Le motivazioni dell'impugnativa della legge contro Centro Oli

Chi deciderà: il Governo o la Regione?

20 Dicembre 2008   13:09  

Il forte e trasversale fronte del no la centro Oli ha disotterrato l'ascia di guerra ed è pronto ad assediare Palazzo dell'Emiciclo in occasione del primo consiglio regionale.

Il presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, ha intanto ribadito il suo no al Centro Oli e sottolinea che "l'intervento del Consiglio dei ministri è stato reso indispensabile dalle insanabili illegittimità portate dalla Legge regionale".

Inoltre, annuncia che appena sarà insediato il nuovo Consiglio regionale sarà approvata una legge "che riprenda le finalità di tutela della costa teatina, ma che sia scevra dalle gravi illegittimità oggi inevitabilmente censurate". "In particolare - sostiene Chiodi - al momento dell'approvazione della legge, il Consiglio regionale, a seguito delle note vicende giudiziarie, poteva deliberare esclusivamente provvedimenti urgenti ed indifferibili. Inoltre, la Legge regionale presentava ulteriori gravi illegittimità tecniche che rendevano inevitabile la censura del Governo".

Chiodi ha comunque già concordato con il Ministro degli Affari Regionali, Raffaele Fitto, che una volta insediato il nuovo Consiglio sarà approvata una nuova legge e Fitto si è già impegnato ad "assicurare la condivisione del Governo".

Interessante però leggere le motivazioni che hanno indotto il Consiglio dei ministri ad impugnare la legge. In essa si sottolinea che “le attività di esplorazione ricerca, coltivazione e stoccaggio di idrocarburi sono soggette a concessione che è di competenza statale e va rilasciata d'intesa con la Regione”. Che la legge regionale “viola il principio di libertà di iniziativa economica privata” e che essa “sancisce, di fatto, un esproprio di tale diritto per una durata potenzialmente illimitata e riguardante tutto il territorio regionale, senza la previsione di alcun indennizzo”, si sottolinea che tali “opere sono considerate dalle leggi statali di preminente interesse nazionale per la sicurezza del sistema elettrico e degli approvvigionamenti”. Inoltre “competente per il rilascio dei titoli minerari (permessi di prospezione e di ricerca, concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare ed in terraferma) , è l'Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi.” La norma è illegittima perchè pone un vincolo e preclude" attività in astratto compatibili su aree non interessate da norme di salvaguardia”,   il parco della Costa teatina non è stato infatti ancora istituito. E' lo Stato inoltre a decidere la conformità urbanistica degli impianti,  e la Regione, che non agire autonomamente. La materia è complessa e delicata, insomma, ma l'impressione è che a decidere in merito alla realizzazione del Centro Oli deve essere  il governo, che però ha individuato l'Abruzzo come strategico per l'estrazione di petrolio.  In altri termini:  che  provvedimento  costituzionalmente corretto potrà approvare il consiglio regionale? I rilievi  del governo sono "gravi illegittimità tecniche" o qualcosa di più, che tradisce una ben precisa volontà politica?

 

Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 10 marzo 2008, n. 2 (Provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina).
(15-10-2008)


Regione: Abruzzo Estremi: legge n.14 del 15-10-2008 Bur: n. 59 del 24-10-2008

Settore: Politiche infrastrutturali

Delibera C.d.M. del: 18-12-2008 / Impugnativa


Motivi dell'impugnativa: La legge regionale, che apporta modifiche ed integrazioni alla legge regionale n.2/2008 recante "Provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina" , presenta profili di illegittimità costituzionale per le seguenti motivazioni.

(....)

 1) La norma contenuta nell'articolo 1 comma 3, che modifica, novellandolo, il comma 6 dell'articolo 1 della legge regionale n. 2/2008, prevede che su aree destinate a determinate coltivazioni e produzioni, nonché sulle aree ad esse limitrofe con diversa destinazione urbanistica, sia tassativamente vietato l'insediamento di industrie che svolgano attività di prospezione, ricerca, estrazione, coltivazione e lavorazione di idrocarburi. Sono altresì vietati la trasformazione e l'ampliamento degli esistenti impianti che svolgono dette attività. Tale disposizione, quindi, stabilisce preclusioni, talora assolute, per lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca, estrazione, coltivazione e lavorazione idrocarburi e potenzialmente di altre attività industriali afferenti al setto re energetico di interesse nazionale.

Si premette che le attività industriali relative al settore idrocarburi sono da inquadrare nel settore della produzione di fonti di energia, che è materia regolata dal diritto comunitario, il cui regime è disciplinato principalmente dalla legge n. 239/2004 (Riordino del settore energetico) eal d.lgs. n. 164/2000 per quanto riguarda in particolare il settore del gas.
La legge n. 239/2004, nell'ambito dei principi derivanti dall'ordinamento comunitario, pone i principi fondamentali nella materia ai fini, tra l'altro, della tutela della concorrenza e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali al fine di assicurare l'unità giuridica ed economica dello Stato. Gli obiettivi e le linee della politica energetica nazionale nonché i criteri generali per la sua attuazione a livello generale sono elaborati e definiti dallo Stato che si avvale dei meccanismi di raccordo e cooperazione con le autonomie regionali (art. 1, comma 1). In base all'art. 1, comma 2, lett. c) della citata legge 239/2004 le attività di esplorazione ricerca, coltivazione e stoccaggio di idrocarburi sono soggette a concessione che è di competenza statale e va rilasciata d'intesa con la Regione.

La concessione di coltivazione può avere ad oggetto anche la realizzazione e l'esercizio di impianti per la prima lavorazione del prodotto della coltivazione.
Tali centrali di primo trattamento sono considerate opere connesse e parte integrante dell'attività di coltivazione ed oggetto del procedimento unico disciplinato dall'art. 1, comma 77, della legge n. 239/2004). L'attività di prospezione idrocarburi è invece libera (alle condizioni indicate all'art. 4 del citato d.lgs. n. 164/2000). Il comma 3 del medesimo articolo 1 della legge n. 239/2004 individua gli obiettivi generali della politica energetica del Paese, da conseguire sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali.

La norma regionale, quindi, ponendo generalizzati divieti alle citate attività , si presenta in contrasto con l'art. 117, primo comma Cost., perché sono violati i principi comunitari di libertà di circolazione delle persone e di stabilimento,di cui agli articoli 43 e 49 del trattato U.E., nonché con gli articoli 41 Cost., che afferma il principio di libertà di iniziativa economica privata, e 4 2 e 43 Cost. che tutelano la proprietà privata , considerato che la previsione regionale sancisce, di fatto, un esproprio di tale diritto per una durata potenzialmente illimitata e riguardante tutto il territorio regionale, senza la previsione di alcun indennizzo.

Inoltre, poiché , come detto, la norma regionale si pone in contrasto con i principi contenuti nelle menzionate disposizioni statali in materia di energia , essa contrasta con l'art. 117, terzo comma, perché la competenza legislativa concorrente deve esplicarsi all'interno del quadro di riferimento tracciato dalla legislazione statale "di cornice" e con spirito di leale collaborazione, nonché con l'art. 118 Cost., considerato che le funzioni amministrative in materia di impianti e infrastrutture energetiche sono, eccezion fatta per quelli di rilievo locale, di primaria competenza statale e le relative opere sono considerate dalle leggi statali di preminente interesse nazionale per la sicurezza del sistema elettrico e degli approvvigionamenti. Tutti i divieti posti integrano inoltre anche la violazione del principio di leale collaborazione delle Regioni.

2) La norma contenuta nell'articolo 1, comma 6 , che introduce il comma 9 bis all'articolo1 della legge regionale 2/2008), estende i divieti previsti dall'articolo 1 comma 3 agli interventi (sempre relativi alle predette attività nel settore idrocarburi) già muniti di permesso a costruire o comunque già autorizzati e comunque fino all'entrata in vigore del piano di settore e con previa approvazione del Consiglio regionale. Oltre che nelle aree interessate da dette coltivazioni e produzioni e nelle aree limitrofe, le attività in questione sono vietate nelle aree dei territori di taluni Comuni fino alla definitiva approvazione del Piano del Parco Nazionale della costa teatina. E' infine previsto un generale divieto di rilascio di permesso a costruire per l'insediamento di industrie che svolgono attività nel settore idrocarburi fino al 31 dicembre 2009.

Tale disposizione , in quanto estende, per un tempo potenzialmente illimitato, il divieto di insediamento delle attività nel settore idrocarburi in aree agricole e limitrofe, già autorizzate, viola l'assetto delle competenze amministrative in materia, che sono attribuite allo Stato e che, nella fattispecie, sono già state esercitate, ponendosi in contrasto con l'art. 118 Cost. Infatti Per quanto riguarda il rilascio dei titoli minerari (permessi di prospezione e di ricerca, concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare ed in terraferma) l'autorità competente, fatte salve le competenze delle Regioni a Statuto speciale, è l'Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi (UNMIG) della Direzione Generale per l'energia e le risorse minerarie del Ministero dello sviluppo economico.
Tali funzioni (ai sensi dell'art. 29 del D. Lgs. n. 112/1998 e dell'art. 1,comma 7, lett. n) della legge 239/2004) sono esercitate per la terraferma d'intesa con la Regione interessata secondo specifiche modalità procedimentali, disciplinate dai commi 77 e ss della stessa legge 239.

E' di tutta evidenza che la norma viola altresì il principio della certezza del diritto e del legittimo affidamento dei titolari di atti di autorizzazione legittimi e quindi del buon andamento della Pubblica Amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.Oltre che nelle aree interessate da dette coltivazioni e produzioni e nelle aree limitrofe, le attività in questione sono vietate altresì nelle aree, a qualunque destinazione urbanistica, dei territori di taluni Comuni fino alla definitiva approvazione del Piano del Parco Nazionale della costa Teatina.

