La crisi morde: si spende solo per le medicine

25 Ottobre 2011   19:25  

La crisi morde, i consumi crollano: si compra soltanto l'indispensabile, a partire dalle medicine. La fotografia scattata dalla tradizionale indagine Acri-Ispos condotta per la "Giornata mondiale del risparmio" testimonia come la riduzione della spesa riguardi anche quelle categorie come elettronica, telefonia e prodotti per la casa che lo scorso anno parevano essere state meno penalizzate dalla crisi.

La situazione di crisi continua ad abbattersi soprattutto sul fuori-casa (bar e ristoranti, cinema e teatro, viaggi): rispetto al 2010 un altro 12% di italiani ha ridotto questa tipologia di spese, portando il saldo negativo tra chi le ha aumentate e chi le ha tagliate da 40 a 52 punti percentuali. La diminuzione ha toccato anche l'abbigliamento, il cui saldo negativo passa da 27 a 36 punti percentuali, la cura della persona (da -13 a -25), la lettura (da -10 a -19) e l'elettronica (da -1 a -12).
L'unica eccezione sono i medicinali e i farmaceutici, il cui consumo e' in aumento rispetto a due o tre anni fa. La spiegazione, secondo i ricercatori, potrebbe risiedere nel progressivo invecchiamento della popolazione e in una crescente attenzione alla cura di se stessi. E le stime di settore parlano di un possibile ulteriore incremento nei prossimi anni.

Il dato medio nasconde comunque situazione estremamente variegata. Come nel 2010, chi ha un tenore di vita peggiorato ha dovuto tagliare ogni spesa. Anche coloro che si sono barcamenati tra le difficolta' per mantenere una buona qualita' della vita hanno dovuto abbattere i propri consumi. Chi ha mantenuto una qualita' di vita costante ha soprattutto spostato dal fuori-casa alla casa molte delle proprie spese. Ma anche tra coloro che hanno visto migliorare il proprio tenore di vita cominciano a diminuire i consumi fuori-casa e quelli per la lettura.
Secondo l'indagine, "l'impatto della crisi sui consumi e' quindi sempre piu' evidente e sta generando cambiamenti strutturali. In italia", affermano i ricercatori dell'Ipsos, "si sta creando un nuovo equilibrio nel paniere degli acquisti, che difficilmente verrebbe modificato in breve tempo qualora se ne uscisse". Questa ristrutturazione ha tre grandi cause: la volonta' di ricostruire gli stock di risparmio erosi dall'uso e dall'inflazione, il "feroce" taglio di ogni tipo di bene per le situazioni di difficolta' attuali, lo spostamento verso l'accumulo per i tempi bui di alcune risorse destinate ai beni non necessari. Scoramento e preoccupazione: la crisi preoccupa gli italiani e il 2011 si rivela l'anno peggiore del decennio.
Dalla tradizionale indagine Acri-Ipsos condotta per la "Giornata mondiale del risparmio" emerge l'immagine di un Paese che "sembra non reagire alla crisi, anzi la aggrava" e dove "si fa molto meno affidamento che in passato sulla ripresa globale". Un "crudo realismo, scevro di illusioni" prende il posto dell'"attendismo prudente e preoccupato" registrato nel 2010. Nel prossimo futuro non si "intravede nulla di positivo" e, anzi, si "avverte un progressivo peggioramento della situazione".
E' in questo quadro che il 50% degli italiani si dice pessimista rispetto al futuro, contro un 36% di ottimisti e un 14% di attendisti. Per la prima volta dal 2005 il numero dei soddisfatti della propria posizione personale e' superato dagli insoddisfatti, che crescono dal 44 al 51%. Per la prima volta in assoluto il numero di coloro che sono fiduciosi sul proprio futuro economico personale (21%) viene superato dagli sfiduciati (27%). Rispetto al futuro dell'Italia, a fronte del 54% di sfiduciati troviamo appena un 24% di fiduciosi.
Continuano a diminuire coloro che riescono a migliorare la propria posizione: ormai non superano il 5% della popolazione (erano l'11% nel 2006), a conferma della percezione di un Paese "statico", che sta "lentamente scivolando in una situazione di crisi sentita come strutturale" e "che richiedera' lente - e dolorose - vie d'uscita". Si mantengono pressoche' costanti coloro che non hanno sperimentato ne' miglioramenti ne' difficolta (28% contro 29% nel 2010), cosi' come coloro che hanno conservato il proprio tenore di vita con fatica (46% contro 47%).

