Le foto di Iammarone raccolte nel volume

29 Agosto 2007   17:49  
Al Caffè Letterario di Pescara (via delle Caserme) la edizioni Textus dell´Aquila presenterà venerdì 31 agosto (ore 18) il volume di Giuseppe Iammarrone "Riti propiziatori in Abruzzo". La presentazione del libro precederà l´inaugurazione della mostra fotografica tratta dallo stesso libro che esplora le antiche ritualità abruzzesi, dai Serpari di Cocullo alle Farchie di Fara Filiorum Petri, al "Lupo" di Pretoro passando per le Verginelle di Rapino, la corsa degli Zingari a Pacentro, il bue di San Zopito a Loreto Aprutino e le Panicelle di Taranta Peligna fino alla processione di Sant´Andrea a Pescara. La mostra resterà aperta dal 31 agosto al 10 settembre con gli orari del Museo delle Genti D´Abruzzo. Un´ opera di straordinario valore artistico e culturale, 110 fotografie di Iammarrone, con testi della docente di antropologia Lia Giancristofaro con la prefazione di Alberto Maria Cirese, uno dei massimi esperti di etnoantropologia e antropologia culturale d´Italia, che rivela: "Aver scoperto quest´opera di Iammarrone, che così bene coglie e rappresenta l´umano senso, saldo, delle tradizioni abruzzesi, è per me il dono di una sorte benevola". Il volume (copertina nell´immagine) esplora aspetti ancora poco conosciuti della nostra regione, nell´approfondire quegli squarci di arcaico e il patrimonio di ritualità e antica religiosità alla radice delle feste e delle celebrazioni tradizionali abruzzesi. Iammarrone, scomparso a marzo dell´anno scorso, ha realizzato nella sua vita di appassionato fotografo professionista numerosi reportage tra l´Abruzzo e la Puglia, sue regioni di adozione e nascita, pubblicando i suoi scatti su riviste di carattere scientifico-antropologico italiane e straniere. All´incontro interverranno, con la Giancristofaro e Cirese, Eide Spedicato, docente alla Facoltà di Sociologia della "D´Annunzio", Giovanni Di Iacovo, della Textus, e Donato Di Matteo, presidente del Cram (Consiglio regionale abruzzesi nel mondo), che ha patrocinato la pubblicazione. "Il Cram sostiene sempre iniziative culturali come questa pubblicazione che riscoprono o valorizzano le tradizioni del nostro Abruzzo - scrive Di Matteo nel suo intervento pubblicato sul volume - perchè, come Presidente del Cram so che i nostri corregionali emigrati sono appassionati di opere come questa. Anche in questo modo, infatti, la Regione Abruzzo vuole essere sempre più vicina ai suoi concittadini che, pur vivendo lontano, si sentono orgogliosi delle proprie radici e delle peculiarità della propria terra d´origine. Le fotografie di Iammarrone, anche lui "emigrato" in Abruzzo dalla Puglia, sono una testimonianza storica senza precedenti, che descrivono con passione e arte aspetti quasi sconosciuti ai più e che rendono questa opera unica, preziosa come poche nella storia dell´editoria abruzzese. I riti propiziatori rappresentano, infatti, una delle tradizioni autoctone dei propri paesi di origine che solo gli emigrati rivelano e portano fuori dei confini paesani, con orgoglio ma anche nostalgia, quando si trovano a raccontare o a descrivere le peculiarità della propria terra d´origine. Lo fanno perchè è un modo per esprimere la propria identità e per distinguersi in terra straniera o anche quando si trovano fra italiani emigrati da altre regioni dello Stivale. "Il Cram dell´attuale legislatura - prosegue Di Matteo - si trova a dover affrontare il bivio di chi è emigrato e ancora fortemente legato alla propria terra d´origine e chi (figli e nipoti), invece, spesso si sente più legato alla terra dove è nato piuttosto che a quella dei propri genitori o nonni, anche per via della lingua italiana dimenticata o mai parlata. "Usi, costumi, abitudini, proverbi, riti o la nostra meravigliosa cucina sono il corredo della nostra cultura, anche contadina, dignitosa e fiera, ereditata dal nostro passato glorioso. La nostra identità-eredità culturale abbiamo il dovere di recuperarla, conservarla e trasmetterla ai nostri giovani che, peraltro, ne hanno un bisogno estremo, persi come sono nel mare della globalizzazione e spersonalizzazione. Non mi stancherò mai di ripetere che, per me, non conoscere le proprie radici equivale a non avere i propri genitori".

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