Le due province dell'Aquila

03 Aprile 2010   18:04  

Lo abbiamo visto ancora una volta pochi giorni fa. La divisione oramai secolare tra città e provincia, tra centri urbani e periferie è intatta più che mai. Gli esiti delle elezioni regionali svoltesi in 3/4 del paese, 13 regioni per 41 milioni di italiani, hanno confermato una dicotomia oramai radicata nella realtà sociale nazionale: capoluoghi a sinistra, periferie e province a destra.

In Piemonte il centrosinistra di Mercedes Bresso si vede soffiare la prevalenza nei suffragi per pochi voti, arrestandosi al 46.9%. A Torino la coalizione supera il 55%.
Nel Lazio Renata Polverini supera Emma Bonino di quasi 3 punti percentuali. Nella capitale la leader radicale supera la candidata sindacalista di quasi 10 punti.
Il plebiscito tributato al neo-governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, che domina la competizione superando il 60% dei consensi, a Venezia subisce il sorpasso, seppure marginale, del candidato del PD Giuseppe Bortolussi. La stessa Venenzia che chiude l'era dei trionfi popolari del ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta.

La regione abruzzese non rappresenta un'anomalia nel cuore dell'Italia. Questa realtà, fatta di differenze culturali e politiche tra centro e periferia, presenta una profonda conferma anche nel territorio abruzzese.
Ma qui, nella provincia dell'Aquila, un territorio resosi drammaticamente celebre in ogni angolo del mondo, una fetta di paese sul quale gli occhi del pubblico erano rivolti con lo stesso interesse tributato alle regioni Lazio, Puglia e Piemonte. La provincia dell'Aquila ha costituito una sorta di quattordicesima regione al voto.

Il risultato, scontato per qualcuno, sconvolgente per qualcun'altro, ha tributato la vittoria del candidato del centrodestra, il marsicano Antonio Del Corvo, con il 53,42% dei voti contro il 45,31% raccolto dalla Presidentessa uscente Stefania Pezzopane.

L'Aquila non è differente dall'Italia. E la profonda dicotomia capoluogo-provincia non risparmia questa porzione di paese. Ma L'Aquila ha un connotato distintivo fortunatamente irripetuto: la presenza di un vastissimo territorio dilaniato, ferito, composto da città fantasma, new town e attività economiche pressoché inesistenti.
Ed è in questo contesto che questa distinzione perde il suo carattere di pura statistica e assume le caratteristiche di una profonda differenziazione.

I comuni terremotati, le città del cosiddetto cratere, non hanno preso parte con la stessa "intensità" alla celebrazione di un risultato elettorale che in tanti, tra esponenti politici e giornalisti, hanno desiderato leggere come la celebrazione della riconoscenza del popolo terremotato agli autori istituzionali del "miracolo della ricostruzione".
A L'Aquila città Stefania Pezzopane ottiene il 56.74% dei voti, a Barisciano ottiene il 64%, a Tornimparte il 57%, a Scoppito, Montereale e Pizzoli il 55%, ad Acciano sfonda quota 70%, così come a Rocca di Cambio.
E' allontanandosi via via dal capoluogo ed avvicinandosi progressivamente verso la Marsica che la realtà numerica cambia radicalmente. E' proprio in queste porzioni del territorio abruzzese che il diffuso timore di disinteresse verso i propri territori da parte della giunta uscente, spesso ritenuta esclusivamente vicina alle ragioni (e le regioni) delle popolazioni terremotate, in questa sorta di campanilismo estremo dell'elettorato attivo che privilegia la collocazione geografica dei candidati ai programmi e alle scelte politiche di quello passivo, che il successo di Antonio Del Corvo si tramuta in epocale trionfo.
L'oltre 60% raccolto ad Avezzano, il 63% ottenuto nella città natia, Celano, il 65% di Tagliacozzo, il 60% di Carsoli ed il 72% di Trasacco annichiliscono il sostanzioso vantaggio ottenuto da Stefania Pezzopane nelle zone terremotate.

Il voto localizzato portato verso le sue forme più estreme, la contrapposizione che storicamente avvolge le diverse porzioni dell'aquilano, oggi si traduce in una evidentissima differenza politico-elettorale. La distinzione tra città e provincia miete anche qui la sua vittima. Quella della città, in questo caso.

E la celebrazione del successo del "miracolo berlusconiano" della ricostruzione passa indenne attraverso il consolidamento dell'astensionismo e la dura sconfitta subita proprio nelle zone terremotate. Aspettando il prossimo voto. E, con esso, la prossima sfida tra le due province.


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