Le lacrime di Christchurch e le incrollabili certezze degli esperti

Ma non era una città sicura?

23 Febbraio 2011   12:25  

Circa 26 ore dopo il sisma di magnitudo 6,3 che ha colpito Christchurch, seconda città della Nuova Zelanda, una donna è stata estratta viva dalle macerie dell'edificio del suo ufficio: un "miracolo", che ha ridato forza e speranza ai soccorritori. Gli applausi hanno salutato l'apparizione della giovane donna al termine di una lunga operazione per tirarla fuori dall'ammasso di travi e acciaio della sede della Pyne Gould Corporation. "Pare che abbia trovato rifugio sotto una scrivania e che poi si sia mossa per chiedere aiuto", ha aggiunto. Per i soccorritori il salvataggio della donna è un "miracolo", e sperano che si ripeta in altri edifici in rovina a Christchurch, devastata ieri all'ora di pranzo dal sisma  che ha provocato 75 morti e 300 dispersi secondo l'ultimo bilancio. E' durata circa un minuto ed è stata seguita da due repliche, di magnitudo 5,6 e 5,5. 

La scossa è stata di magnitudo 6,3  con  epicentro Christchurch, è' durata circa un minuto ed è stata seguita da due repliche, di magnitudo 5,6 e 5,5. 

A proposito della tragedia immane di Christchurch, riproponiamo alla lettura un articolo pubblicato da www.anbruzzo24ore.tv nel settembre 2010, a firma del geologo gallese Gareth  Fabbro, scritto all'indomani di un'altra scossa di terremoto del 7.1 Mw ( ma a notevole distanza dal centro abitato) che interessò il territorio della cittadina della Nuova Zelanda. La scossa provocò solo un morto di infarto e danni limitatissimi. A differenza di quello che è accaduto a L'Aquila il 6 aprile 2009 con una scossa del 6.3. E questo perché, ha sostenuto Fabbro, l'edilizia civile in Nuova Zelanda è costruita secondo rigorose leggi anti-sismiche, che rendono le cttà sicure anche in caso di scosse del 7.1

L'articolo aveva già provocato poi un acceso dibattito sulle pagine del nostro sito, tra l'antropologo aquilano Antonello Ciccozzi, che contestava duramente l'articolo di Fabbro ('' Fabbro omette nel paragone un parametro fondamentale: Christchurch si trova a 50 km dall'epicentro, L'Aquila si trova proprio sopra l'epicentro del terremoto che l'ha devastata'') e Warner Marzocchi, dirigente di ricerca dell'Ingv, che ha accusato Ciccozzi di ''supponenza'' nell'accusare di ''incompetenza'' gli addetti ai lavori nel campo dei terremoti, dando sostanziamente ragione alla tesi di Fabbro ( ''i morti non ci sono stati perché la Nuova Zelanda ha una regolamentazione antisismica molto buona, ma soprattutto tutti la rispettano e ci sono i controlli di routine fatti dagli enti preposti; e questo in Italia non avviene'')

Alla luce dei 75 morti di Christchurch e crolli devastanti provocati dalla nuova scossa del 6.3 di magnitudo, il dibattito meriterebbe un aggiornamento, si spera pacato e costruttivo.

Il terremoto dell'Aquila vs quello di Christchurch

di Gareth Fabbro – settembre 2010

Con tutto il chiasso attorno alla questione se fosse stato possibile prevedere il terremoto a L'Aquila, forse ci dimentichiamo che realtà non ce n'era bisogno.

Come ha mostrato il recente terremoto di Christchurch, le città possono sopravvivere relativamente incolumi senza predizione alcuna. Quel che serve è un'adeguata preparazione.

L'intero aspetto della "previsione" è un diversivo. Tutti sapevano che prima o poi L'Aquila sarebbe stata colpita da un terremoto. Indipendentemente da quanto detto dagli scienziati sulle possibilità di un terremoto a breve termine, la città doveva essere pronta. Il paragone tra L'Aquila e Christchurch mostra cosa si può ottenere con una diversa preparazione.

Intanto qualche dettaglio sui due terremoti: la magnitudo a L'Aquila era di 6.3 Mw, ad una profondità di 9 km; Christchurch era di 7.1 Mw a 10 km di profondità. La popolazione di L'Aquila è di 73.000 abitanti, mentre Christchurch 370.000. Questi numeri fanno pensare ad un numero di vittime molto maggiore a Christchurch.

In realtà non è così. A Christchurch ci sono stati solo 2 persone che hanno riportato ferite gravi. L'Aquila invece ha avuto 308 morti.

Come ha fatto Christchurch a rimanere così illesa?

C'è un tantino di fortuna nel numero delle vittime. In NZ il terremoto ha colpito alle 4:35 del mattino, quando quasi tutti dormono. Molte fotografie dei danni causati mostrano le strade del centro cittadino invase da macerie. Sarebbe andata molto peggio se fosse accaduto in un momento in cui le strade fossero state piene.

Ma non è questo che fa la differenza con L'Aquila, dato che anche in Italia il terremoto colpì nelle prime ore del mattino, alle 3:32 locali.

Ma quel che conta di più è che il danno agli edifici di Christchurch è molto minore rispetto a L'Aquila.

Perché? La corretta applicazione dei regolamenti edilizi. Potrà sembrare poco, ma le regole sull'edilizia sono probabilmente la miglior garanzia di sopravvivenza in caso di terremoto.

Anche se l'Italia ha regolamenti severi, specie nelle aree più soggette a sisma, molti degli edifici a L'Aquila non erano costruiti secondo le regole.

Sappiamo che il crimine organizzato è un grosso problema nell'industria edilizia in Italia, soprattutto nel sud. Alcuni costruttori canaglia hanno anche utilizzato materiali scadenti per risparmiare soldi, facendone pagare il prezzo agli abitanti.

Ci sono poi altre cose che fanno sì che la NZ riduca l'impatto dei terremoti. Ci sono campagne d'informazione che spiegano ai cittadini cosa fare in caso di sisma, ed assicurazioni sul terremoto obbligatorie del Governo mettono fanno sì che vi sia sempre pronto un fondo per la ricostruzione immediata.

Sono tutti elementi che aiutano, ma sono le regolamentazioni edilizie l'elemento cruciale. Sarà un cliché ma è vero: i terremoti non uccidono, sono gli edifici che crollano che uccidono.

C'è una grossa differenza nell'impatto del terremoto di Christchurch con quello di Haiti, e nelle implicazioni che ha la povertà sull'alto numero di vittime. La NZ e l'Italia comunque hanno un reddito procapite abbastanza simile, 29.000$ circa.

Le mancanze a L'Aquila non sono dovuti alla povertà, né all'ignoranza scientifica. Sono politiche. Non si è lavorato abbastanza per assicurare la resistenza edilizia in caso di disastro naturale. E' una lezione che ogni paese a rischio sismico dovrebbe imparare.

Gareth Fabbro


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