La pastorizia e il provincialismo dell'Abruzzo alla BIT

di Nunzio Marcelli

05 Marzo 2010   11:54  

“Nemo propheta in patria”, si usa dire: e questo devono aver pensato i pastori dell'Appennino abruzzese, nell'assistere alle autocelebrazioni delle istituzioni che hanno presentato alla BIT di Milano le solite proposte per il cosiddetto “rilancio” del turismo abruzzese.

Non sfugge invece ai più attenti osservatori internazionali la portata innovativa di un'offerta turistica incentrata sulla storia di questo territorio, sulle sue valenze culturali intrise di memoria pastorale, sui suoi eccellenti prodotti enogastronomici.

Una storia che le istituzioni sembrano negare, ma che colpisce l'immaginario dei turisti, come rivela con grande passione e poesia l'articolo pubblicato nei giorni scorsi a tutta pagina dall'”Observer”, il giornale domenicale più antico del mondo, consociato al “Guardian”: una vetrina internazionale di grande risalto per la tradizione pastorale abruzzese, che vede nella transumanza, nei riti pastorali, nei suoi prodotti una delle maggiori attrattive per turisti da tutto il mondo.

Un vero peccato che invece nei momenti di promozione, nonostante i grandi investimenti e le autoreferenziali affermazioni di successo, le istituzioni non sappiano cogliere e raccogliere quanto ancora una volta i pastori hanno autonomamente seminato, offrendo una prospettiva nuova della fruizione turistica del territorio dedicata a flussi che non sono più interessati alle solite offerte, per le quali il mercato è già saturo.
   
Il lusinghiero articolo del giornale inglese, completo di immagini e riferimenti per chi vuole aggregarsi alla salita delle greggi ai pascoli estivi, ha già suscitato l'interesse di svariati turisti che hanno chiesto di diventare “pastori apprendisti”; del resto già negli anni scorsi la transumanza ha dimostrato di essere un momento di particolare attrattiva, con l'attraversamento a piedi secondo ritmi dettati dal gregge di territori incontaminati dell'entroterra abruzzese, condividendo i pasti e i ricoveri frugali dei pastori.
   
Accanto al gregge è ormai consueto sentir parlare inglese, americano, francese, tedesco, olandese: una dimostrazione in più della capacità del mondo pastorale di comunicare con il mondo intero attraverso un'originale commistione di tradizione e modernità. Un messaggio che si promuove da solo facendosi ambasciatore dell'Abruzzo nel mondo, nonostante i tanti denari pubblici investiti dalle istituzioni preposte alla promozione del territorio.
   
Un cosmopolitismo pastorale che male si concilia con il provincialismo di troppi professionisti del contributo pubblico, che pesano sulle tasche dei contribuenti senza portare nulla al territorio.

Nunzio Marcelli, presidente Arpo


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