? Non so dire. Tuttavia, si perdonino le mie aconfessionali ingenuità, mi pare di aver capito che lo stesso papa Benedetto XVI nella sua prima enciclica sottolinei la necessità di reintegrare eros (amore come possesso) e agape (amore disinteressato) per pervenire a una dimensione di reciprocità che fornisca la base della dottrina sociale della Chiesa. Da profano, leggendo l’enciclica, trovo scritto che «l'amore può essere “comandato” perché prima è donato». L’ermeneutica fa miracoli prospettici, e forse, in un certo senso, una forma di canonica reciprocità può essere ravvisabile anche in quello che a L’Aquila è successo tra Chiesa e regione Lombardia.

Ma il dubbio - che poi è in fondo l’unico misurato credo del laico – resta nei miei pensieri, confortato dal fatto che lo stesso Ratzinger, molto prima di diventare Papa, ebbe a dire che: «la Chiesa sta diventando per molti l’ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l’ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo».

C’è chi vede nella Chiesa nient’altro che l’unico percorso possibile verso Dio e chi vi vede in fondo solo una multinazionale fra le altre, seppur assai bene insediata e potente. Comunque - fuori da questi che mi sembrano opposti eccessi – ciò che è successo riguardo questa Casa dello studente, mi pare possa essere difficilmente spiegabile del tutto esternamente da terreni appetiti.

Antonello Ciccozzi

Monsignore, permette una domanda?

L'Aquila - Una domanda ingenua e semplice semplice rivolta all'arcivescovo dell'Aquila monsignor Giuseppe Molinari, suggerita dal  professore delll'università dell'Aquila Antonello Ciccozzi:A L'Aquila  la Chiesa gestirà e poi diventerà proprietaria di  immobili come la Casa dello studente di Coppito, costruiti sopra i suoi terreni a seguito del terremoto, con fondi pubblici e donazioni. Perchè questo non ...

 


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