A tale riguardo si osserva che la previsione appare illegittima con riguardo alla competenza esclusiva statale in materia ambientale (art. 117, secondo comma, lettera s) Cost.) e con riguardo alle funzioni amministrative statali in materia di rilascio dei titoli minerari e di istituzione di Parchi nazionali di cui alla legge quadro sulle aree protette n. 394/1991 (art. 118 Cost.).

In proposito, si fa presente che la legge n. 93/2001, recante disposizioni in campo ambientale, rinvia ( art. 8 , comma 3) la concreta istituzione del Parco della Costa Teatina, ancora non istituito né delimitato in via provvisoria, ad un decreto del Presidente della Repubblica da emanare su proposta del Ministero dell'Ambiente, d'intesa con la regione interessata (art. 8, comma 3) e la delimitazione provvisoria dello stesso, con adozione delle relative misure di salvaguardia, ad un provvedimento del Ministero dell'Ambiente assunto d'intesa con la Regione ai sensi dell'articolo 34, comma 3, dell a citata legge n. 394/1991.

Anche sotto tale profilo la norma è dunque illegittima in quanto preclude attività in astratto compatibili su aree non interessate da norme di salvaguardia che impongano, cioè, un regime di tutela, anche anticipato rispetto alla perimetrazione definitiva del Parco in questione.

La medesima norma regionale prevede inoltre un divieto di rilascio di permesso a costruire per l'insediamento di industrie che svolgono attività nel settore idrocarburi fino al 31 dicembre 2009, da ritenere applicabile a tutto il territorio regionale.

Anche tale previsione è illegittima. Si richiamano nuovamente i canoni costituzionali violati di cui agli artt. 117 e 118 Cost., in quanto la citata legge n. 239/2004, all'art. 1, commi 77 e ss, ha introdotto un procedimento unico per il rilascio dei titoli minerari. In particolare, tale legge dispone che il permesso di ricerca e la concessione di coltivazione sono rilasciati a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le amministrazioni statali, regionali e locali interessate, svolto nel rispetto dei princípi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.

I provvedimenti assunti a conclusione di tali procedimenti unici sostituiscono, ad ogni effetto, autorizzazioni, permessi, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, fatto salvo quanto disposto dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624 che attiene alle funzioni in materia di sicurezza mineraria.
E' altresì disposto che le opere e gli impianti necessari alla ricerca e coltivazione vengono dichiarati di pubblica utilità e comportano l'eventuale effetto di variante urbanistica. E' dunque nella sede del procedimento unico statale, al quale partecipano anche le Amministrazioni comunali, che viene verificata la conformità urbanistica degli impianti, e che può concludersi con una determinazione concordata anche in deroga agli strumenti urbanistici.

3) La norma contenuta nell'articolo 2 prevede il potere dei concessionari o delle stazioni appaltanti di rideterminare la funzionalità dei programmi di metanizzazione regionale, assistiti da finanziamenti ai sensi di precedenti leggi regionali , in deroga alle predette leggi e operando riduzioni di lavori e/o opere sui piani originariamente approvati.

Detta previsione configura un caso di variante in corso d'opera nell'appalto di lavori o di servizi pubblici, che, in base all'articolo 132 d.lgs 163/2004 (cd. Codice appalti) è ammesso solo in caso di limitate ipotesi tra le quali non rientra quella in esame. Essa non può infatti ritenersi rientrare nella possibilità della variante per motivi di "esigenze derivanti da sopravvenute disposizioni legislative e regolamentari" considerato che, come chiarito dall'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, si intendono per sopravvenienze di diritto quelle che determinano la necessità di adeguare l'opera per renderla utilizzabile allo scopo prefissato, caso in cui sorge la necessità di assicurare l'osservanza di nuove normative intervenute nel frattempo, alle quali siano da adeguare le originarie previsioni progettuali.

La norma in esame, invece, riguarda opere conformi allo scopo pubblico fissato dall'articolo 11 della legge n. 784/1980 e dall'articolo 9 della legge n. 266/1997 concernenti la metanizzazione del Mezzogiorno, talchè una modifica delle opere stesse per finalità diverse da quelle originarie e non rientranti nelle astratte possibilità di vari ante in corso d'opera si pone in contrasto con le citate leggi statali di settore. La norma regionale, quindi, bloccando o riducendo opere approvate e finanziate con denaro pubblico, e ciò anche in deroga alle previsioni normative statali poste a tutela del numero degli utenti e dell'estensione delle reti (comma 2) , contrasta con i principi della politica energetica nazionale, come specificati dall'art. 1, comma 3, lett. a), b) c), d) g) ed i) della legge 239/2004 in violazione dell'articolo 117, comma 3 della Costituzione ed è inoltre lesiva dei principi di efficacia dell'azione amministrativa, di cui all'articolo 97 Cost. e della  corretta ed economica gestione di risorse pubbliche prevedendo la ingiustificata riduzione di opere pubbliche già finanziate per la realizzazione degli interessi pubblici dello sviluppo del Mezzogiorno e della metanizzazione della rete di distribuzione del gas.


Sulla base di quanto sopra esposto si propone l'impugnazione della legge regionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.

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