La camorra lavorava alla ricostruzione: arresti e sequestri

Operazione "Untouchble", 52 indagati

22 Luglio 2010   14:43  

Stavano tentando di mettere le mani sulla ricostruzione dell'Aquila e del suo comprensorio.
Sei imprenditori sono finiti in carcere con l'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. L'imponente operazione scattata alle prime luci dell'alba coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha coinvolto quasi 500 militari della Guardia di Finanza e ha portato al sequestro di 21 società, 118 immobili ed altri beni per un valore complessivo di 100 milioni di euro.

Gli arrestati, secondo le indagini condotte dai finanzieri del Gico del Nucleo polizia tributaria di Roma, sono “espressioni economiche” del clan dei Casalesi, operanti nel Casertano, ma con propaggini anche in altre regioni d'Italia, in particolare Lazio, Toscana e Abruzzo.

Uno degli elementi centrali dell'indagine, denominata “Untouchable” intoccabile, è proprio il tentativo di infiltrarsi negli appalti per la ricostruzione, dalle intercettazioni telefoniche è emerso come la camorra attraverso i suoi affiliati costituiva e finanziava apposite società che avrebbero poi dovuto partecipare alle gare e aggiudicarsi i lavori.

Le indagini hanno consentito di smascherare anche quattro funzionari di banca accusati di favoreggiamento e concorso esterno in associazione camorristica: secondo gli investigatori sarebbero arrivati ad anche eludere le disposizioni antiriciclaggio pur di agevolare i camorristi.

Ma le minacce non provengono solo dal Meridione. Il pool , infatti, attraverso la costante attività di monitoraggio delle società impegnate nella ricostruzione, ha fatto revocare due certificati antimafia nei riguardi di altrettante società del Nord Italia di cui facevano parte persone vicine alla criminalità organizzata.

Nell'intervista (dal Tg La7) Virgilio Pomponio, comandante Nucleo Polizia tributaria Guardia di Finanza di Roma.

(MS)

"Le imprese coinvolte in questo sistema stanno lavorando. Non sappiamo in che misura, ma sono tutt'ora operative". A dirlo e' il coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Napoli Federico Cafiero de Raho, riferendosi all'inchiesta sulla infiltrazione della camorra dei Casalesi nella ricostruzione post-sisma in Abruzzo.

Tra i 52 indagati nell'ambito dell'inchiesta "Untouchable" della Procura di Napoli su infiltrazioni dei Casalesi negli appalti dell'Aquila c'e' anche l'ex- presidente dell'Unione cooperative aquilane Antonio Cerasoli, per il quale il gip partenopeo ha respinto la richiesta d'arresto presentata dai pm dell'antimafia. Per Cerasoli, uno degli arrestati, Michele Gallo, imprenditore considerato il riciclatore, ha cambiato numerosi assegni per decine di migliaia di euro gia' prima del terremoto.

"Antonio Cerasoli non ricopre alcun incarico in Confcooperative L'Aquila dallo scorso anno, quando a seguito del provvedimento di commissariamento dell'Unione provinciale assunto da Confcooperative Nazionale, lo stesso e' stato allontanato da tutti gli incarichi". E' quanto precisa il commissario di Confcooperative L'Aquila in merito alle notizie di agenzia relative alle operazioni condotte dalla Guardia di Finanza in Campania e in Abruzzo nelle quali appare il nome del signor Cerasoli.

Le operazioni avvenivano sul conto corrente della moglie di Cerasoli. Subito dopo il sisma del 6 aprile, in alcune intercettazioni telefoniche, Gallo contatta Cerasoli per ottenere appalti poi attributi a imprese vicine all'organizzazione, tutt'ora operanti nella ricostruzione.

Tra i beni sequestrati 21 aziende, una delle quali, la Gam Costruzioni, con sede a L'Aquila, gia' operante nella ricostruzione; 118 immobili, di cui due ville lussuose a Casal di principe, terra di Tulli Iorio, 36 anni, gia' arrestato un mese fa con il figlio del boss dei Casalesi, Nicola Schiavone; 33 tra auto e moto, tra cui anche una Ferrari; quote societarie per un valore nominale di 600mial euro; numerosi rapporti bancari. Contestualmente, eseguite 80 perquisizioni in uffici e abitazioni nella disponibilita' degli indagati.

E sono 51, complessivamente, le persone denunciate per associazione a delinquere di stampo mafioso, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni e abusivo esercizio di atttivita' finanziaria.

Per gli inquirenti, l'organizzazione ha accumulato illecitamente con appalti e subappalti un ingente patrimonio nelle province di Caserta, Roma, Latina, L'Aquila, e Olbia-Tempio Pausania.

LE INTERCETTAZIONI: ''SI PUO' FARE AD OCRE''


"Li' a fare i lavori voi... noi... C'abbiamo come fare no?". Michele Gallo, uno degli arrestati nell'ambito dell'inchiesta sulle infiltrazioni del clan dei Casalesi negli appalti post-sisma in Abruzzo, vuole rassicurazioni da un imprenditore aquilano.

E l'imprenditore aquilano non esita: "Ah, si'! Poi l'altre cose non e' un problema... Anzi dopo ti spiego pure a voce quello che dobbiamo fa". "Giovedi' mattina vi porto i soldi", aggiunge. Sono frammenti di una intercettazione telefonica che chiarisce il tipo di rapporto che si e' instaurato tra il 'braccio economico' del clan e l'imprenditoria locale abruzzese.

Intercettazioni che hanno poi trovato riscontro nelle verifiche bancarie compiute su i due interlocutori.

"A livello di lavoro ora come funziona?". Cosi' Gallo cerca di informarsi su come muoversi per entrare nell'affare e il suo interlocutore aquilano spiega che il terremoto e' ancora in atto.

"Dobbiamo aspettare un attimo, penso una settimana dieci giorni anche per vedere come seguitano queste c... di scosse". Sono i giorni immediatamente successivi al sisma del 6 aprile 2009, ma la camorra ha gia' intuito che la tragedia puo' diventare un grosso affare e che possono essere sfruttati contatti locali avviati ben prima.

C'e' da provare adesso il "peso" di questi contatti. "Ma voi come state... Come state situato... Riusciamo a fare i lavori?", chiede l'imprenditore del clan.

E il contatto locale indica anche la zona dalla quale si puo' partire: "Si puo' fare anche per la zona di Ocre, e' stata quella meno colpita, proprio non... Eh... Non ci stanno problemi la'... Grossomodo insomma al 90%...".

E' un rapporto stretto quello che si e' costruito tra l'imprenditoria locale e il gruppo camorristico.

Non solo gli affari della ricostruzione, gli imprenditori dalla faccia pulita si prestano anche a riciclare assegni e a custodie armi per conto del clan. Aderiscono spontaneamente, intuendo i vantaggi che la protezione criminale puo' offrire loro o subiscono pensanti minacce. In entrambi i casi non collaborano. "

In questo senso l'etica dell'economia - spiega il procuratore Federico Cafiero de Raho - non viene applicata. Il ricorso costante a prestanomi ha creato una vera barriera per nascondere l'identita' criminale".


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore