La Vita di Galileo al Teatro stabile dell'Aquila

Dal 23 al 26 ottobre

22 Ottobre 2008   12:10  

Una scintillante apertura per la Stagione Teatrale Aquilana che prende il via con lo spettacolo “Vita di Galileo” recensito dalla grande critica come uno degli eventi più interessanti del panorama teatrale attuale.
Alla vigilia del quarto centenario delle prime osservazioni astronomiche non si può mancare agli appuntamenti di Giovedì  23  ottobre  ore 21,00, Venerdì 24  ottobre  ore 21,00, Sabato 25  ottobre  ore 16,30, Domenica 26 ottobre  ore 16,30 con il palcoscenico del Teatro Comunale di L’Aquila.
Vita di Galileo è ricchissimo di spunti di riflessione per l’uomo contemporaneo, dibattuto nella scelta fra mercificazione e valori profondi, fra anelito al potere e responsabilità, fra conformismo e isolamento. Temi di grande coinvolgimento su cui il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia e il Teatro de Gli Incamminati hanno voluto puntare, nella realizzazione della messinscena dell’opera, affidata alla regia di Antonio Calenda e – per il ruolo del titolo – ad uno dei maggiori protagonisti della scena nazionale, Franco Branciaroli.

L’uomo e il senso di responsabilità, la ricerca e l’etica, lo scienziato e il potere: si sviluppa fra questi cardini – di assoluta attualità – Vita di Galileo, una delle opere più importanti di Bertolt Brecht, ma anche una fra le più ambigue e avvincenti. Composto fra il 1938 e il 1943, il dramma fu rielaborato in almeno tre distinte riprese e costituì sempre un culmine nella produzione brechtiana: una sorta di “testamento spirituale” per il grande autore di Augusta sia sul piano del lavoro teatrale, che su quello del contenuto morale. Un capolavoro nei cui inquietanti chiaroscuri e nelle cui evoluzioni si possono intuire le vie per comprendere veramente il XX secolo e i suoi conflitti, ovvero le ombre del nostro presente, come già sottolineò nel 1963 Giorgio Strehler nel suo allestimento.

La storia percorre la parabola del grande scienziato pisano dal tempo dell’insegnamento a Padova agli ultimi anni vissuti forzatamente in “ritiro” a Firenze, sotto la sorveglianza della Santa Inquisizione: un’esistenza densa di entusiasmi, affermazioni, sconfitte, intuizioni. La rivelazione più clamorosa riguarda il Modello Copernicano: non è Galileo ad intuirlo per primo, ma per primo riesce a dimostrarlo scientificamente, grazie proprio all’uso di quel telescopio di cui si era impropriamente attribuito l’invenzione. Le conseguenze di tale dimostrazione sono dirompenti: la Chiesa non è disposta ad abbandonare la teoria tolemaica del geocentrismo, l’Inquisizione processa Galileo e gli pone una scelta fra le più laceranti. Restare fedele a sé stesso, agli allievi, accondiscendere fino in fondo al demone della scienza e ad essa sacrificare la vita, oppure salvarsi, abiurando le teorie rivoluzionarie? Lo scienziato decide per la salvezza. E se nella prima edizione del dramma Brecht sembra scorgere in ciò il tentativo di continuare segretamente a servire la scienza e la ricerca, nelle rielaborazioni successive appare invece sempre più determinato a condannare la codardia con cui il protagonista sottomette la scienza alla politica. «Non credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare la fatica dell’esistenza umana – scrive infatti l’autore nelle sue note all’opera – se gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre ed ogni nuova macchina non sarà che fonte di nuove tribolazioni per l’uomo».

Note di  regia
“Per comprendere a fondo il senso e le peculiarità di questo testo – sostiene il regista Antonio Calenda – è necessario risalire alle grandi motivazioni per cui fu creato, alle riflessioni e agli eventi che spinsero Brecht ad elaborarlo in certe direzioni… Impossibile non correlare l’ultima definitiva versione di Vita di Galileo (in cui l’autore condanna l’abiura del protagonista) con l’atteggiamento di certi scienziati a lui coevi, che proprio in quegli anni si erano resi indirettamente colpevoli del disastro di Hiroshima, mettendo a disposizione di uomini comuni e della politica di potenza i loro studi sulla scissione dell’atomo. Impossibile non ricordare le osservazioni di Brecht sulla scelta di Robert Oppenheimer e di quei fisici che pur di non cedere alle richieste di un governo dedito alla guerra rinunciarono a incarichi di prestigio certi che “Scoprire qualcosa fosse diventato un’ignominia”. Argomenti che già nel 1963 sollecitarono il genio di Giorgio Strehler e lo indussero a creare uno spettacolo profondamente significativo e sui quali, attualmente, appare ancora più urgente e opportuna una riflessione.
Brecht ci ha donato un testo presago, turbato dall’intuizione dei disastri che l’uso distorto della scienza avrebbe procurato all’umanità: oggi siamo noi quell’umanità. È nostro il mondo che trema davanti alla pervicacia dell’Iran nell’uso indiscriminato del nucleare, nostro l’incubo della clonazione, nostre le nazioni che – per seguire la logica dell’interesse e del consumo proprie del capitalismo – rischiano la distruzione del pianeta, disattendendo al protocollo di Kioto…
La scienza e la necessità di rigenerarla secondo un’etica che le offra motivazioni assolute – anticipa ancora Calenda – saranno dunque i temi nodali della nostra lettura, che – rispetto al passato – non svilupperà invece il profilo della critica alla Chiesa: una scelta che apparirebbe anacronistica alla luce del famoso “perdono per Galileo e per le vittime della Santa Inquisizione” chiesto da Papa Wojtila, come pure delle osservazioni dello stesso Brecht, che nelle ultime note suggerisce – per non limitare le potenzialità e il senso del testo – di riconoscere alla Chiesa semplicemente il ruolo di rappresentante dell’“autorità”.

Da un’intervista a Franco Branciaroli 
"In Galileo c’è il senso di una grande responsabilità: per aver ristretto il campo della ragione al dimostrabile, dunque per aver ristretto la verità. Lo scienziato e uomo Galileo soffre come un matto. Come se avesse scoperto la bomba atomica!"

Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia  e Teatro de Gli Incamminati
Vita di Galileo
di Bertolt Brecht
regia di Antonio Calenda
scene di Pier Paolo Bisleri
costumi di Elena Mannini
musiche di Germano Mazzocchetti
luci di Gigi Saccomandi
con Franco Branciaroli, Giancarlo Cortesi, Daniele Griggio, Giorgio Lanza, Dora Romano, Alessandro Albertin, Giulia Beraldo, Tommaso Cardarelli, Nicola Ciulla, Emanuele Fortunati, Jacopo Venturiero, Nicole Vignola
Informazioni e prenotazioni Botteghino delTeatro Comunale di L’Aquila 0862 25584


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