Aumentano dal 18 al 21% quanti lo hanno visto peggiorare. Il 23% delle famiglie dichiara di essere stata colpita direttamente dalla crisi in uno dei suoi percettori di reddito che ha visto contrarsi la retribuzione, o e' rimsto senza lavoro, o ha condizioni contrattuali peggiori, o non riceve lo stipendio con regolarita'.
In generale, la crisi viene definita assai grave dall'86% degli italiani (erano l'83% l'anno scorso e il 78% nel 2009). E l'uscita dal tunnel appare sempre piu' lontana: tre italiani su 4 si attendono che duri almeno altri tre anni. Si aspettano cioe' di tornare ai livelli pre-crisi soltanto nel 2015. E chi la avverte come particolarmente grave sono soprattutto le persone nella pienezza lavorativa, quelle di eta' compresa fra i 31 e i 64 anni: per il 50% di loro la crisi e' piu' grave di quanto si pensi.

Da 10 anni la pressione fiscale in Italia e' sempre sopra la media europea. I consumi sono in caduta libera e il Pil cresce a 'passo di lumaca'. E' la fotografia della crisi, scattata da Confcommercio, che questa mattina riunisce a Milano i suoi stati generali. Dal 2000 ad oggi Francia e Germania sono cresciute a un tasso superiore di oltre 4 volte quello dell'Italia. La variazione del Pil in termini reali per il 2000-2011 in Francia e' stata +13,8%, in Germania +12,7%, e in Italia solo +3,2%. A questa crescita lenta del Pil, come mostrano i 'numeri' forniti da Confcommercio si aggiunge che il reddito procapite delle famiglie negli ultimi 10 anni e' diminuito del 3,6% e i risparmi sono dimezzati rispetto a 5 anni fa. Non va meglio per i consumi: -3,5% la spesa procapite delle famiglie tra il 2007 e il 2010. In questa crisi economica i danni per le imprese commerciali sono evidenti, dal 2008 ad oggi hanno chiuso oltre 180 negozi al giorno. A rendere piu' difficile la situazione, secondo la Confcommercio, ci sono gli adempimenti amministrativi e le lungaggini burocratiche che costano alle imprese dei servizi oltre 8 miliardi l'anno. Nonostante tutto questo il credito per le imprese viene dato col "contagocce". Negli ultimi due anni, oltre un quarto delle imprese del commercio, del turismo e dei servizi ha avuto meno credito di quanto richiesto. E a quanto pare non e' abbastanza quanto si fa per limitare il mercato dei falsi: il giro d'affari di abusivismo e contraffazione arriva fino a 7 miliardi. Per fare fronte alla criminalita' le imprese del commercio e dei pubblici esercizi investono tuttavia parecchie risorse, spendendo oltre 5 miliardi. Un 'numero' della crisi fornita da Confcommercio riguardo le infrastrutture e i trasporti rende l'idea del ritardo dei lavori nel nostro Paese. "L'intera rete metropolitana italiana e' inferiore a quella della sola Madrid.

E la Francia, con la meta' dei nostri chilometri di coste, ha 50mila posti barche in piu'. Il costo complessivo dell'inefficienza logistica del Paese e' pari a circa 40 miliardi". Il ritardo riguarda anche la tecnologia, il digital divide. Sono ancora molte, circa un terzo le microimprese che in Italia non possiedono un pc e solo il 57% ha l'accesso alla banda larga. A pesare sulle Pmi c'e' anche il costo dell'energia. Come sottolinea Confcommercio la bolletta elettrica e' superiore di quasi il 30% alla media europea, e il doppio di quella di un'impresa francese. Poco si fa per valorizzare la risorsa turismo, che anzi appare in frenata. Dal 2000 al 2010 il contributo al Pil del turismo italiano e' sceso dall'11% a poco piu' dell'8%. In tutto questo il Mezzogiorno del Paese fa fatica a recuperare il ritardo accumulato. Secondo i dati della Confcommercio la crescita lenta e lo spopolamento allontanano sempre piu' il Sud dal resto del Paese.


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